Per l’Europa il tempo di una svolta è adesso
Guido Gentili – Il Sole 24 Ore
Dire che l’Europa è sull’orlo del collasso è dire poco. Più realisticamente si potrebbe notare che nel collasso si è già auto-catapultata da anni, a cominciare dagli errori di gestione sul caso-Grecia. O, forse, bisognerebbe ammettere che la scommessa di partire da un’unione monetaria per arrivare a quella politica, cioè il contrario esatto di quello che storia, economia e logica suggerivano, è perdente e presenta il suo conto tremendo.
Fatto è che dopo lo “strappo” sul bilancio della seconda economia dell’eurozona, la Francia, hanno parlato la terza (cioè l’Italia) e la prima (la Germania). «Io sto con Hollande, noi rispetteremo il vincolo del 3% ma Parigi ha ragione», ha detto il premier Renzi in trasferta a Londra dove ha saldato un nuovo asse anti-austerity con la Gran Bretagna di David Cameron, paese che è fuori dall’eurozona. «Dovete fare i compiti e rispettare gli impegni», ha tagliato corto la Cancelliera tedesca Angela Merkel rivolta a Parigi e Roma. «Non ci tratti da scolari», ha risposto Renzi. Ecco, questa è oggi l’Europa. Non bastasse, da Napoli è arrivata la conferma, via Bce, che la politica monetaria, nell’eurozona dei maestri e degli studenti discoli, non può fare da supplente e risolvere problemi che non sono alla sua portata, come più volte ricordato da Mario Draghi. I mercati hanno preso atto, Milano è caduta a picco.
Delle due l’una. O l’Europa, Berlino in testa, mette in campo una nuova politica economica che a partire dagli investimenti necessari e da una riconsiderazione delle regole di governance sia capace di ribaltare le prospettive dell’economia reale o collassa definitivamente. Mercoledì 8 ottobre si terrà a Milano il vertice europeo sul lavoro. Siamo nel semestre di presidenza europea a guida italiana, cioè della coppia Renzi-Padoan, sul quale erano state costruite, sbagliando, aspettative di successo enormi. Il minimo che si possa fare ora è lavorare per una sterzata, chiara nei modi, nei tempi e nelle risorse, a favore della crescita. Il minimo, che è poi la vera enormità, per non condannarsi al crac, nell’interesse dell’Europa e anche del nostro.