venerdì di repubblica

Truffe e tasse, perché da noi è così difficile vendere online

Truffe e tasse, perché da noi è così difficile vendere online

di Gianluca Baldini – Il Venerdì di Repubblica del 22 gennaio 2016

Se volete aprire un sito di e-commerce forse l’Italia non sembra essere il Paese che fa per voi. Negli ultimi 12 mesi, secondo una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro, realizzata su elaborazione di dati Eurostat, solo il 26 per cento dei cittadini italiani di età compresa trai 16 e i 74 anni ha effettuato online l’acquisto di almeno un bene o servizio. Il nostro Paese si colloca cosi al quart’ultimo posto di questa particolare classifica europea, appena sopra Cipro (23 per cento), Bulgaria (18) e Romania (11). Ai vertici della graduatoria 2015 si collocano invece i consumatori di Regno Unito (81 per cento), Danimarca l79), Lussemburgo (78) e Germania (73). 

«In Italia usiamo poco il computer e Internet in genere», spiega al Venerdì Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. «Incidono fattori tecnici come la scarsa velocità della rete ma anche e soprattutto aspetti psicologici: gli italiani non si fidano ad acquistare online, sono abituati a usare il contante piuttosto che le carte di credito e temono le truffe digitali». Analizzando le scelte dei consumatori negli ultimi tre mesi, si osserva poi come resti bassissima la frequenza degli acquisti (quasi sempre uno o due acquisti a testa, solo il 5 per cento ne ha effettuato da 3 a 5) e comunque per importi che non superano quasi mai la soglia dei 500 euro. Nell’ultimo anno i beni più acquistati dagli italiani sono stati viaggi e vacanze (11 per cento) e vestiti (10). Curiosamente, solo il 2 per cento ha deciso di affidarsi alla rete per l’acquisto di tecnologia o servizi di telecomunicazione.

Ma qualcosa sta cambiando. «Da una parte è vero che negli ultimi anni in Italia si sta seguendo un trend di crescita positivo. Una crescita simile a quella degli altri Stati europei che però sono più avanti in termini assoluti», spiega Dario Tana, consulente di e-commerce che aiuta le aziende a fare business in rete. «Dall’altra alcune aziende italiane hanno un sito che però utilizzando come una semplice vetrina senza nessuna strategia per farlo diventare un business. Inoltre aprire un’azienda in Italia che voglia vendere online non e facile: colpa della troppa burocrazia e della tassazione elevata».

Quanto costa mettere il bollo al condominio

Quanto costa mettere il bollo al condominio

Raffaele Niri – Venerdì di Repubblica

E ti pareva che, nascosta tra mille codicilli, non saltasse fuori l’ennesima tassa? Parliamo dell’imposta di bollo dei condomini che passa da 34,20 euro a cento. Se poi andiamo a vedere l’intero ammontare (cioè moltiplichiamo l’aumento per il numero dei condomini, che in Italia sono 445 mila) ci accorgiamo che la cifra totale dell’aumento arriva a quota 29 milioni (la maggiore imposta di 65,80 euro moltiplicato i 445 mila caseggiati).

Ma andiamo con ordine. La legge 220/2014 ha stabilito l’obbligo del conto corrente sopra gli otto condomini, cioè quando l’amministratore è obbligatorio. In pratica, se una palazzina è composta da otto o più alloggi, non ci può essere più l’autogestione dei diretti interessati ma occorre un regolare amministratore e, di conseguenza, un regolare conto corrente intestato al condominio. E qui arriva la batosta: non solo il costo dell’imposta di bollo non è più di 34,20 euro ma di cento euro «perché i soggetti non sono persone fisiche», ma il disconoscimento della qualifica di persona fisica al condominio consente al sistema bancario di applicare commissioni sullo scoperto di conto corrente che invece non dovrebbero essere applicate.

Le interpretazioni, per la verità, sono diverse. La Corte di Cassazione ha a più riprese affermato la non riconducibilità del condominio alla stregua di persona giuridica. Ma per l’Agenzia delle Entrate il condominio non può certamente essere considerato una persona fisica. Per questo bisogna pagare i 100 euro. Senza sconti. Ad alzare la voce è l’Anaci, la maggiore organizzazione degli amministratori di condominio, che ricorda come anche la Commissione Finanze della Camera abbia protestato contro questo ennesimo «scippo».