Per risparmiare non serve il commissario

Francesco Forte – Il Giornale

Le dimissioni annunciate di Carlo Cottarelli e pubblicizzate da autorevoli quotidiani non credo creeranno grandi problemi a Renzi. Il compito affidato al commissario era estraneo al suo curriculum di esperto di alto livello di Economia monetaria. Il governo Letta aveva inventato questo incarico privo di precedenti per dilazionare la riduzione selettiva delle spese. Non era in grado di farla perché non voleva toccare le oltre 8mila tra aziende ed enti pubblici in buona parte in perdita o senza utili, in cui i sindacato contano moltissimo, anche perché portano voti per vincere le elezioni. Il governo letta non aveva chiamato a questo compito inedito, che spetterebbe ai ministeri, né un esperto di bilanci e di spese dello Stato, come alla Corte dei Conti, né un economista che avesse vissuto in Italia almeno negli ultimi dieci anni bensì Carlo Cottarelli, che aveva lasciato Bankitalia nel 1988 dopo 10 mesi all’Eni. È di alta caratura ma in un campo diverso, ed è prossimo alla pensione al Fmi. E gli poteva far piacere tornare in Italia. La tesi allora corrente era che non bisognava fare i “tagli lineari” delle spese o degli esoneri fiscali regalati a gruppi di interesse influenti ma uno sfoltimento selettivo di spese chiamata spending review, non “rassegna delle spese” perché il latino è stato sostituito dall’inglese quando si vuole incantare il pubblico.

Cottarelli, a quanto risulta, non ha proposto tagli selettivi negli 8mila enti e imprese. Si è focalizzato su sanità e pensioni, suggerendo per la sanità dei tagli mentre si tratta di adottare i costi standard, procedura che richiede tempo e compete agli specialisti del settore. Per le pensioni ha avuto l’idea di modificare la legge vigente, toccando a quanto pare le pensioni già maturate, il che è contrario ai princìpi dello Stato di diritto. La questione degli “esodati”, invece, sarebbe suscettibile di una analisi selettiva, per accertare quanti contratti di pensionamento anticipato andrebbero annullati perché fatti mente la nuova legge Fornero sulle pensioni veniva approvata e si voleva creare un artificioso diritto a una deroga. Anche le pensioni di invalidità ed altri benefici previdenziali sono suscettibili di “analisi delle spese”. E così pure gli investimenti pubblici in edifici che i governi possono acquistare in leasing con le spese correnti e quelli per cui si potrebbe fare un contratto misto pubblico-privato. La spesa di investimento finanziata dal governo può essere eliminata quotando in Borsa l’impresa pubblica.

Se Cottarelli ha dei dossier sul taglio delle spese oltre a quelle di 7 miliardi giù presentate al governo è bene che lo faccia sapere prima. È agli italiani e agli organi democratici che deve spiegare le sue dimissioni, non è una questione riservata su cui si possa mettere il segreto di Stato. Per ridurre le spese senza bisogno di un alto commissario, il governo può riprendere la spending review del professor Giavazzi, rimasta nel cassetto perché non gradita al Pd e al capitalismo assistito. E può chiedere il sostegno del centrodestra alla riduzione spese su cui Cottarelli dice che c’è un veto della maggioranza attuale. Una riforma del mercato del lavoro fatta dando piena validità dei contratti aziendali e col ritorno alla legge Biagi consentirebbe più crescita, quindi più gettiti con minori tasse.