Prima i tagli fiscali, poi quelli alla spesa

Jean Pisani-Ferry – Il Sole 24 Ore

Mentre l’eurozona discute di come sfuggire alla trappola della stagnazione, c’è una domanda che sta diventando sempre più importante: i governi saranno in grado di ridurre in modo credibile la spesa pubblica in futuro evitando tagli immediati? Per fortuna la risposta è senz’altro affermativa: i modi per garantire che un accomodamento fiscale venga poi seguito da un consolidamento ci sono sempre. La crescita e l’inflazione nell’eurozona continuano a essere troppo deboli. Il quadro che la Bce ha fatto di recente è avvilente e il presidente della Bce Mario Draghi ha ammesso chiaramente che i rischi permangono. È il tipo di situazione in cui la politica fiscale dovrebbe venire in aiuto.

In un recente articolo Francesco Giavazzi e Guido Tabellini dell’Università Bocconi hanno proposto tagli fiscali permanenti seguiti da tagli graduali alla spesa. Se accompagnato da riforme pro-crescita dei prodotti e dei mercati del lavoro, un programma del genere potrebbe generare vantaggi a lungo termine sul fronte dell’offerta (grazie a una pressione fiscale minore) e uno stimolo temporaneo alla domanda che contribuirebbe a rilanciare la crescita dell’eurozona. Ci sono due obiezioni a questo approccio. La prima è che un’azione del genere violerebbe i requisiti stabiliti dal fiscal compact dell’Ue. Cosa che non è del tutto vera. Dei diciotto membri dell’eurozona, dieci non hanno più deficit considerati eccessivi e anche per quelli sotto stretta sorveglianza, come Francia e Spagna, esistono delle clausole scappatoia: in caso di “un prolungato periodo di bassissima crescita annua del Pil” l’Ue può concedere un’esenzione dall’aggiustamento annuale previsto. La seconda obiezione è che i governi non riusciranno a mantenere le loro promesse. Per rispondere a Giavazzi e Tabellini, Roberto Perotti (sempre della Bocconi) ha osservato che la strategia graduale non sarebbe semplicemente credibile. I tagli alla spesa sono decisioni politiche difficili e i governi non possono impegnarsi ad adottarle con certezza, perciò Perotti dice che la combinazione “tagli fiscali adesso e alla spesa poi” comporterebbe un rischio morale enorme. Perotti non ha torto. Il commissario italiano per la spending review, Carlo Cottarelli, ha notato di recente che ancora prima di essere attuati, i tagli alla spesa venivano utilizzati per finanziare nuove spese. L’economia politica della riforma della spesa pubblica è delicata e i programmi macroeconomici ben congeniati rischiano di venire strumentalizzati da politiche elettorali.

Tuttavia una soluzione a questo problema c’è: i governi e i parlamenti possono procrastinare l’azione senza ritardare le decisioni. Nulla impedisce loro di decidere adesso che le pensioni verranno ridotte nel giro di tre anni o che un dato sussidio industriale non ci sarà più a partire dal primo gennaio 2017. Se i parlamenti vogliono legarsi le mani da soli, possono farlo semplicemente varando una legge. Inoltre, l’Europa ha gli strumenti per verificare che gli impegni presi mantengano il loro valore sul lungo periodo. Una strategia “tagli fiscali adesso e alla spesa poi” è dunque praticabile. Anche se sarebbe impegnativa da realizzare e far osservare, potrebbe essere credibile ed essere compatibile con la responsabilità fiscale se venisse accompagnata da forti meccanismi vincolanti a livello nazionale ed europeo. Naturalmente non tutti pensano che questa strategia, per quanto possibile, sia auspicabile, ma questa è un’altra storia.