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Pensionare la riforma Fornero?

Pensionare la riforma Fornero?

Il Centro studi Impresa Lavoro, dopo la pubblicazione di “E io pago” nel 2015, raggiunge nuovamente le edicole italiane con “Pensionare la riforma Fornero?”, in allegato a Il Giornale a partire dal 30 ottobre.

La riforma Fornero, che i partiti al governo hanno promesso di abolire, è davvero così iniqua e antipopolare oppure assicura stabilità al nostro sistema previdenziale? Perché dobbiamo essere obbligati a versare i contributi all’INPS e non possiamo invece scegliere liberamente tra fondi privati in concorrenza tra loro? E siamo davvero sicuri che saranno gli immigrati a garantire il pagamento delle pensioni delle prossime generazioni? Ma soprattutto, non corriamo il rischio di discutere e legiferare con lo sguardo rivolto a un mercato del lavoro che non esiste più? Superando luoghi comuni e offrendo dati scientifici a supporto dei loro ragionamenti, sette esperti della materia e un attore comico ma molto serio riflettono sui diversi (e spesso contraddittori) aspetti del sistema previdenziale italiano e sul suo concretissimo impatto nella vita di ciascuno di noi.

Hanno scritto: Luca Bizzarri, Massimo Blasoni, Alberto Brambilla, Giuliano Cazzola, Giorgio De Rita, Michela C. Pellicani, Giuseppe Pennisi e Salvatore Zecchini.

Furlan: “Sistema sostenibile, ora rivedere la Fornero”

Furlan: “Sistema sostenibile, ora rivedere la Fornero”

di Annamaria Furlan*

Cambiare la legge Fornero sulle pensioni è oggi una priorità se vogliamo davvero dare lavoro ai giovani ed aprire una prospettiva nuova nel paese. Per questo occorre uscire da un dibattito astratto, fatto di annunci e promesse di intervento, aprendo un tavolo serio di confronto tra il Governo e le parti sociali, poprio per evitare  che questo tema così delicato diventi terreno di populismi e strumentalizzazioni politiche. È indispensabile ripristinare una flessibilità nell’accesso alla pensione, a partire dall’età minima di 62 anni, oppure attraverso la possibilità di combinare età e contributi. Si tratta di una esigenza urgente che riguarda migliaia di persone, soprattutto chi fa un lavoro usurante e faticoso, con una aspettativa di vita purtroppo differente rispetto ad altre professioni. Se pensiamo poi alle donne, sono state profondamente penalizzate dalla riforma, sia nel settore pubblico che in quello privato, visto che non si è tenuto in minimo conto il lavoro di cura e di assistenza anche ai familiari disabili che tante donne nel nostro paese svolgono nell’arco della loro vita.

I lavori non sono tutti uguali. Questo è stato l’errore grave della riforma Monti-Fornero che con un colpo di accetta ha azzerato il futuro di tanti lavoratori e pensionati. Noi conosciamo la situazione difficile dei conti pubblici. Tuttavia non è vero che non ci sono le risorse per ristabilire i criteri di equità, solidarietà e flessibilità. Nel periodo che va dal 2013 al 2020 circa 80 miliardi di euro entreranno nelle casse dello Stato. Una cifra enorme che è stata, di fatto, prelevata dalle tasche dei contribuenti senza alcuna giustificazione visto che il sistema previdenziale italiano era stato giudicato sostenibile da tutte le istituzioni nazionali ed internazionali. Perché allora mantenere tutta questa rigidità? Perché questo accanimento contro i lavoratori? Si potrebbe utilizzare una parte di queste risorse per consentire il pensionamento anticipato a chi ha tanti contributi, senza penalizzazioni o collegamenti con l’attesa di vita. Ma dobbiamo anche chiudere le salvaguardie per i lavoratori “esodati” con una soluzione strutturale che garantisca a quei lavoratori il diritto pensione. Così come bisogna assicurare un trattamento pensionistico adeguato e dignitoso ai giovani, a chi svolge lavori saltuari, precari o discontinui, con retribuzioni, tra l’altro, basse.

Anche la gestione separata Inps va ripensata perché accorda tutele diverse e minori agli iscritti, rispetto alla generalità dei lavoratori. L’Italia è il paese con il più alto tasso di disoccupazione giovanile ed al contempo quello con il sistema pensionistico più rigido. È un cane che si morde la coda. Per questo noi proponiamo che sia incentivato anche il part-time fra i lavoratori anziani negli ultimi anni della carriera lavorativa, collegandolo all’assunzione dei giovani preparati all’uso delle nuove tecnologie, per un necessario turn-over nelle aziende e nella Pubblica Amministrazione. È inaccettabile anche la penalizzazione che si è fatta della previdenza integrativa e dei fondi pensione che invece andrebbero sostenuti ed estesi anche nel settore pubblico. Per questo bisognerebbe riportare ‪all’11‬ per cento l’imposta sostitutiva che oggi è al 20 per cento per una malintesa idea di equiparazione con le rendite finanziarie.

Il nostro paese è di fronte ad un bivio: come difendere il potere d’acquisto delle pensioni visto che su esse grava una tassazione doppia rispetto alla media europea. Come si può salvaguardare il valore degli assegni pensionistici, senza una rivalutazione annuale? Questi sono i nodi da affrontare, trovando le soluzioni giuste, perchè è in gioco il destino di tante famiglie italiane. Bisogna pensare ad una diversa politica fiscale che sostenga i redditi dei pensionati, realizzando la completa equiparazione della no-tax area con i lavoratori dipendenti. Ecco le ragioni della nostra mobilitazione sindacale di sabato : vogliamo cambiare radicalmente il sistema previdenziale nel segno della equità, della sostenibilità finanziaria e della giustizia sociale. Far sentire la voce di tanti lavoratori, pensionati, donne e giovani che chiedono maggiore rispetto ed un futuro più dignitoso.

*Segretaria Generale Cisl