Usa, boom dell’occupazione
Mario Platero – Il Sole 24 Ore
Se qualcuno dubita ancora della forza del modello americano per rilanciare l’economia dia un’occhiata ai risultati di ieri: un tasso di disoccupazione al 5,9%, un livello che non si vedeva dal 2008 e 248.000 nuovi occupati per il mese di settembre. È difficile dunque ignorare le parole del Presidente Barack Obama che ieri ha lanciato l’ennesima provocazione transatlantica, attaccando soprattutto il modello tedesco, ma, indirettamente tutte le rigidità che, a partire da quelle per il mercato del lavoro, imbrigliano l’economia: «Gli Stati Uniti – ha detto – hanno ridato lavoro a più persone che l’Europa, il Giappone e ogni altra economia avanzata messe insieme». E nonostante i dati di ieri, insieme a un inatteso miglioramento del disavanzo commerciale, diano sicurezza per la tenuta della ripresa, l’amministrazione non si ferma, preme per un ulteriore rilancio del settore manifatturiero e per un rafforzamento di alcuni dati per l’occupazione che potrebbero essere migliorati, come il salario minimo e il tasso della partecipazione al mercato del lavoro, sceso ancora dal 62,8 al 62,7%, il minimo in 35 anni e molto al di sotto del 66% di prima della grande recessione.
Per questo Obama preme su nuove iniziative pubbliche/private, per questo ha già lanciato vari centri per l’eccellenza nel manifatturiero avanzato e ieri ha annunciato lo stanziamento di 200 milioni di dollari in aiuti federali e fondi privati per creare un “Integrated Photonics Manufacturing Institute” che sarà coordinato dal Dipartimento della Difesa. Oggi inoltre si celebra il National Manufacturing Day. Il presidente andrà a Princeton in Indiana, per visitare gli impianti della Millennium Steel. In tutto 16.000 imprese del settore manifatturiero apriranno i cancelli al pubblico e alle autorità sia nazionali che locali a riprova di una forte coesione per avanzare lungo la stessa strada.
Questo per dire che ha ragione Mario Draghi quando avverte che la politica monetaria da sola non basta per rilanciare la crescita e che ci vogliono drastiche riforme strutturali. Che non si dimentichi però l’importanza di lanciare misure di stimolo e di agire anche sul fronte fiscale. È stata questa ricetta con tre ingredienti essenziali, incluso un disavanzo pubblico che era balzato al 10% del Pil prima di arretrare (contro ogni previsione di ostinati economisti nostrani) fra il 3% e il 4% per il 2014, che ha consentito all’America di fare quello che ha fatto. E ricordiamo oltre ai dati di ieri sull’occupazione un tasso di crescita corretto al 4,6% per il secondo trimestre di quest’anno. E la Fed? Difficile che la politica monetaria cambi prima della metà dell’anno prossimo. Janet Yellen ha chiarito che per lei oggi sono più importanti indicatori come il salario minimo e il tasso di partecipazione al lavoro che, come abbiamo visto, sono ancora fuori dalle medie storiche. La ripresa dunque continuerà. Non necessariamente ai ritmi del secondo trimestre, ma la crescita dell’economia e dell’occupazione andranno avanti per il futuro prevedibile.
Ci sembra giusto chiudere con una rivendicazione del Presidente alla New Foundation della Northwestern University di Evanston in Illinois, dove ha fatto partire giovedì la sua campagna per le elezioni di metà mandato. «Ecco i fatti – ha detto Obama – quando sono stato eletto le imprese americane licenziavano al ritmo di 800 mila persone al mese. Oggi le aziende stanno assumendo 200 mila americani al mese. Negli ultimi quattro anni e mezzo l’economia americana ha creato 10 milioni di nuovi occupati, la più lunga crescita di posti di lavoro nel settore prima della nostra storia. Non si sono state tante offerte di lavoro sul mercato quante ce ne sono oggi dal 2001». Dalla perdita di 800.000 posti di lavoro al mese alla creazione di 10 milioni di posti di lavoro in 5 anni. Non c’e’ bisogno di arrivare a questi estremi, ma, senza dover rievocare per l’ennesima volta Shumpeter ieri ne abbiamo avuto la conferma: flessibilità, mobilità e ristrutturazioni aiutano qualunque economia che voglia restare industriale avanzata, non solo l’americana.