Quei mali cronici che frenano l’attrattività

Roberto Iotti – Il Sole 24 Ore

Avevano cominciato i tessili, seguiti poi dai calzaturieri. Ora sono i produttori di elettronica. Il back reshoring – cioè il rientro in Italia di attività delocalizzate negli anni scorsi – è un fenomeno in lenta ma costante crescita. Soprattutto per quelle aziende che avevano spostato la produzione in Paesi dove condizioni e costi dei fattori produttivi erano più vantaggiosi rispetto all’Italia. Il quadro economico però è mutato: importare manufatti o semilavorati dai Paesi dell’est europeo o dall’Asia non è più conveniente a causa dell’innalzamento dei costi di trasporto e della logistica. Non solo: le imprese che rientrano spiegano che lo fanno anche perché solo in Italia esistono manualità e una qualità di alto livello delle lavorazioni. Infine anche nei Paesi meta delle delocalizzazioni si stanno innalzando il livello del confronto sindacale e quello salariale. In pratica stanno sfumando i presupposti di un tempo e si sta riapprezzando la qualità intrinseca di certe produzioni che solo l’expertise dei lavoratori italiani sa esprimere.

Tutto questo però non deve suonare come una condanna senza appello per la delocalizzazione. Portare produzioni all’estero – negli anni scorsi – spesso ha significato entrare in mercati prima sconosciuti a molte aziende. Ed è stato il primo passo – si veda la Cina e la Russia – per arrivare a produrre direttamente per quei mercati locali, oggi sempre più importanti. Ma c’è un altro aspetto, non secondario, connesso al back reshoring: chi rientra lo fa – secondo il sondaggio Anie – per una scelta di politica aziendale, non certo perché la situazione italiana è migliorata. Fisco esoso, credito bancario scarso, burocrazia invadente, giustizia civile da incubo, energia a caro prezzo sono ancora le molte palle al piede della competitività del sistema manifatturiero. Affrontare e risolvere questi temi – certamente non nuovi – potrebbe essere un incentivo a far tornare sui loro passi altre aziende che hanno delocalizzato negli anni scorsi ma anche un incentivo ad aziende straniere a portare in Italia parte delle loro produzioni. Creando occupazione e portando investimenti.