massimo blasoni
Bugie pure sui debiti Pa
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Libero
Il premier Matteo Renzi «ha mancato la sua promessa» sul pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. Un debito che «è stato liquidato soltanto in parte e poiché tali beni e servizi vengono forniti di continuo alla Pubblica amministrazione, nel 2014 si è ricostituito uno stock di debito commerciale di 70 miliardi di euro, secondo dati di Bankitalia» e «anche quest’anno il trend è rimasto sostanzialmente inalterato, che un debito che attualmente viene stimato in oltre 67 miliardi». Il quadro emerge da un’analisi del Centro studi ImpresaLavoro.
«Il 13 marzo 2014 – ricorda il Centro studi ImpresaLavoro – il premier Matteo Renzi promise in tv agli italiani che il 21 settembre, giorno del suo onomastico, avrebbe fatto un pellegrinaggio al santuario di Monte Senario se il suo Governo non avesse pagato i 75 miliardi di euro di debiti (fonte Bankitalia) che la Pubblica amministrazione aveva contratto al 2013. Oggi è San Matteo e per il secondo anno di seguito Renzi non si recherà in pellegrinaggio per espiare la promessa mancata. Nel frattempo le imprese continuano ad aspettare».
Digital Tax? Per favore no
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di Massimo Blasoni – Metro
Questo governo continua ad aumentare le tasse sostenendo di averle diminuite. E non ancora soddisfatto, nei giorni scorsi ha annunciato in tempi brevi una Digital Tax in grado di colpire l’elusione fiscale dei giganti della Rete. Al di là delle polemiche politiche (quando governava Letta lo stesso Renzi bocciò una proposta identica, che però aveva il difetto di chiamarsi Web Tax), resta il fatto che il suo costo verrà subito fatto ricadere dalle aziende sui consumatori italiani, contribuendo così a deprimere ulteriormente un settore che da noi stenta a decollare.
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ImpresaLavoro su Radio Deejay
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All’interno del programma Ciao Belli, su Radio Deejay, un imitatore di Matteo Renzi cita la nostra pagina sui debiti non pagati della Pubblica Amministrazione.
Ascolta l’audio a questo link.
Massimo Blasoni a “Quinta Colonna” – Rete 4
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A questo link potete vedere l’intervento di Massimo Blasoni nella puntata del 21 Settembre 2015 di Quinta Colonna. Il presidente del Centro Studi ImpresaLavoro è stato ospite di Paolo Del Debbio per illustrare la pagina con cui ImpresaLavoro ha ricordato a Renzi l’impegno non mantenuto sul pagamento dei Debiti della Pubblica Amministrazione.
https://www.facebook.com/massimoblasoni/videos/886344888107259/
Debiti Pa: nel giorno di San Matteo ImpresaLavoro ricorda a Renzi la sua promessa mancata
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Il 13 marzo 2014 il premier Matteo Renzi promise in tv agli italiani che il 21 settembre, giorno del suo onomastico, avrebbe fatto un pellegrinaggio al santuario di Monte Senario se il suo Governo non avesse pagato i 75 miliardi di euro di debiti (fonte Bankitalia) che la Pubblica amministrazione aveva contratto al 2013. Questo debito è stato liquidato soltanto in parte e poiché tali beni e servizi vengono forniti di continuo alla Pa, nel 2014 si è ricostituito uno stock di debito commerciale di 70 miliardi di euro (fonte Bankitalia). Anche quest’anno il trend è rimasto finora sostanzialmente inalterato, con un debito che attualmente viene stimato in oltre 67 miliardi. Oggi è San Matteo e ImpresaLavoro osserva che, per il secondo anno di seguito, Renzi non si recherà in pellegrinaggio per espiare la promessa mancata. Nel frattempo le imprese continuano ad aspettare.
«Fino a quando non si interverrà in maniera strutturale sui tempi di pagamento, il problema resterà insoluto, costando alle imprese creditrici più di 6 miliardi di euro all’anno in anticipazioni bancarie» osserva l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. «Soprattutto permane un rapporto sbilanciato tra Stato e imprenditori: con il primo che decide di non onorare i propri impegni nei confronti dei secondi e al tempo stesso si dimostra inflessibile nel far scattare le ganasce fiscali contro quanti non risultano in regola con il pagamento delle imposte».
21 settembre: la promessa mancata
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Il 13 marzo 2014 il premier Matteo Renzi promise in tv agli italiani che il 21 settembre, giorno del suo onomastico, avrebbe fatto un pellegrinaggio al santuario di Monte Senario se il suo Governo non avesse pagato i 75 miliardi di euro di debiti (fonte Bankitalia) che la Pubblica amministrazione aveva contratto fino al 2013.
Questo debito è stato liquidato solo in parte e poiché tali beni e servizi vengono forniti di continuo alla Pa, si è ricostituito nel 2014 uno stock di debito commerciale di 70 miliardi di euro (fonte Bankitalia). Quest’anno il trend è rimasto sostanzialmente inalterato, con un debito che attualmente viene stimato in circa 67 miliardi. Fino a quando non si interverrà in maniera strutturale sui tempi di pagamento, il problema resterà quindi insoluto costando alle imprese creditrici più di 6 miliardi di euro all’anno in anticipazioni bancarie.
Oggi è San Matteo. E per il secondo anno di seguito, Renzi non si recherà in pellegrinaggio per espiare la promessa mancata. Le imprese italiane intanto continuano ad aspettare.
Ridurre la spesa si può: chiedete a Maroni
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Massimo Blasoni – Panorama
Nei primi anni Settanta il peso di tasse e imposte sul Pil italiano non arrivava al 25%. Oggi supera il 50% in termini reali. È necessaria una significativa riduzione di questo carico che grava sui consumi degli italiani e frena la possibilità di fare impresa e di attirare investimenti esteri. Ciò è possibile solo a patto di comprimere il perimetro di attività dello Stato: Regioni, Province e Comuni hanno moltissimo,incrementando costantemente costi e attività svolte anche quando, con vantaggio, potevano essere lasciate al mercato. Oggi si ipotizza di abolire la Tasi, ma ogni annuncio di minori tasse che non parta da una precisa elencazione delle spese che si vogliono tagliare, rischia di risultare poi disatteso. Ovvero di produrre nuove imposte in luogo di quelle abolite: è già successo.
Nelle intenzioni del Governo il minor gettito derivante dall’abolizione della tassa sulla prima casa e altro dovrebbe essere compensato da tagli per almeno 10 miliardi di euro. Operazione non facile se pensiamo che negli ultimi anni la spesa è sempre cresciuta malgrado tutti i propositi di razionalizzarla. I dati del DEF sono impietosi: nel 2012 la spesa corrente al netto degli interessi sul debito era pari a più di 671 miliardi, cresciuti nel 2013 a 684 e poi a 692,3 miliardi nel 2014. Non è ovunque così, tanto che il governo di David Cameron in Inghilterra è riuscito a ridurre tra il 2010 e il 2013 la spesa di quasi 50 miliardi e oggi l’economia britannica, nonostante sia stata colpita da una crisi finanziaria più grave di quella che investito l’Italia, cresce tra il 2 e il 3% annui. In Italia invece, diversamente dagli altri partner europei, si riduce la spesa per investimenti anziché quella corrente. Lo Stato ha tagliato tra il 2009 e il 2013 15,9 miliardi di euro di investimenti – dato Eurostat – ma malgrado ciò la spesa complessiva è salita.
Quanto a incremento di spesa corrente negli ultimi anni, meritano un richiamo le Regioni. Dai dati resi noti dalla Corte dei Conti sui flussi di cassa necessari a sostenere la loro spesa, si rileva che dal 2011 al 2014, in pieno periodo di spending review, questa è cresciuta da 141,7 a 145,6 miliardi. Non tutte le Regioni si comportano ugualmente, però. Nello stesso arco temporale la virtuosa Lombardia ha ridotto del 11,6% le proprie spese, mentre il Lazio le ha accresciute del 33%. In termini assoluti per ogni cittadino la Lombardia spende 1.739 euro, poco più della metà del Lazio, la Regione che, con i suoi 3.129 euro di spesa corrente procapite, fa segnare l’esborso più alto tra tutte quelle a statuto ordinario. Questa rilevante differenza, a parità di competenze, fa riflettere e, se proiettata a livello nazionale, ci convince ancor di più che ridurre la spesa pubblica è possibile. In questo caso la Lombardia insegna.
Mercato online, Italia fanalino di coda in Europa. La Digital Tax non è una buona notizia
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Soltanto il 5,34% delle imprese italiane vende online i propri beni e servizi. Una performance che è pari a un terzo della media europea (15,18%) e che ci colloca all’ultimo posto in questa particolare classifica dell’Europa a 28 membri. Lo rivela una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro realizzata su dati forniti dalla Commissione europea. Al primo posto nell’utilizzo commerciale della Rete si collocano le imprese della Repubblica Ceca (26,54%), della Danimarca (26,36%) e della Croazia (26,28%). Rispetto ai loro principali competitor, le aziende italiane perdono nettamente il confronto anche con le imprese irlandesi (24,20%), tedesche (22,59%), britanniche (19,80%), spagnole (16,65%), francesi (11,76%) e greche (9,19%).
In termini di valori degli scambi, in Italia le transazioni commerciali online costituiscono soltanto il 7% del totale. Peggio di noi in Europa fanno solo Romania, Bulgaria e Grecia. Anche in questo caso risultiamo nettamente sotto la media europea (15,07%) e molto distanti dalle grandi economie: Regno Unito (19,8%), Francia (15,2%) e Germania (12,7%). Su tutti spicca comunque il dato dell’Irlanda (52,97%), anche per effetto diretto della presenza a Dublino e dintorni dei grandi colossi dell’informatica.
In questo contesto, anche solo la ventilata ipotesi di una Digital Tax rischia di scoraggiare ulteriormente la nascita e l’arrivo sul nostro territorio di imprese di commercio online. Elaborando i dati Eurostat, si osserva ad esempio come al settore ICT appartengano soltanto il 2,56% delle imprese nate in Italia nel 2013, per un totale di 8.700 nuovi posti di lavoro. Mentre nel Regno Unito, in quello stesso anno, sono state invece l’8,38% per complessivi 44mila nuovi occupati.
Tasse e burocrazia, l’Italia soffoca le imprese
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