La spending review e il bluff delle centrali di acquisto
Gustavo Piga – Panorama
Partirà in ritardo il tavolo degli aggregatori degli appalti pubblici voluto da Matteo Renzi: i decreti attuativi non arrivano e l’urgenza per una mossa istituzionale apparentemente epocale che doveva generare risparmi di spesa per lo sviluppo e per la riduzione delle tasse sembra essere svanita. Ma non c’è solo il ritardo che infastidisce: c’è anche il messaggio che appare oggi troppo ottimistico rispetto alle intenzioni annunciate. Se qualcuno avesse infatti capito che dovevano essere ridotte a 35 le stazioni appaltanti del Paese (la Consip del Tesoro, le 20 «Consip regionali» e alcune «Consip metropolitane») dalle migliaia attuali, quel qualcuno si deve ricredere. Perché l’obbligo di acquistare presso queste 35 varrà solo per alcune categorie di beni e servizi, non varrà per i Comuni capoluoghi di provincia o nemmeno per l’enorme galassia dei lavori pubblici.
Certo il decreto di aprile (aprile!) di quest’anno prevede di nuovo (come da anni è previsto e mai avvenuto) che i Comuni più piccoli si aggreghino e non possano più acquistare in solitudine, ma non è possibile prevedere quando avverrà un tale miracolo. In realtà qualcosa di buono ci sarebbe: l’idea di far diventare le Province (poco più di 100) l’unità amministrativa di riferimento per accentrare le gare di beni, servizi e lavori. Perché dentro le Province albergano le migliori competenze come stazioni appaltanti (hanno fatto per decenni la cura di ambiente, strade e scuole) e come personale (gli uffici tecnici provinciali hanno personale qualificato) e proprio loro sono anche l’unità più vicina culturalmente al territorio e alle piccole imprese. Ma tutto appare molto confuso e privo di un progetto deciso e coinvolgente per rivoluzionare il modo con cui compra il settore pubblico.
Per uscire dalla corruzione e dall’incompetenza ci vorrebbe un solido piano per investire tanti soldi nelle competenze di chi lavora nelle stazioni appaltanti, per rafforzare i controlli che scoraggiano la corruzione, per creare database che permettano il paragone delle performance tra diversi centri di costo. Fantascienza che questo governo, come i precedenti, non sa rendere reale, impantanando il Paese sempre più nella morsa del declino.