Il supplizio di Italo

Il Foglio

Antonello Perricone, presidente della società privata che gestisce Italo, treno ad alta velocità, è un manager a cui certamente non mancano grande garbo e grande equilibrio. Ma l’altra sera, dopo aver ascoltato la relazione annuale dell’Autorità dei trasporti, ricca di buoni propositi e di puntuali raccomandazioni al governo, ha abbandonato per un momento il suo tradizionale aplomb e ha dettato alle agenzie di stampa una dichiarazione durissima: «A parole, in sede elettorale, tutti sono sempre a favore della concorrenza, quando però occorre dimostrarlo nei fatti arrivano i problemi». Un richiamo pesantissimo non tanto all’Authority appena istituita ma a quanti nelle istituzioni dovrebbero garantire libertà di impresa e di mercato. E come dargli torto?

La storia di Ntv, società che vede tra i principali azionisti Luca di Montezemolo e Diego Della Valle, è la storia di una lotta impari tra la concorrenza e il monopolio, tra chi ha investito un miliardo di euro per creare una nuova occasione di sviluppo e di occupazione e chi invece vuole mantenere le cose come stanno, senza nulla rischiare e nulla creare, tanto i cittadini non hanno scelta e se i bilanci traballano c’è sempre una misericordiosa mano pubblica pronta a tappare buchi e voragini, a ripianare deficit e storture.

La storia di Ntv, di fatto, è la storia di un supplizio. In due anni di vita, anziché ricevere agevolazioni e incoraggiamenti, i treni nati per sfidare sul mercato le Frecce rosse hanno dovuto superare ostacoli addirittura grotteschi, come il cancello della stazione Ostiense con il quale le Ferrovie dello Stato impedivano ai passeggeri in partenza da Roma di raggiungere i convogli targati Italo. Uno stillicidio di norme controvento che purtroppo non accenna a fermarsi. Anzi. L’ultima pena è legata all’aumento della bolletta elettrica, previsto dall’articolo 29 del decreto sulla competitività. Un aggravio di 1,20 euro per ogni chilometro percorso che, fatti i dovuti calcoli, significa per Italo una batosta pari a 20 milioni di euro l’anno. Un colpo alla nuca per la società e per gli oltre mille giovani che in questa impresa hanno trovato lavoro. Perricone non ha dubbi: se la norma non cambia, il governo di Matteo Renzi «si assume una responsabilità gravissima: cambiare, in corsa e in peggio, le regole del gioco e aprire le porte al ritorno di una situazione di monopolio». Un pessimo esempio per tutti quegli investitori stranieri ai quali chiediamo continuamente di considerare l’Italia un paese moderno, agile e produttivo.