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Se togliere Imu servisse a liberare l’economia…

Se togliere Imu servisse a liberare l’economia…

di Carlo Lottieri

Per comprensibili ragioni elettorali (basti considerare che l’Italia è un paese di proprietari di casa), il governo Renzi sta studiando la possibilità di eliminare l’Imu sulla prima abitazione, immaginando di finanziare tutto questo con cessioni di imprese statali, tagli alla spesa (i tanto evocati “enti inutili”) e anche – se Bruxelles lo permetterà – un qualche sforamento del tetto del deficit. Il premier tende a presentare le privatizzazioni come una sorta di “sacrificio”, che però la popolazione italiana dovrebbe avere la saggezza di accettare in quanto può aiutare la riduzione delle imposte che molti auspicano. Questa logica però è sorprendente, dal momento che non abbiano un male di minori dimensioni (le privatizzazioni) accompagnato da un bene più grande (meno tasse), ma al contrario due benefici. È anzi necessario rilevare che se la riduzione della tassa sulla casa servirà come pretesto e occasione per privatizzare qualcosa non si potrà che essere molto soddisfatti.
Chi avrebbe da perderci da un’eventuale cessione di Trenitalia ai privati? Non certo quanti viaggiano, che a quel punto si troveranno presumibilmente anche in un contesto più aperto (oggi il mercato è bloccato dal fatto il maggiore soggetto è di proprietà statale). Non i contribuenti, che nei decenni scorsi hanno destinato somme rilevanti a questo colosso. Ovviamente non i competitori attuali e certo neppure quelli che potranno sorgere in seguito. Forse qualche costo dovranno sopportare i dipendenti, nel caso in cui gli organici oggi siano gonfiati e la nuova dirigenza voglia riorganizzare e migliorare la gestione, ma questo è un prezzo necessario se si vuole avere un sistema dei trasporti efficace.
A perderci, senza dubbio, saranno quanti vivono di politica, quanti affollano i consigli di amministrazione di nomina pubblica, quanti appartengono a gruppi imprenditoriali che vivono non di mercato ma di commesse statali truccate, insieme ai vari professionisti “di area” che fanno soldi perché destinatari di incarichi e altro. Ma non avremo a che fare con un problema, bensì con la sua soluzione.
Soprattutto è importante che cresca lo spazio del privato e si ridimensioni quello del pubblico. Un’economia come la nostra è ancora troppo sbilanciata sullo Stato e per questo è tanto rigida, poco innovativa, fondamentalmente conservatrice. Se a Roma si dovrà privatizzare al fine di poter avere meno imposte, ben venga questo più ridotto prelievo sugli immobili che oltre ad aiutare l’economia nel suo insieme è in grado di aprire la strada alla crescita di un’economia esterna ai giochi della politica. Perché il punto è qui: bisogna privatizzare per depoliticizzare una vita produttiva troppo deformata da logiche, quelle dei partiti, che producono prevalentemente sprechi e corruzione, inefficienze e nepotismo.
Al fondo dell’offerta di Renzi agli italiani (che può essere così formulata: “vi prego, accettate qualche privatizzazione in cambio di meno imposte”) prevale la tesi, davvero difficile da difendere, che il settore pubblico sia in qualche misura migliore di quello privato, più sociale, vicino alle esigenze della gente. Si finge di non vedere quanti privatissimi interessi abbiano i nominati dei Cda e i grand commis dell’alta burocrazia dei dinosauri pubblici.
Questa retorica è il segno di un grave ritardo culturale: è espressione di una mentalità statalista che rovescia il senso comune e che è però in grado, troppo spesso, d’imporre le proprie logiche. Eliminare l’Imu e privatizzare le imprese statali sono due mosse nella giusta direzione. C’è da augurarsi che Renzi trovi quel coraggio che finora non ha saputo quasi mai mostrare.
Una proposta che funziona – Editoriale di Massimo Blasoni

Una proposta che funziona – Editoriale di Massimo Blasoni

Massimo Blasoni – Panorama

La pressione dell’insieme di imposte e tasse sul nostro Pil è passata dal 20% del 1975 al 50%, in termini reali, del 2015. Un incremento enorme sia delle imposte dirette che di quelle indirette e che non ha lasciato indenni né la casa né i nostri risparmi» osserva l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. «Dal 2010 ad oggi le tasse sulle abitazioni sono passate da 32 a 50 miliardi e quelle sul risparmio da 9 a 16. La Total Tax Rate sulle imprese è tra le più alte al mondo e raggiunge il 65,4% dei redditi prodotti dalle nostre aziende. È indifferibile, quindi, un’azione di contenimento del carico fiscale, almeno sui redditi delle persone. La Flat Tax, anche in una versione “italiana” a due aliquote, rappresenta certamente una strada utile ma soprattutto percorribile, come è dimostrato dal nostro studio.

* Imprenditore e presidente del Centro studi ImpresaLavoro

Renzi fa ponti d’oro ai profughi e noi scappiamo dal Belpaese

Renzi fa ponti d’oro ai profughi e noi scappiamo dal Belpaese

di Massimiliano Lenzi – Il Tempo

Siamo tornati ad essere un popolo di emigranti, di gente che fa la valigia e se ne va in cerca di fortuna all’estero, altro che gli sbarchi in Sicilia dal Nord Africa e la retorica dell’accoglienza a prescindere, per aiutare chi sta peggio di noi, anche se a gran parte delle nazioni europee (Austria, Ungheria, Inghilterra e Danimarca) solo a sentir parlare di quote di profughi da accogliere viene l’orticaria e non ne vogliono sapere. La crisi economica, in questi anni, ha fiaccato la resistenza e le speranze di futuro di una parte consistente delle famiglie italiane, portando quasi 600mila nostri connazionali, dal 2008 ad oggi, ad andarsene via dal Belpaese in cerca di lavoro e di una vita migliore.

I numeri sugli italiani che tornano, come nella scorsa metà del secolo scorso, li ha raccolti (su elaborazione dei dati Eurostat) una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro. «Dal 2008 al 2013 – si legge – gli emigrati italiani sono stati complessivamente 554.727, di cui 125.735 soltanto nel 2013 con una crescita rispetto al 2008 del 55% su base annua. Il 39% di questi italiani (214.251, di cui 47.048 soltanto nel 2013) sono giovani di età compresa tra i 15 e 34 anni». Anche in questo caso si segnala un trend in rapida crescita: rispetto al 2008 i giovani che hanno scelto di trasferirsi oltre confine sono aumentati del 40%. Si tratta di numeri importanti che dovrebbero interrogare la politica, a cominciare da Govrno Renzi, troppo impegnata a far della facile retorica sui doveri dell’accoglienza che avrebbero gli italiani verso i migranti che sbarcano dall’Africa, per ricordarsi invece degli italiani che se ne vanno dall’Italia. Volendo calcolare un numero annuale, vien fuori che in questi sei anni se ne sono andati via dal nostro Paese 92.455 italiani all’anno, in pratica la popolazione di una città media italiana.

Dove vanno i nostri connazionali a cercar fortuna? Secondo i dati della ricerca, in questi ultimi sei anni la destinazione più gradita è stata la Germania (che ha accolto 59.470 nostri connazionali, di cui 13.798 solo nel 2013), seguita dal Regno Unito (51.577 emigrati, di cui 14.056 solo nel 2013), dalla Svizzera (44.218 emigrati, di cui 10.537 solo nel 2013), dalla Francia (38.925 emigrati, di cui 9.514 solo nel 2013) e dalla Spagna (25.349 emigrati, di cui 4.537 solo nel 2013). Si ratta insomma di Paei europei che non saranno il paradiso ma offrono, per chi se ne va, maggiori opportunità di farcela (con, ovviamente, tutte le difficoltà che essere fuori dal proprio Paese comporta) e un sistema, a cominciare da quello fiscale, più semplice del nostro. La graduatoria dei Paesi di destinazione, poi, cambia se guardiamo ai più giovani, di età compresa tra i 15 e 34 anni: per loro la meta preferita è il Regno Unito (27.263 emigrati, pari al 53% del totale), che precede la Germania (24.445, pari al 41% del totale), la Svizzera (16.653), la Francia (14.682) e la Spagna (11.377).

Altri Paesi di destinazione dei nostri emigranti sono poi il Belgio (12.064 connazionali, di cui 4.457 giovani), l’Albania (9.470, di cui 3.442 giovani) e la Slovenia (1.629, di cui 351 giovani). Emigrare dall’Italia in Albania, una via della speranza che sarebbe stata impensabile fino a pochi anni fa quando eravamo noi il Paese sognato dagli albanesi. Furi dall’Europa la parte del leone la fanno gli Stati Uniti: 26.072 italiani (fra questi 9.104 giovani), di cui 5.560 soltanto nel 2013.

«I nostri emigranti – spiega Massimo Blasoni, imprenditore e presidente del Centro Studi ImpresaLavoro – scelgono in larghissima parte di continuare a vivere all’interno dell’Unione europea, spostandosi in Paesi che garantiscono loro un sistema formativo e un mercato del lavoro decisamente superiori a quelli italiani». Maggiore riconoscimento del merito, migliore formazione e più facilità, se si ha talento, di farcela. C’era una volta, in Italia.

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Presentazione “E io Pago” a Cordenons (PN)

Presentazione “E io Pago” a Cordenons (PN)

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“E io pago”. Il manifesto anti tasse realizzato dal CentroStudi Impresa lavoro sarà presentato mercoledì 22 luglio alle 19 nella sala Appi del Centro Culturale Aldo Moro a Cordenonds. La presentazione vedrà gli interventi di Simone Bressan, Direttore del CentroStudi, Massimo Blasoni, imprenditore e Presidente del CentroStudi e Davide Giacalone, editorialista e scrittore. A moderare l’incontro Renzo Francesconi, giornalista e primo cittadino di Spilimbergo
Spesa pubblica: l’Italia si metta a dieta – Editoriale di Massimo Blasoni

Spesa pubblica: l’Italia si metta a dieta – Editoriale di Massimo Blasoni

di Massimo Blasoni – Metro

Presentando la sua prima Finanziaria non di coalizione, il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne ha annunciato un significativo taglio alla spesa pubblica (pari a 12 miliardi di sterline per la fine della decade, equivalenti a 16,7 miliardi di euro), compensato in parte da un aumento del salario minimo dei lavoratori. Il messaggio del governo conservatore di Sua Maestà sembra chiaro: d’ora in poi lavoro e sviluppo saranno perseguite in Gran Bretagna non più foraggiando la spesa pubblica improduttiva e le aziende dello Stato ma al contrario favorendo l’incremento della produttività delle aziende private che decidono di investire e misurarsi con una maggiore concorrenza nel mercato.
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Presentazione “E io pago” a Milano

Presentazione “E io pago” a Milano

Presentazione del libro “E io Pago – Manifesto Anti-Tasse”: mercoledì 15 Luglio 2015 ore 16, Palazzo Isimbardi – Via Vivaio 1, Milano.
Intervengono: Simone Bressan (direttore Centro Studi ImpresaLavoro), Giacomo Zucco (Tea Party Italia), Stefano Vergani (Imprenditore e presidente AISOM). Modera: Oscar Strano, giornalista e attivista. Saluti di Alberto Villa (Forza Italia), Nicolò Mardegan (NoixMilano).

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