Unione Europea: dal 2010 al 2016 Italia contributore netto per 37,7 miliardi di euro

Negli ultimi sette anni l’Italia ha versato nelle casse di Bruxelles 113,1 miliardi di euro ricevendone indietro 75,4. In questo periodo di tempo siamo stati quindi contributori netti dell’Unione per ben 37,7 miliardi di euro, per una media di circa 5 miliardi di euro all’anno. Lo rivela una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro, realizzata su elaborazione di dati della Commissione europea.

L’Italia non è l’unico contributore netto dell’Unione ma rimane comunque il quarto Paese per contribuzione netta in valore assoluto. Siamo in compagnia di grandi economie continentali come Germania (-104,7 miliardi in sette anni), Regno Unito (-66,8 miliardi) e Francia (-57,3 miliardi). Sono, invece, percettori netti, cioè ricevono da Bruxelles più di quanto versano, tutti i Paesi entrati nell’Unione in seguito all’allargamento ad est e alcuni membri storici come la Spagna (14,9 miliardi in sette anni), il Portogallo (20,4 miliardi), la Grecia (31,8 miliardi). Sui conti pesa anche la Brexit: il Regno Unito, infatti, è stato contribuente netto dell’Unione per ben 66,8 miliardi di euro negli ultimi sette anni. La sua assenza molto probabilmente significherà risorse in meno, tagli e razionalizzazioni per molti Paesi, Italia compresa, allargando ancora di più il divario tra quanto riceviamo dall’Europa e quanto versiamo a Bruxelles.

«È chiaro che i flussi finanziari non sono tutto e che la mera aritmetica tra quanto versiamo e quanto riceviamo da Bruxelles non garantisce un quadro completo della nostra partecipazione al programma di integrazione europeo. Però quei numeri dicono comunque molto sul ruolo che abbiamo e su quello che dovremmo avere» sostiene l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. «L’andamento della nostra economia negli anni dell’euro è stato sempre peggiore della media dei nostri partner continentali. Eppure il nostro Paese ha versato nelle casse dell’Unione più di quanto ha ricevuto in cambio, ha partecipato a strumenti di stabilità finanziaria di cui non ha mai usufruito, ha pagato con l’instabilità politica interna e un’endemica debolezza economica la sua partecipazione a mercato e moneta unica. La posizione di contributori netti dovrebbe garantirci maggiore autorevolezza nella trattativa con gli altri Paesi».