Nelle partecipate pubbliche più poltrone che dipendenti

di Antonio Spampinato

Una società gestita da Comuni e Regioni su tre ha più componenti del consiglio di amministrazione che lavoratori. Una su 5 è in perdita. Gli sprechi degli enti locali. Nelle partecipate pubbliche il poltronificio è sempre aperto. L’apposito ufficio dedicato a distribuire posti di lavoro ben pagati, preferibilmente da assegnare agli amici degli amici, non conosce Natale o Ferragosto. La particolarità, rispetto ai navigator pentastellati, sta nel fatto che vengono ricercati soprattutto alti profili da stipare all’interno dei consigli di amministrazione. D’altra parte, chi ha o avuto un trascorso politico, ha o avuto a che fare con un partito, sia esso di governo o di opposizione, nazionale o locale, può mai fare l’impiegato?

A leggere l’analisi del Centro studi ImpresaLavoro diffusa ieri, vengono i brividi. Degli attuali 5.776 Enti a partecipazione pubblica, quasi un terzo (1.798)ha un numero di dipendenti inferiori ai membri del proprio cda mentre più di due terzi (4.052) operano con meno di 20 dipendenti. Immaginiamo la tempesta di cervelli che al termine di esagitati consigli di amministrazione consegna strategie e piani d’azione ai quattro gatti presenti negli uffici. E magari anche una sacrosanta spending review: non più di una biro e un block notes a testa, totale quattro.

LO SPRECO Il tema dello spreco di denaro pubblico che finisce nell’idrovora delle partecipate è annoso e già Carlo Cottarelli, commissario alla spending review ai tempi del Governo Renzi, aveva provato a porvi rimedio proponendo tagli agli stipendi dei consiglieri di amministrazione, una riduzione delle poltrone e del numero degli Enti: da 8mila a mille. Qualcosa si è fatto ma la notizia più rilevante è stata la cacciata di Mani di Forbice. Un decreto di Marianna Madia, ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione sempre del governo Renzi, ha voluto recepire l’indirizzo impostato da Cottarelli. L’obiettivo era quello di rivoltare come un calzino le regole per quasi tutte le controllate dello Stato e della pubblica amministrazione, soprattutto locale, riguardo la trasparenza dei bilanci e gli obiettivi di redditività, oltre a bloccare le assunzioni e portare, anche lei, a 1.000 il numero degli Enti.

Oggi, come detto, le partecipate sono quasi seimila e, per quanto infine riguarda il loro fatturato, 2.272 Enti hanno un valore della produzione inferiore a 500mila euro. Di questi, sottolinea l’elaborazione di ImpresaLavoro su dati 2016 della Corte dei Conti, ben 1.198 risultano in perdita.

LE REGIONI Quando si tratta di raccattare poltrone, non solo l’Italia è saldamente unita, ma è proprio il ricco Settentrione a sentire l’esigenza di mantenere un rapporto stretto stretto con la pubblica amministrazione. Secondo i dati della Corte dei Conti infatti è nel Nord Ovest che si concentra il maggior numero di organismi partecipati dagli Enti (il 29,55% del totale), seguiti da quelli collocati nel Nord Est (il 28,96%). Al Centro (20,64%), al Sud e nelle isole (rispettivamente 14,46% e 6,27%), dove c’è meno ricchezza da spartire, la presenza è inferiore.

La Lombardia è la Regione dove si concentra la maggior parte delle partecipate (16,7% del totale), segue l’Emilia Romagna (9,6%), la Toscana (9,5%) e il Veneto (9%). Sepolte dai debiti, 104,4 miliardi, le partecipate meno virtuose hanno sede sempre al Nord (74%). Al primo posto si trova ancora la Lombardia(26,52 miliardi), seguono il Friuli (12,71 miliardi) e il Lazio (11,28 miliardi).