Le certezze che mancano
Federico Fubini – La Repubblica
Il passo del governo di recente è così rapido che è mancato il tempo di ripensare a un dettaglio. È un peccato, perché su di esso si giocano la legge di Stabilità o il rapporto dell’Italia con il resto d’Europa. E quel dettaglio è ingombrante: quest’anno le previsioni di crescita si sono dimostrate fuori bersaglio di 15 miliardi. L’Italia credeva di essere in ripresa, ma era in recessione.
Si tratta di capire come sia stato possibile sbagliare la mira di tanto. È una domanda decisiva per la legge di Stabilità in gestazione, perché nella soluzione di quel rebus il governo di Matteo Renzi può trovare una guida che gli eviti nuove trappole. L’Italia nel 2014 è andata peggio del previsto in parte perché l’export ha deluso, anche a causa della frenata in Cina, Russia o Germania. Ma l’altra origine della recessione del 2014 è più vicina a casa ed è questo che conta per la legge di Stabilità 2015: il Pil è sceso perché gli italiani hanno investito in costruzioni e macchinari industriali molto meno del previsto. Gli investimenti dei privati sono scesi del 2%. È mancata la fiducia: chi ha denaro da mettere al lavoro per creare impianti lo ha tenuto fermo, incapace di farsi un’idea su cosa lo aspetta sulle tasse, le regole del lavoro o i tempi della giustizia.
L’incertezza produce paralisi, ma proprio per questo ha un ruolo di primo piano nella legge di Stabilità di cui ieri al Quirinale hanno parlato Giorgio Napolitano e Matteo Renzi. Il nuovo bilancio potrà contenere o togliere un premio ai ceti medio-bassi o ai fondi pensione, togliere tasse dalle imprese o dai nuovi contratti e imporre tagli agli enti decentrati. Ma non otterrà quello che vuole – il primo anno di crescita dal 2010 – se non produce certezze su ciò che gli italiani si devono attendere da ora in poi. In assenza di questo ingrediente immateriale, nessuno investirà per ampliare un cementificio, aprire un ristorante, situare una fabbrica in Italia anziché in Romania.
Quanto a questo, i fotogrammi che passano sotto gli occhi in queste ore non aiutano. Non c’è dubbio che la Ragioneria generale dello Stato alla fine metterà il suo timbro sulla legge di Stabilità, né che il capo dello Stato assecondi – nel suo ruolo – la spinta di Renzi per disincagliare l’economia. Qualche dubbio invece può esserci sulla capacità di questa legge di bilancio di produrre certezze. L’aggiornamento al documento di economia e finanza del Tesoro, un paio di settimane fa, annuncia che anche nei prossimi anni gli italiani cammineranno su un terreno mobile. L’Iva può salire in automatico di 12 miliardi nel 2016 e fino a 21 nel 2018 se non fossero raggiunti gli obiettivi di deficit. Il Tesoro stesso avverte che ciò può portare a una caduta di consumi e investimenti e meno Pil per circa 10 miliardi. Sulla base di una nota a pie’ di pagina nei documenti del governo, non è facile rischiare i propri soldi per produrre beni o servizi al consumatore in Italia. Più difficile ancora se, per varare la legge di Stabilità su un terreno solido in termini contabili, una clausola simile fosse inserita già dal 2015.
L’incertezza ha un suo modo virale di trasmettersi e questa viene da quella di certi provvedimenti inseriti a copertura dei tagli di tasse nella legge di Stabilità. Già da ora il governo per esempio prevede entrate in più per 3,8 miliardi dalla lotta all’evasione. Le novità su questo fronte sono importanti e una di queste è il pagamento dell’Iva da parte dei committenti, non più da parte di imprese di pulizia o costruzioni che spesso “dimenticano” di farlo. Yoram Gutgeld, consigliere di Renzi, è in buona fede quando prevede che le risorse dalla lotta all’evasione saranno anche maggiori del previsto. Ma tredici anni di impegno su questo fronte hanno prodotto dieci miliardi e, se avverrà, il 2015 segnerebbe dunque un balzo straordinario. Certo quest’anno le risorse dall’evasione sono state di 300 milioni, dieci volte meno. Prudenza imporrebbe di non dar quasi niente per scontato e tenere conto dei risultati solo a fine anno: così farà la Commissione europea nel giudicare il bilancio italiano, non a caso il governo deve ricorrere alle maxi-clausole sull’Iva che bloccano la visibilità sul futuro.
Altri dubbi si potrebbero poi avere sui 6,2 miliardi di tagli su regioni e enti locali. La realtà dell’Italia di oggi è che moltissime amministrazioni hanno conti in parte falsi, da ripulire dolorosamente: trovare sei miliardi in più di economie presuppone una profonda riorganizzazione dei poteri locali, del loro numero e dei loro statuti autonomi o speciali. Eppure nessuno ne parla, meno di tutti il governo. Renzi ha impostato una legge di Stabilità per dare una scossa positiva alle famiglie e alle imprese, a costo di sfidare la Commissione Ue. Ormai non gli serve a nulla trovare nuovi capri espiatori se qualcosa non va. Il suo compito, più faticoso, adesso è solo produrre certezze.