I buoni propositi, le occasioni sprecate
Angelo Cremonese – Il Sole 24 Ore
Una delle semplificazioni più rivoluzionarie che il governo si appresta a varare è costituita dalla dichiarazione precompilata. Nei prossimi mesi, infatti, circa 20 milioni di italiani, lavoratori dipendenti e pensionati, non dovranno più provvedere alla compilazione della dichiarazione dei redditi che a partire dal 15 aprile sarà messa a disposizione dall’agenzia delle Entrate. Sulla scia delle esperienze vissute negli ultimi anni da diversi paesi europei ed extraeuropei, che nel tempo ne hanno esteso l’operatività a molte altre categorie di redditi, questo nuovo servizio si propone di semplificare gli adempimenti per alcune fasce di contribuenti, ridurre gli oneri di controlli e verifiche su una vasta platea di soggetti, diminuire il rischio di errori e, soprattutto, migliorare il senso di fiducia del cittadino verso le istituzioni tributarie.
Questi principi appartengono senz’altro a un modo nuovo e più moderno di gestire la materia fiscale e vanno dunque valutati positivamente. Va peraltro ricordato che, soprattutto per il mondo delle imprese, la semplificazione vera resta una pagina ancora tutta da scrivere, per la quale è urgente una profonda riforma. È infatti difficile immaginare un rapporto sereno tra fisco e imprese con un livello del prelievo effettivo che raggiunge il 68,5% (total tax rate, Rapporto Paying Taxes 2013), ancora più elevato per le piccole e medie imprese, una giungla di norme spesso di difficile comprensione, adempimenti così complessi che rendono gli oneri tributari indiretti insostenibili, un sistema di giustizia tributaria lento e dai costi elevati con esiti spesso imprevedibili e contrastanti, un sistema sanzionatorio incapace di rispondere a criteri di proporzionalità. L’auspicio, dunque, è che con i decreti delegati si sia solo iniziato a percorrere, nella giusta direzione, il cammino della semplificazione. Un obiettivo fondamentale che, pur mantenendo invariato il livello complessivo del prelievo, potrebbe costituire una importante risorsa per lo Stato e per i cittadini, facendo realizzare forti risparmi in termini di oneri amministrativi.
Dalla sola dichiarazione precompilata, a regime, sono previsti benefici per oltre un miliardo di euro. Appare quindi poco comprensibile come, in un clima che spinge fortemente verso l’alleggerimento degli adempimenti per i contribuenti, proprio in questi giorni si sia sprecata una prima importante occasione per far esordire gli effetti del “nuovo corso”. L’invio con un modulo già precompilato della dichiarazione sostitutiva unica (Dsu), da trasmettere all’Inps al fine di ottenere il nuovo Isee, avrebbe infatti evitato il caos che stanno vivendo tutti coloro che, già svantaggiati economicamente, cercano di non perdere il diritto all’accesso a servizi sociali quali asili nido, prestazioni socio-assistenziali, mense scolastiche ecc, e sono costretti a rimbalzare, come una pallina del flipper, fra siti web dell’Inps, Caf in rivolta e uffici comunali. La modifica dei parametri del cosiddetto riccometro, dopo oltre 17 anni dal suo varo, risponde alla giusta esigenza di ottenere una fotografia più chiara e aggiornata delle reali condizioni economiche dei cittadini e di riservare il welfare ai soggetti realmente bisognosi. Considerando, però, che la maggior parte dei dati richiesti sono già disponibili nei sistemi informativi, fiscali e contributivi, dell’Amministrazione, si sarebbe potuto pensare di utilizzare il nuovo metodo, inviando una dichiarazione precompilata, con il solo onere per il contribuente di completarne il contenuto inserendo i dati eventualmente sconosciuti al fisco.
Guardando al prossimo futuro un limite del nuovo modello 730 inviato direttamente dalle Entrate è che, almeno sino al 2016, non terrà conto delle spese sanitarie. In questa prima fase, pertanto, si prevede un’alta percentuale, superiore al 70%, di soggetti che saranno costretti ad effettuare integrazioni. Successivamente questa percentuale è destinata a scendere drasticamente, come è anche auspicabile che si possa allargare la platea di soggetti che potranno usufruire di questo servizio. Il modello sono i paesi del nord Europa, la Danimarca su tutti, dove, dopo oltre 25 anni, il 100% dei contribuenti individuali riceve annualmente la propria dichiarazione dei redditi completa di stipendio, interessi, dividendi, capital gain, detrazioni, esenzioni e deduzioni, con una percentuale di richieste d’integrazione scesa sotto il 6%. Anche in Francia si è attuato questo esperimento da circa 10 anni e, pur con risultati molto diversi, si è ormai instaurata una linea di comunicazione diretta con i contribuenti, attivando canali telematici con cui l’Amministrazione è in grado di fornire risposte in tempo reale.
Per creare anche nel nostro Paese i presupposti di un rapporto tra fisco e contribuente diverso, ispirato a principi di trasparenza e di modernità non sono necessarie rivoluzioni o ricette nuove e sorprendenti, occorre solo perseverare sulla strada della semplificazione con serietà, coerenza e determinazione.