dichiarazione dei redditi

Troppi errori sui precompilati: Renzi ritira i 730 come le auto

Troppi errori sui precompilati: Renzi ritira i 730 come le auto

Davide Giacalone – Libero

Il 730 semplificato e scaricato si sta incarnando in un’avventura contorta e scaricante. All’orizzonte della precomplicata sorge l’ipotesi della proroga, confermando che così come tutti i salmi finiscono in gloria, tutte le chiacchiere si schiantano ingloriosamente contro la realtà. Che non è quella virtuale e cinguettante, proiettata sugli schermi degli smartphone governativi.

Si partì dicendo che sarebbe stato l’avvento della semplificazione, talché il contribuente non avrebbe dovuto far altro che, ammirato e commosso, constatare quanto il fisco fosse stato equo e preciso nel tracciarne il profilo reddituale. S’aggiunse che accettando quella silhouette non ci sarebbero stati controlli, dacché tutti i dati erano già stati controllati e verificati. Non è vero, scrivemmo. Disfattisti, ci dissero. Peccato che il profilo somiglia sempre di più a una caricatura e che l’Agenzia delle Entrate non abbia controllato nulla, limitandosi a un copia e incolla lacunoso, nel senso che alcuni pezzi se li è persi per strada. Cosi si sono accorti, ad esempio, che nelle precomplicate non sono indicati i giorni lavorativi, rendendo impossibile il calcolo delle detrazioni. Mancano i contributi per colf e badanti. Sono imprecise le rendite catastali. Spesso mancano i redditi aggiuntivi, sebbene i sostituti d’imposta li abbiano segnalati per tempo, inviandone copia sia al fisco che agli interessati (senza dimenticare che hanno avuto il modulo da utilizzare solo una settimana prima della scadenza, il che ha sovente comportato una doppia duplice spedizione).

Cinguetta Matteo Renzi: dall’anno prossimo ci saranno anche le detrazioni sanitarie. Questo lo sapevamo dall’inizio, sia che quest’anno non ci sono sia che dal prossimo ci dovrebbero essere. Speedy Gonzales, a questo giro, è in ampio ritardo. E aggiunge, sempre mediante l’agenzia ufficiale del governo, ovvero Twitter: «lo ripeto tutti i giorni: semplificare, semplificare, semplificare». Ma chi intende raggirare, raggirare, raggirare? Hanno messo su un casotto che la metà basta. Si arriva alla scadenza della Tasi senza sapere quanto pagare e senza che i bollettini precompilati, questa volta previsti dalla legge, siano mai partiti. Che sta dicendo, anzi, cinguettando?

Ecco cosa sta dicendo, anzi, cinguettando: «quasi 300mila italiani hanno già inviato la dichiarazione dei redditi precompilata (promessa già dalla #Leopolda). Critiche e suggerimenti?». No, non lasciatevi tentare, c’è il rischio sia considerato reato. Perché, gentile Leopoldo Speedy, quelli che hanno abboccato, accettando di non detrarre quel che era loro diritto detrarre, non solo potranno essere sottoposti a controlli, ma riceveranno una mail nella quale si spiegherà loro che hanno firmato un documento che può contenere errori. A quel punto saranno presi dal panico e correranno a chiedere l’aiuto degli esperti, ovvero esattamente quelli cui li si sarebbe dovuti sottrarre. I quali esperti, siano essi Caf (centri di assistenza fiscale) o commercialisti, già dicono che, in queste condizioni, è impossibile assicurare una prestazione seria nei tempi stabiliti.

Ed ecco che si parla di proroghe. Tema che richiede una risposta immediata, perché vede, gentile Twitt Gonzales, lei avrà pure esaurito, come ci ha comunicato ieri, «il quarto d’ora di twitter sul fisco», ma se si comincia a parlare di proroga tutto si sbrodola, quindi sarà bene dirlo immediatamente: c’è o non c’è? Smentisca immediatamente, altrimenti nessuno bloccherà lo sbracamento. E se smentisce sarà anche il caso di suggerire all’Agenzia delle Entrate di smetterla di sostenere che ci sono solo problemi di rodaggio, perché le macchine non si collaudano arrotando i passanti. Esiste la possibilità di dire: scusate, fummo presciolosi e avventati. Se, invece, la straziante proroga sarà confermata, ditelo comunque subito, giusto per evitare che chi ancora crede alla parola dello Stato sia il solo a spaccarsi in quattro per tener fede a chi è infedele.

La distanza che c’è fra l’annuncio di cose giuste ­ «sogno di pagare le tasse con lo smartphone», ha pure detto ­ e la realizzazione di pratiche efficienti è lo spazio che divide le politiche propagandistiche dall’arte di governare seriamente. La parte minore è l’ideazione, quella maggiore la messa in pratica. Non viceversa. Il pubblico da assecondare non è quello che spara e gioisce per i titoli, ma quello che porta sulle spalle il peso di un fisco esagerato nelle pretese e satanico nelle modalità. Il mondo reale non è popolato da followers, ma da cittadini che non è il caso di far diventare folli. Anche perché, per difendersi dall’incipiente follia, adottano una soluzione largamente sperimentata: smettono di credere a quel che si dice. Sarebbe una beffarda nemesi, per chi pensò che la parola fosse sufficiente a cambiare il mondo.

In metà rinunciano agli sgravi del 730, saranno controllati lo stesso

In metà rinunciano agli sgravi del 730, saranno controllati lo stesso

Davide Giacalone – Libero

Ogni mattina un pensionato potrebbe ritrovarsi a far la fila dal medico. Ogni mattina un imprenditore potrebbe dovere versare qualche cosa all’erario. Ogni mattina, quando sorge il fisco, non importa che tu sia pensionato o imprenditore: scappa. Tanto poi ti acchiappano. Quel pensionato e quell’imprenditore sono, oggi, più uniti, nel diffidare dello Stato tassatore e controllore.

La Fondazione nazionale dei commercialisti è una fonte interessata. Diciamo che l’eccessiva semplicità degli adempimenti fiscali e l’idea che i cittadini possano far da soli, non è in cima ai loro desideri. Ma hanno più esperienza, sul campo, di tanti che legiferano. Ebbene, la Fondazione ha commissionato uno studio da cui si evince che circa 6 milioni di contribuenti sarebbero pronti a rinunciare alle detrazioni fiscali cui avrebbero diritto, pur di evitare i controlli. Si può sostenere che diffondano sfiducia e allarme per guadagnare clienti. In questo caso, però, non è così. Perché se l’adesione alla dichiarazione dei redditi precompilata, fornita dall’Agenzia delle entrate, diviene garanzia che non ci saranno controlli successivi, perché mai un cittadino dovrebbe prendersi il rischio di far valere un proprio diritto e scaricare spese che darebbero luogo a un risparmio fiscale marginali, comunque meno di quel che costerebbe un professionista nel caso si dovesse rispondere a rilievi delle autorità? La Fondazione calcola che, in questo modo, l’erario si troverà a incassare 1,5 miliardi non dovuti. Peccato, però, per due dettagli: non è vero che firmare la precompilata inibisce i controlli, perché questi sono sempre possibili sui dati che i terzi hanno trasmesso al fisco (quindi quasi tutti); considerare conveniente rinunciare a un diritto equivale a dire che non si ha nessuna fidu­ cia nella lealtà dell’amministrazione fiscale.

Ieri il Consiglio dei ministri ha varato qualche altro decreto legislativo, in materia fiscale. Oramai vengono giù a spizzichi e bocconi, fermo restando che è rimandato a giugno quello che era già stato illustrato e approvato a Natale (e la cosa passa come se fosse normale, come se non contenesse un sentore venefico il fatto che una norma fiscale la si voglia posporre alle elezioni regionali). Ieri è stato il turno, fra gli altri, dell’abuso di diritto. Dicesi «abuso di diritto» che un soggetto applichi le leggi esistenti, ma per trarne un indebito vantaggio. Che uno dice: scusate, se una legge consente un indebito vantaggio, cambiatela. No, ti rispondono, è il contribuente che deve applicarla con animo candido. Quindi non basta attenersi alla legge, occorre scegliere quella che non faccia sorgere il sospetto che ne stai approfittando.

Non basta: il decreto prevede che, da ora in poi, e sull’abuso di diritto, l’onere della prova spetti all’Agenzia delle entrate. E anche questa passa senza destare il dovuto scandalo: dovrebbe essere sempre così: tu Stato mi accusi, spetta a te dimostrare che ho torto, non a me che ho ragione. Invece no, vale solo su questo. E lo hanno scritto nel decreto. Dove si legge anche che se il contribuente ha un dubbio, ove non voglia abusare della legge, poverella, può chiedere all’ufficio fiscale quale legge applicare. Già me lo vedo: scusi, so che dovrei pagare 100, ma con il comma 329 dell’articolo 89 quater del regio decreto etc. etc., potrei pagare 80, secondo lei quale devo applicare? Risposta: sicuro che non ci sia nulla per cui deve pagare 120? Perché il funzionario che suggerisse la via più conveniente potrebbe andare incontro alla contestazione di danno erariale, qualora qualcuno domani dimostrasse l’abuso di diritto. Mentre, se il suggerimento viene dal commercialista, il professionista ne risponde come complicità, per cui gli devi anche pagare gli oneri dell’assicurazione. Però, oh, non vi lamentare, perché nel decreto legislativo c’è anche scritto che l’abuso di diritto non è contestabile in sede penale. Ovvero: non è un reato avere applicato una legge. Non importa se sei pensionato o imprenditore, scappa.

La trappola della “precomplicata”

La trappola della “precomplicata”

Davide Giacalone – Libero

Siete prediffidati, non crediate alla precompilata. Agli italiani che accetteranno l’oracolo del fisco, apponendo la propria firma in calce a quel che l’erario chiede, rinunciando a ogni modifica e ulteriore detrazione, quindi anche a far valere le spese mediche eventualmente sostenute, si dice che, in quel modo, eviteranno ogni successivo controllo. Non è vero. Fate attenzione, perché delle bugie che racconta il fisco si pente solo con congruo ritardo. E senza pagare le ammende che pretende dai contribuenti.

Definimmo «precomplicata» quella che s’annunciava come precompilata perché il lavoro non lo ha fatto l’Agenzia delle entrate, che ne mena vanto, ma i sostituti d’imposta. Vale a dire i privati cittadini, per loro i commercialisti, le imprese, i datori di lavoro e, per quel che riguarda i pensionati, le rispettive casse. A una settimana dalla scadenza non era ancora disponibile il modello della CU, la certificazione unica, che ha sostituito la CUD, certificazione unica dipendenti. Tanto è vero che molti di noi hanno ricevuto (o inviato) certificazioni provvisorie e non a norma. Pazienza? Un corno, perché con il nuovo sistema si pagano 100 euro di multa per ogni errore. E il cielo non voglia che oltre a essere irregolare sia pure errata, perché, in quel caso, il contribuente risponde anche di quel che non ha fatto, ma ricevuto. Da qui le missive inviate, per dire: scusate, mi pare sia tutto a posto, ma il modello che mi avete inviato non è quello voluto dall’autorità preposta. Anche nel caso in cui s’accetti l’oroscopo fiscale, trovato nel cassetto digitale, questo non significa affatto che saranno esclusi i controlli. A chi lo sostiene si dovrebbe contestare il raggiro collettivo, perché sono sempre passibili di controlli e accertamenti i presupposti della dichiarazione, inviati all’amministrazione. Ed è la dimostrazione che la rivoluzione di cui parla la direttrice dell’Agenzia, Rossella Orlan­ di, altro non è che un assemblamento d’informazioni, fornite dai privati.

Esempio: la tua banca mi ha detto che hai un mutuo e tu mi hai detto che sei residente nella casa cui quel mutuo si riferisce, io fisco ho usato quelle informazioni per precompilarti la dichiarazione, ma non ne rispondo, perché sei tu banca e tu cittadino che me le hai date. Che, in compenso, sono sventolate minacciosamente verso quanti osino cambiarne anche un solo rigo. Magari, come detto, per detrarre le spese mediche. E non solo saranno controllati, ma ne risponderanno personalmente i consulenti che lo aiuteranno a farlo, siano essi commercialisti o Caf. I quali sono professionisti che il fisco s’era abituato ad utilizzare come esattori, il cui costo era ed è a carico del tassato, al punto da non sopportarne la funzione quando tornano a svolgere il loro genuino mestiere: aiutare il contribuente ad adempiere i propri doveri, senza, però, versare nulla più di quel che si ritiene dovuto. Fate pure, dice il fisco, ma se commettete un errore pagate in due: il contribuente e il complice.

È giusto? Secondo me no, ma ammetto che ci potrebbe anche stare, se l’amministrazione fiscale non si distinguesse a sua volta per grossolana demagogia ed enormità degli errori. Leggo che la dottoressa Orlandi prende le distanze dai blitz stile Cortina. «Abbiamo cambiato atteggiamento», dice. Il modo giusto per perseguire l’evasione fiscale è un altro, usando le banche dati. Ma va?! Noi lo sostenevamo allora, ma finimmo sommersi dalla marea retorica e stucchevole del dagli all’evasore, con il direttore dell’Agenzia che magnificava l’operazione. Sostenevamo allora quel che l’Agenzia dice oggi: è roba spettacolare, ma inutile. Solo che noi ci beccammo le accuse di volere proteggere gli evasori, lanciate da un’opinione pubblica da cotanto ufficio diseducata al rispetto dell’onorabilità di ciascuno. Direi che non guasterebbe ricevere le scuse. Se la cosa risulta complicata, possiamo inviarne una bozza, pre­compilata.

I buoni propositi, le occasioni sprecate

I buoni propositi, le occasioni sprecate

Angelo Cremonese – Il Sole 24 Ore

Una delle semplificazioni più rivoluzionarie che il governo si appresta a varare è costituita dalla dichiarazione precompilata. Nei prossimi mesi, infatti, circa 20 milioni di italiani, lavoratori dipendenti e pensionati, non dovranno più provvedere alla compilazione della dichiarazione dei redditi che a partire dal 15 aprile sarà messa a disposizione dall’agenzia delle Entrate. Sulla scia delle esperienze vissute negli ultimi anni da diversi paesi europei ed extraeuropei, che nel tempo ne hanno esteso l’operatività a molte altre categorie di redditi, questo nuovo servizio si propone di semplificare gli adempimenti per alcune fasce di contribuenti, ridurre gli oneri di controlli e verifiche su una vasta platea di soggetti, diminuire il rischio di errori e, soprattutto, migliorare il senso di fiducia del cittadino verso le istituzioni tributarie.

Questi principi appartengono senz’altro a un modo nuovo e più moderno di gestire la materia fiscale e vanno dunque valutati positivamente. Va peraltro ricordato che, soprattutto per il mondo delle imprese, la semplificazione vera resta una pagina ancora tutta da scrivere, per la quale è urgente una profonda riforma. È infatti difficile immaginare un rapporto sereno tra fisco e imprese con un livello del prelievo effettivo che raggiunge il 68,5% (total tax rate, Rapporto Paying Taxes 2013), ancora più elevato per le piccole e medie imprese, una giungla di norme spesso di difficile comprensione, adempimenti così complessi che rendono gli oneri tributari indiretti insostenibili, un sistema di giustizia tributaria lento e dai costi elevati con esiti spesso imprevedibili e contrastanti, un sistema sanzionatorio incapace di rispondere a criteri di proporzionalità. L’auspicio, dunque, è che con i decreti delegati si sia solo iniziato a percorrere, nella giusta direzione, il cammino della semplificazione. Un obiettivo fondamentale che, pur mantenendo invariato il livello complessivo del prelievo, potrebbe costituire una importante risorsa per lo Stato e per i cittadini, facendo realizzare forti risparmi in termini di oneri amministrativi.

Dalla sola dichiarazione precompilata, a regime, sono previsti benefici per oltre un miliardo di euro. Appare quindi poco comprensibile come, in un clima che spinge fortemente verso l’alleggerimento degli adempimenti per i contribuenti, proprio in questi giorni si sia sprecata una prima importante occasione per far esordire gli effetti del “nuovo corso”. L’invio con un modulo già precompilato della dichiarazione sostitutiva unica (Dsu), da trasmettere all’Inps al fine di ottenere il nuovo Isee, avrebbe infatti evitato il caos che stanno vivendo tutti coloro che, già svantaggiati economicamente, cercano di non perdere il diritto all’accesso a servizi sociali quali asili nido, prestazioni socio-assistenziali, mense scolastiche ecc, e sono costretti a rimbalzare, come una pallina del flipper, fra siti web dell’Inps, Caf in rivolta e uffici comunali. La modifica dei parametri del cosiddetto riccometro, dopo oltre 17 anni dal suo varo, risponde alla giusta esigenza di ottenere una fotografia più chiara e aggiornata delle reali condizioni economiche dei cittadini e di riservare il welfare ai soggetti realmente bisognosi. Considerando, però, che la maggior parte dei dati richiesti sono già disponibili nei sistemi informativi, fiscali e contributivi, dell’Amministrazione, si sarebbe potuto pensare di utilizzare il nuovo metodo, inviando una dichiarazione precompilata, con il solo onere per il contribuente di completarne il contenuto inserendo i dati eventualmente sconosciuti al fisco.

Guardando al prossimo futuro un limite del nuovo modello 730 inviato direttamente dalle Entrate è che, almeno sino al 2016, non terrà conto delle spese sanitarie. In questa prima fase, pertanto, si prevede un’alta percentuale, superiore al 70%, di soggetti che saranno costretti ad effettuare integrazioni. Successivamente questa percentuale è destinata a scendere drasticamente, come è anche auspicabile che si possa allargare la platea di soggetti che potranno usufruire di questo servizio. Il modello sono i paesi del nord Europa, la Danimarca su tutti, dove, dopo oltre 25 anni, il 100% dei contribuenti individuali riceve annualmente la propria dichiarazione dei redditi completa di stipendio, interessi, dividendi, capital gain, detrazioni, esenzioni e deduzioni, con una percentuale di richieste d’integrazione scesa sotto il 6%. Anche in Francia si è attuato questo esperimento da circa 10 anni e, pur con risultati molto diversi, si è ormai instaurata una linea di comunicazione diretta con i contribuenti, attivando canali telematici con cui l’Amministrazione è in grado di fornire risposte in tempo reale.

Per creare anche nel nostro Paese i presupposti di un rapporto tra fisco e contribuente diverso, ispirato a principi di trasparenza e di modernità non sono necessarie rivoluzioni o ricette nuove e sorprendenti, occorre solo perseverare sulla strada della semplificazione con serietà, coerenza e determinazione.

Isee, nella lotteria dei parametri rischiano di perdere tutti

Isee, nella lotteria dei parametri rischiano di perdere tutti

Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore

Come uno studente svogliato, che la sera prima dell’interrogazione prova con scarso successo ad affrontare in volata secoli di storia ignorati per mesi, la Pubblica amministrazione italiana sta arrivando splendidamente impreparata all’appuntamento con il nuovo Isee. Qui, però, in gioco non c’è un voto in pagella, ma la possibilità di gestire decentemente l’edilizia popolare nelle città con le periferie infiammate oppure l’assistenza ad anziani e famiglie nei territori schiacciati dalla crisi. Non è certo la prima volta che una riforma arriva con l’affanno all’appuntamento dell’attuazione, ma in questo caso inciampare nell’applicazione pratica delle regole approvate ormai 12 mesi fa sarebbe un peccato grave. L’Isee di seconda generazione ha qualche problema, a partire dall’effetto collaterale dell’Imu che aumenta il valore imponibile della casa di proprietà e si riflette anche sull’indicatore, ma se ben attuata offrirebbe più opportunità che incognite.

Il sistema dei controlli automatici promette di spazzare via la pletora delle autodichiarazioni fantasiose che finora hanno permesso a molti di agguantare prestazioni e servizi a cui non avrebbero avuto diritto. I parametri, raffinati rispetto al passato, provano a offrire un’attenzione più puntuale ai bisogni effettivi delle famiglie, con tutele maggiori quando i figli sono tanti o c’è un portatore di handicap. Tutto il sistema, insomma, nasce per distribuire in modo più efficace i soldi pubblici per il welfare, che certo non aumentano allo stesso ritmo in cui crescono i bisogni.

Proprio quest’ultimo fattore rende indispensabile un surplus di impegno per evitare inciampi. Un po’ di aiuti che si spostano da chi è povero solo sulla carta verso i soggetti davvero in difficoltà sarebbero un’ottima notizia, ma un anziano che perde un sostegno solo perché la sua casa vale per il Fisco il 60% in più sarebbe intollerabile. Eppure il rischio c’è. A renderlo concreto c’è anche il fatto che la rete per lo scambio di informazioni fra le diverse pubbliche amministrazioni sembra ancora piena di buchi e che di conseguenza molti Comuni dovranno applicare “al buio” i nuovi parametri. In questo modo, il passaggio al nuovo Isee rischia di trasformarsi in una lotteria, il cui risultato dipende dall’incrocio più o meno fortuito fra i nuovi criteri di calcolo e le vecchie soglie di accesso ai servizi: una lotteria di cui non hanno bisogno le famiglie in difficoltà né i Comuni, lasciati in prima fila a gestire un problema più grande di loro.

Col 730 a casa meno rimborsi fiscali

Col 730 a casa meno rimborsi fiscali

Antonio Castro – Libero

Una dichiarazione dei redditi semplificata per 20 milioni di contribuenti? Non proprio, visto che – stimano preoccupati commercialisti, consulenti del lavoro, tributaristi e Caf – circa l’85% delle dichiarazioni che l’Agenzia delle Entrate (non) preparerà dovranno essere integrate. E qui salta fuori il dubbio: l’innovazione della dichiarazione precompilata, fortemente voluta dal governo, quest’anno non prevederà tutta una serie di detrazioni e deduzioni che contribuiscono (al 19% delle spese sostenute), ad alleggerire il carico fiscale. Ogni anno (dati relazione Vieri Ceriani sull’Erosione fiscale), ben 14.150mila contribuenti (circa uno su tre dei 40 milioni di contribuenti censiti), portano al commercialista, al consulente o ai Caf spese mediche e sanitarie. Ebbene quest’anno (2015, redditi 2014), queste spese non saranno calcolate dal fisco ai fini di conteggiare l’eventuale detrazione che spetta ad ognuno di noi.

In media ogni anno ciascun italiano – inserendo nella dichiarazione dei redditi scontrini di farmaci, visite mediche e fatture per prestazioni sanitarie – ottiene uno sconto di 166 euro. Un rimborso fiscale esiguo, certo, che però moltiplicato per 14 milioni e rotti di contribuenti fa la bellezza di oltre 2,3 miliardi che l’Erario non in cassa (e che il sostituto d’imposta il luglio successivo deve restituire). Il governo ha spiegato che quest’anno, visto che il 730 precompilato è stato lanciato con cosi poco preavviso, non saranno calcolate le eventuali detrazioni spettanti per spese mediche e sanitarie, spese funerarie e erogazioni a onlus e associazioni benefiche. Il grande fratello fiscale non sarebbe in grado di calcolare l’esatto ammontare delle detrazioni spettanti perché se è vero che conosce dalle farmacie (scontrino elettronico farmaceutico) i nostri acquisti con codice fiscale, non ha invece una banca dati delle altre spese sanitarie. Visite specialistiche, terapie odontoiatriche, presidi medici (occhiali o protesi), non vengono censiti anche se fatturate elettronicamente e quindi l’incrocio telematico di dati non è oggi possibile. Se è vero che la fattura del cardiologo o del dentista non è quasi mai telematica, gli scontrini della farmacia però risultano all’Agenzia, che monitorizza (con Sogei) tramite il codice fiscale l’andamento della spesa, salvo poi tirarsi indietro quando si tratta calcolare e riconoscere automaticamente le detrazioni spettanti (l9% di quanto speso), al contribuente.

Ma c’è dell’altro: l’introduzione della precompilata prevede che il contribuente che accetta, senza modificare o integrazioni, la dichiarazione abbia una sorta di immunità. Insomma, chi accetta quanto scrive l’Agenzia non verrà sottoposto a eventuali controlli e accertamenti ex post. Chi invece volesse integrare la dichiarazione rientrerà nel potenziale bacino dei controlli automatici. Se invece si accetterà la dichiarazione ma si apporteranno delle modifiche «che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta, il contribuente non beneficierà dell’esclusione dai controlli». Tradotto: se si accetta per buono la dichiarazione delle Entrate, si ha “l’immunità fiscale”. Se invece si integra, magari chiedendo la detrazione del 19% delle spese me- diche sostenute, il fisco continuerà a controllare. Considerando il rimborso fiscale medio – 166 euro, stimato dal ministero dell’Economia – c’è da chiedersi quanti saranno gli italiani che per pochi spiccioli rinunceranno a chiedere il rimborso pur di evitare di finire nel calderone dei controlli postumi.

Ogni anno l’Agenzia delle Entrate invia ben 900mila richieste di chiarimento in merito alle dichiarazioni dei redditi consegnate da altrettanti contribuenti. La precompilata dovrebbe servire per abbattere questo carteggio. O meglio: le richieste di chiarimento giungerebbero solo ai professionisti e ai Centri di assistenza fiscale. Ma nel caso in cui non si accettasse la dichiarazione compilata dal fisco, allora resterebbe valida la facoltà di controllo. Sorge il sospetto che escludere l’automatismo di calcolo per le spese mediche (così come per quelle funebri, le donazioni o le spese di istruzione), e introducendo contestualmente “l’immunità dai controlli” per chi accetta passivamente la dichiarazione preparata dall’Agenzia delle Entrate, sia un modo per contenere e ridurre le richieste di rimborso, vista anche l’esiguità degli importi. E così lo Stato eviterebbe di restituire – nel luglio dell’anno successivo – le eventuali maggiorazioni d’imposta già pagate. Il vantaggio per le casse dello Stato sarebbe più che simbolico. Milioni di contribuenti che non reclamano rimborsi si traducono in miliardi di maggiore disponibilità per il bilancio pubblico. Non è proprio un taglio delle detrazioni vigenti – come ipotizzato già nel 2013 – ma gli assomiglia molto…