Tfr, nessuno ha detto quale sarebbe l’aliquota Irpef da applicare
Giuseppe Marini – Il Tempo
La ricetta data da più parti per tentare di risanare la nostra economia è stata, come è noto, quella di un alleggerimento della pressione fiscale sulle imprese finalizzata ad agevolare nuove assunzioni e, soprattutto, nuovi investimenti. Il Governo, fedele al principio che i consigli gratuiti non devono essere seguiti, nel mezzo di un acceso (e in buona parte inutile) dibattito sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori tira fuori dal cilindro l’ennesima trovata che è quella di mettere in busta paga tutto o parte del Tfr. E ciò, sembra di capire, per rafforzare il potere di acquisto immediato dei lavoratori.
Come sempre accade, non si dice come ed in quali tempi tale “sconvolgente” innovazione possa essere attuata. Ad esempio, non è stato chiarito quale sarebbe l’aliquota d’imposta che dovrebbe scontare il Tfr pagato in busta paga. Al riguardo, occorre ricordare che la tassazione agevolata del Tfr risponde all’esigenza di evitare che il relativo importo, venendo incassato una tantum pur derivando da un processo produttivo pluriennale, determini un prelievo fiscale ingiustamente gravoso per l’effetto dell’aumento progressivo delle aliquote Irpef. Ma se il Tfr viene incassato in tante soluzioni spalmate nel tempo, tale effetto distorsivo non si realizza in capo al contribuente e sarebbe ragionevole una tassazione ordinaria per chi, liberamente, scegliesse di ricevere il Tfr in busta paga. Inoltre, non si dice come la misura in parola possa essere attuata senza incidere (e in modo devastante) sulla liquidità delle piccole e medie imprese e senza dover fare l’ennesimo “regalo” al Fisco. È vero che le imprese dovrebbero accantonare il Tfr dovuto ai dipendenti e che, pertanto, nessuna incidenza sulla loro liquidità dovrebbe avere il “passaggio” del Tfr nella busta paga dei loro dipendenti.
Ma quanto precede vale solo in teoria ed è invece meno vero o niente affatto vero per quelle imprese, e sono ormai un numero fuori controllo, che proprio per la mancanza di liquidità economica seguono la triste via del fallimento. E la mancanza di liquidità dovrebbe essere, tra l’altro, ben conosciuta dallo Stato essendo in notevole misura imputabile allo Stato che non paga i suoi debiti. È comprensibile, pertanto, come la proposta del Tfr in busta paga abbia raggiunto l’invidiabile risultato di mettere d’accordo Sindacati del lavoratori e Confindustria e contribuire in tal modo alla realizzazione della pace sociale tra lavoratori e imprese. Anche se, una pace siffatta riflette soltanto, come si è tentato di dimostrare, l’inadeguatezza e il carattere improvvisato di certe proposte riformatrici.