Produzione in fuga
Bruno Villois – La Nazione
In fatto di record, il governo Renzi è secondo a pochi. Quello della disoccupazione femminile gli appartiene, con le oltre 140 mila nuove senza lavoro, e più in generale solo il governo Monti ha saputo fare peggio, con i suoi oltre 500mila disoccupati, contro i 200mila di Renzi e i 160mila di Letta. I numeri parlano da soli ma l’aggravarsi della disoccupazione è dovuto ad alcuni fattori che, purtroppo, rischiano di peggiorare, anche se ci fosse una ripresa. Tra questi spicca lo spostamento di molti siti produttivi dall’Italia verso Paesi che offrono molte facilitazioni agli insediamenti e con burocrazia e pressione fiscale nettamente migliori delle nostre.
Il sistema produttivo italiano di grandi e a volte medie dimensioni, per migliorare le performance ha puntato ad espandersi nel mondo, sia per conquistare nuovi mercati, sia per ottenere migliori condizioni generali. Soltanto chi ha come scenario il mondo può crescere e ottenere soddisfazione dagli investimenti, è quindi naturale che il calo dei siti produttivi persista e con esso diminuisca l’occupazione. Ci sono però comparti, come le costruzioni o l’agroalimentare di alta qualità, il design e l’arredo o ancora l’automotive di alta gamma e la componentistica di alta precisione, per i quali produrre in Italia è o indispensabile, come l’edilizia, o rafforzante, per la qualità della materia prima o la manodopera altamente specializzata che solo da noi esistono. Purtroppo il Governo non sta puntando su una politica industriale mirata a sostenere il sistema industriale e soprattutto i comparti produttivi che possono fare la differenza, sia in termini di occupazione qualificata, che di redditività e quindi di pagamento di tasse e contributi.
Il settore chimico-farmaceutico è forse quello che ha saputo, meglio di ogni altro, tenere alto il valore dell’italianità, pur espandendosi molto all’estero e nonostante sia stato sovente vessato da norme sfavorevoli, ha mantenuto saldamente entro confine siti produttivi e ricerca. Menarini, Chiesi, Italfarmaco e Recordati sono modelli vincenti sotto ogni aspetto, che per essere clonati in altri settori necessitano di ben altro tipo di politica industriale governativa. È fondamentale puntare sulle imprese e stimolarle a rimanere entro confine, ulteriori delocalizzazioni aggraverebbero pesantemente la disoccupazione.