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Selezionare gli obiettivi per combattere la burocrazia

Selezionare gli obiettivi per combattere la burocrazia

Carmine Fotina – Il Sole 24 Ore

Poche idee ma chiare. Spesso, per quanto apparentemente banale, questa può rivelarsi la formula di maggior successo nelle policy per il supporto all’economia reale. E mai come su un argomento come quello degli investimenti esteri questa regola aurea torna limpidamente attuale. In questo campo abbiamo assistito a più di qualche errore e a un difetto generale di scarso coordinamento: troppi attori in campo e spesso tra loro concorrenti nelle decisioni. Come non pensare, a questo proposito, a grandi investimenti coccolati da membri del governo – senza distinzione tra esecutivi o schieramenti politici – nella fase di negoziazione e sgambettati nella fase decisiva da un veto locale o, peggio ancora, da un repentino cambiamento delle normative statali.

I marchi di British Gas, Ikea, Decathlon sono solo alcuni che potremmo consultare nel catalogo dei grandi investimenti bloccati, frenati o comunque rallentati dalle brutte sorprese che si sono via via manifestate nella disavventura con la burocrazia made in Italy. A tutt’altro catalogo – quello delle opportunità da presentare ai grandi fondi stranieri – si lavora ora tra Palazzo Chigi, ministero dell’Economia, ministero dello Sviluppo e ministero degli Affari esteri. La prima mossa sembra essere quella di tutelare le regole che hanno determinato la scelta dell’Italia per un grande investimento. In altre parole minimizzare i rischi regolatori che, secondo uno studio condotto dalla Camera di commercio italo-americana, frenano soprattutto gli investimenti nell’industria chimica e farmaceutica, nel settore energetico e nei servizi finanziari.

Numeri alla mano, a prescindere dalla graduatoria che scegliamo di analizzare, l’Italia è chiamata a un recupero molto impegnativo. Al 65esimo posto per il Doing Business, al 146esimo secondo il World economic forum che analizza il peso della regolamentazione assumendo come benchmark Singapore. Troppo spesso, per un Paese ad alta capacità manifatturiera e turistica, nell’ipertroia regolatoria a restare incastrati sono capitali di provenienza estera. Secondo uno studio I-Com, su oltre 33 miliardi di grandi investimenti sul territorio italiano oltre la metà è a carico di investitori stranieri, ma il 21% (quasi 7 miliardi di euro) risulta attualmente completamente arenato per ragioni amministrative. Tutti dati ed elementi ben noti a Renzi e ai suoi collaboratori, ora dall’analisi si dovrà passare ai risultati concreti.

Legge concorrenza ancora in stand by: le lobby frenano

Legge concorrenza ancora in stand by: le lobby frenano

Carmine Fotina – Il Sole 24 Ore

Una legge attesa dal 2009 è ancora ferma ai box. Per la presentazione del provvedimento annuale sulla concorrenza, un obbligo che ricade sul governo fin dalla legge sviluppo 99/2009, non si possono presumere date senza rischiare di essere smentiti. Si sa di certo, però, che le lobby sono partite all’attacco già al solo comparire delle primissime bozze frutto del lavoro dei tecnici dei vari ministeri. Ormai da qualche mese un susseguirsi di dichiarazioni allarmate e proteste preventive arrivate ufficiosamente sui tavoli dell’esecutivo sta accompagnando silenziosamente – e probabilmente frenando – la stesura del disegno di legge. Gestori di carburanti, carrozzieri, avvocati, notai, farmacisti sono solo alcune delle categorie che potrebbero essere interessate dalla legge e le cui reazioni sono particolarmente considerate o in alcuni casi temute dall’esecutivo. Le bozze del testo, coordinato dal ministero dello Sviluppo economico, recepiscono molte delle indicazioni contenute nell’ultima relazione inviata dall’Antitrust a governo e Parlamento.

Messi insieme, se arrivassero al Consiglio dei ministri indenni di fronte alle pressioni delle lobby e superassero senza ripercussioni l’iter parlamentare, gli interventi di liberalizzazione dei mercati potrebbero rappresentare un pacchetto significativo perl a competitività favorendo anche l’afflusso di investimenti dall’estero. Nei giorni scorsi un gruppo di 9 senatori del Pd – il partito del premier – ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere una rapida redazione della legge, citando anche i richiami della Ue. In particolare, a giugno, nel documento di valutazione del Programma nazionale di riforma (Pnr) e del programma di stabilità 2014 dell’Italia, la Commissione europea, ricordando che il Pnr prevedeva l’adozione della legge annuale entro il settembre 2014, definiva il provvedimento «un importante passo avanti» che avrebbe messo «inoltre in moto un meccanismo positivo per il futuro».

Il lavoro tecnico procede. Ma per ora il governo sembra intenzionato a tenere un profilo basso, per non pubblicizzare troppo le misure e non accendere ulteriormente gli animi delle categorie interessate. Non si puo escludere dunque che, passata l’emergenza della legge di Stabilità, il disegno di legge venga varato a “sorpresa” da Palazzo Chigi. Sulla carta gli interventi esaminati, anche alla luce di segnalazioni di Authority diverse dall’Antitrust, coinvolgerebbero una ventina di settori. Ampio spazio viene dato all’Rc auto, con l’obiettivo di recuperare le norme di un precedente disegno di legge rimasto impantanato ma va fronteggiata l’opposizione dei carrozzieri alle nuove norme sui risarcimenti.I gestori dei carburanti frenano su misure per la liberalizzazione delle forme contrattuali che contrastino con il tavolo di lavoro avviato giada tempo con il ministero. Troppo «dirompente» poi, secondo ambienti di governo, l’idea pur valutata di trasformare l`attuale numero massimo di farmacie in numero minimo.

Delicatissimo anche il capitolo sulle professioni. Esaminato un pacchetto di ipotesi per aumentare la concorrenza tra i notai, anche con la previsione che ad ogni posto notarile corrisponda non «una popolazione di almeno 7mila abitanti» ma «una popolazione al massimo di 7mila abitanti». Ma l’esecutivo, nei documenti interni, non nasconde «la probabile opposizione dei notai», ipotizzando come alternativa un’autorizzazione agli avvocati perché svolgano compiti oggi riservati ai notai. Un altro tipo di considerazioni, invece, impatta sulla possibile deregulation nel settore postale (ad esempio con l’eliminazione della riserva postale sulle notifiche degli atti giudiziari). In questo caso, nelle valutazioni ministeriali, sono finiti i possibili «effetti e la compatibilità con l’operazione di privatizzazione» delle Poste.

Imprese, incentivi a ricerca e brevetti

Imprese, incentivi a ricerca e brevetti

Carmine Fotina – Il Sole 24 Ore

Innovazione come capitolo centrale. Nel pacchetto sviluppo che il governo intende varare con la legge di stabilità il tema della ricerca gioca un ruolo chiave, sia con il recupero del credito d’imposta per gli investimenti sia con la norma che dovrebbe incentivare fiscalmente le spese in brevetti. Nelle ultime settimane si sono susseguite riunioni tecniche tra il ministero dello Sviluppo economico e il ministero dell’Economia, con il primo a proporre misure di politica industriale e il secondo a fare i conti sulle coperture. Due miliardi e mezzo: questa la cifra ritenuta dallo Sviluppo indispensabile per rendere almeno semi strutturale il credito d’imposta per la ricerca con una dote da 500 milioni annui per cinque anni. La copertura, dopo il flop della precedente versione della norma (i fondi della programmazione Ue 2014-2020 previsti dal Dl Destinazione Italia), stavolta dovrebbe essere a portata di mano, magari sacrificando in parte l’entità del beneficio in termini di percentuale di credito d’imposta.

L’innovazione è in buona parte anche il filo conduttore di quello che dovrebbe costituire un decreto “crescita” collegato alla legge di stabilità. Il provvedimento allo studio conterrà le prime misure che in queste settimane sono state elaborate dal gruppo di lavoro sull’«Industrial compact» coordinato dallo Sviluppo economico, da integrare con alcune proposte più direttamente mirate alla finanza d’impresa. Nel pacchetto dell’«Industrial compact» spicca il «patent box», una defiscalizzazione al 50 per cento dei redditi derivanti da beni riconducibili alla proprietà intellettuale. Anche in questo caso bisognerà fare attenzione alle esigenze di copertura e si valuta, a questo scopo, se limitare la platea delle spese ammissibili ai soli brevetti o estenderla anche a marchi e opere d’ingegno. A completare il pacchetto dovrebbe esserci l’estensione del piano startup. In particolare, si studia un ampliamento della categoria di imprese che possono essere interessate dagli incentivi fiscali per gli investitori. Sempre il Dl collegato alla stabilità dovrebbe fare da cornice a un nuovo intervento a favore dei canali alternativi al credito bancario, come minibond e fondi di credito. Si valuta inoltre l’estensione ad assicurazioni e società di cartolarizzazioni della possibilità di beneficiare del Fondo centrale di garanzia.

Non rappresenterebbe una sorpresa il rifinanziamento della nuova legge Sabatini, più volte annunciato. L’obiettivo è quello di raddoppiare il plafond della Cassa depositi e prestiti destinato a finanziamenti agevolati per l’acquisto o il leasing di beni strumentali. La Cdp potrebbe mettere a disposizione ulteriori 2,5 miliardi ma anche in questo caso è possibile che si restringa il raggio d’azione della misura, forse attraverso l’innalzamento dell’importo unitario minimo dei beni acquistabili. Tra i capitoli aperti, ancora in fase di lavorazione, anche la spinta allo sviluppo dimensionale delle Pmi. L’obiettivo dovrebbe essere favorire lo sviluppo di filiere e la crescita del taglio medio delle aziende mediante facilitazioni fiscali alle aggregazioni.

Debiti PA, si riapre la compensazione

Debiti PA, si riapre la compensazione

Carmine Fotina – Il Sole 24 Ore

Si aggiunge un nuovo tassello all’operazione pagamenti della Pa. Stavolta a intervenire è un decreto attuativo atteso ormai da diversi mesi: era previsto dal decreto legge Destinazione Italia del dicembre 2013. Il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi ha infatti controfirmato nei giorni scorsi il decreto del ministero dell’Economia che sblocca per il 2014 la compensazione di cartelle esattoriali, ovvero gli atti di accertamento, a favore di imprese titolari di crediti commerciali nei confronti di tutte le Pubbliche amministrazioni. La compensazione sarà possibile per cartelle esattoriali notificate fino al 31 marzo 2014. Si riapre, in sostanza, una possibilità che era stata riattualizzata dal decreto 35/2013 del governo Monti, ma con un preciso limite temporale: solo per cartelle notificate entro il 31 dicembre 2012.

Il decreto Padoan-Guidi consente ora la compensazione, «nell’anno 2014, delle cartelle esattoriali notificate entro il 31 marzo 2014, in favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali» maturati nei confronti della Pa. Ci sono alcune condizioni da rispettare, ovvero i crediti devono essere certificati e la somma iscritta a ruolo deve essere inferiore o pari al credito vantato. I crediti che hanno queste caratteristiche possono essere portati in compensazione secondo le modalità previste da precedenti decreti ministeriali del 2012. In sostanza, il titolare del credito, acquisita la certificazione, la presenta all’agente della riscossione competente. Se la regione, l’ente locale o l’ente del Servizio sanitario nazionale non versa all’agente della riscossione l’importo oggetto della certificazione entro 60 giorni dal termine indicato, l’agente può procedere, sulla base del ruolo emesso, alla riscossione coattiva nei confronti dell’ente.

Sul tema della compensazione restano in campo anche altre proposte, spesso di complessa praticabilità. Dalla compensazione universale – per tutte le tipologie di debiti con la Pa senza distinzioni – (un’idea da sempre sostenuta da Rete Imprese), alla recente proposta di legge Ncd portata avanti da Nunzia De Girolamo. In quest’ultimo caso (l’esame in Aula della Camera non è stato ancora fissato) si punta a corrispondere all’imprenditore il 50% di quanto dovuto dall’amministrazione pubblica a fronte dell’impegno di chiedere la rateizzazione del debito fiscale. Superata questa procedura verrebbe liquidato l’altro 50%.

Pagamenti a quota 31 miliardi

Pagamenti a quota 31 miliardi

Carmine Fotina – Il Sole 24 Ore

L’obiettivo di pagare tutti i debiti della Pa entro il 21 settembre, il fatidico giorno di San Matteo, non è stato centrato. Lo confermano gli ultimi dati pubblicati ieri dal ministero dell’Economia, sebbene si sottolinei come l’ammontare accumulato a fine 2013 sia inferiore alle precedenti stime (50 miliardi anziché i 60 miliardi più volte citati) e nonostante si ricordi che le imprese possono cedere i loro crediti alle banche secondo le regole del decreto 66/2014.

I numeri, alla fine, dicono che su poco meno di 57 miliardi stanziati sono stati erogati 38,4 miliardi agli enti debitori e di questi solo 31,3 miliardi sono finiti nelle casse dei creditori (il 55% delle risorse effettivamente disponibili). In particolare, 17,9 miliardi sono stati pagati ad imprese e professionisti che vantavano crediti nei confronti di Regioni e Province autonome; 7,7 miliardi sono andati a fornitori di Province e Comuni e 5,7 miliardi a quelli dello Stato (ma in questo caso, per 5,2 miliardi , si parla di rimborsi fiscali e non di crediti commerciali).

Il Mef mette comunque in evidenza il forte incremento dell’erogazione (+27%) e dei pagamenti (+20%) rispetto alla precedente rilevazione del 21 luglio scorso e ridimensiona l’intero fenomeno. Limitandosi al debito “patologico”, dunque scaduto e non oggetto di contenzioso, la massa da aggredire si ridurrebbe a 50 miliardi e dunque «le risorse fin qui stanziate sembrano essere più che sufficienti». È vero, ammette il Mef, che non è stato già pagato l’intero importo stanziato ma le ragioni vanno ricercate a livello locale. Molti Comuni hanno rallentato la richiesta di risorse perché hanno smaltito la gran parte degli arretrati mentre le Regioni sono fermate dal patto di stabilità interno, hanno problemi di contabilizzazione nei bilanci o non riescono a predisporre piani di pagamento dettagliati. Tra settembre e novembre, comunque, dovrebbero essere erogati dal Tesoro agli enti debitori altri 9 miliardi.

Un’analisi completa dell’argomento pagamenti della Pa richiede però una distinzione tra spese correnti e spese in conto capitale. Mentre sulle prime il governo può procedere senza remore, nel secondo caso – relativo agli investimenti – restano grosse criticità per il rischio di sforare i vincoli dell’indebitamento netto (per il governo sarebbero incagliati solo 2-3 miliardi, per i costruttori dell’Ance le cifre sarebbero sensibilmente superiori). E non è l’unico aspetto meritevole di approfondimento. Dal mondo sanitario, altro grande universo dei creditori della Pa, giungono diverse obiezioni. Assobiomedica sottolinea che, su oltre 3 miliardi di scoperto, 1,4 miliardi «non possono essere restituiti perché i debiti delle Regioni commissariate sono esclusi dal sistema di certificazione del ministero dell’Economia».

Il punto di soddisfazione reciproca, tra governo e imprese, appare dunque ancora lontano. Continuano ad esempio le segnalazioni su ritardi di pagamento relativi ai nuovi contratti. Su questo punto però il governo rilancia, promettendo «la riduzione generalizzata a 30 giorni» grazie all’introduzione della fatturazione elettronica e alle nuove regole di contabilità per le pubbliche amministrazioni.

Pagamenti PA a quota 30 miliardi

Pagamenti PA a quota 30 miliardi

Carmine Fotina – Il Sole 24 Ore

Due settimane esatte al giorno di San Matteo. Si avvicina la scadenza fissata da Matteo Renzi, il 21 settembre, per smaltire la totalità dei debiti della Pa, un impegno assunto dal premier come una “scommessa” personale sei mesi fa nel corso di una puntata di Porta a Porta. Conclusa la pausa estiva, si può ora fare un bilancio generale in vista dell’ambizioso obiettivo: sia lo stato dell’arte dei pagamenti sia quello delle norme applicative risultano ancora incompleti e occorrerebbe un formidabile sforzo da sprinter per chiudere in tempo tutte le partite aperte. Al ministero dell’Economia non si fanno drammi, però, anche perché, si sottolinea, tutti i meccanismi messi in campo sono ormai funzionanti e le richieste di certificazione avanzate dalle imprese per cedere i crediti alle banche si stanno mantenendo anche al di sotto delle disponibilità. Entro due settimane si farà di nuovo il punto con tutte le parti che hanno sottoscritto a luglio un protocollo di impegni – enti debitori, banche, imprese, Cdp – e in quella sede si conta di dare una sterzata decisiva per superare l’attuale risultato: siamo intorno ai 30 miliardi già pagati ai creditori.

Le risorse pagate
Dai 90 miliardi di debiti commerciali stimati da Banca d’Italia a fine 2012 si è passati ai 75 miliardi dell’ultima relazione di via Nazionale, cifra che tuttavia includerebbe anche debiti non ancora scaduti e un’ampia zona grigia costituita dai debiti fuori bilancio e da quelli oggetto di contenzioso. Più realisticamente, secondo le valutazioni del Tesoro, la cifra da “aggredire” si avvicina ai 60 miliardi. Sommando i tre decreti che hanno stanziato risorse per i pagamenti, complessivamente sono stati messi a disposizione 56,8 miliardi dei quali 6,5 destinati a rimborsi di imposta. In attesa del prossimo dato ufficiale, l’ammontare dei debiti pagati era, al 21 luglio scorso, pari a 26,1 miliardi a fronte di 30,1 miliardi già distribuiti alle Pa perché paghino i loro debiti. La maggioranza dei crediti incassati riguarda spese di parte corrente, 7,5 miliardi sono andati invece a coprire debiti di parte capitale (spese per investimenti) e 2,5 miliardi sono stati impiegati per i rimborsi di imposta. Nel frattempo, però, secondo prime valutazioni dei tecnici, gli enti debitori avrebbero girato quasi tutte le risorse e alle imprese dunque sarebbero già affluiti circa 30 miliardi.

La cessione dei crediti
Con il recente Dl 66/2014 sono state varate misure per facilitare la cessione dei crediti certificati (solo di parte corrente) mediante la garanzia dello Stato. La Cdp, che può intervenire in ultima istanza rilevando a sua volta i crediti dalle banche, ha messo a disposizione un plafond di 10 miliardi e, al 4 settembre, con un trend in rallentamento negli ultimi 10 giorni, sono state presentate 55.684 istanze di certificazione da parte delle imprese per circa 6 miliardi. Per trasmettere la domanda di certificazione, le imprese che non lo hanno ancora fatto hanno tempo fino al 31 ottobre 2014, dunque in ogni caso oltre la scadenza del 21 settembre. E ad ogni modo, l’invio delle istanze non esaurisce l’iter in quanto le Pa debitrici hanno a loro volta ulteriori 30 giorni di tempo per certificare o fornire, in alternativa, un rifiuto accompagnato da «puntuale motivazione». Secondo prime indicazioni raccolte sul campo, non sarebbero pochi i casi di amministrazioni che stanno opponendo un diniego, più o meno ben motivato, alle imprese richiedenti. Resta intanto irrisolta la questione delle spese in conto capitale. Il pagamento di spese per investimenti (ulteriore rispetto ai 7,5 miliardi già liquidati) è infatti frenato dall’impatto che determinerebbe sul deficit e molto probabilmente bisognerà aspettare la legge di stabilità per verificare possibili coperture.

L’attuazione
Fin qui i freddi numeri. Passando all’attuazione normativa, in base alla tabella pubblicata sul sito del ministero, al momento è stato concluso l’iter di 8 provvedimenti su 14 previsti dal Dl 66. Il fondamentale decreto con le modalità per far scattare la garanzia statale sui crediti ceduti risulta «in registrazione alla Corte dei Conti». Nel frattempo, al Mef si studiano nuovi meccanismi di controllo dei tempi medi dei nuovi pagamenti, per evitare che – smaltiti gli arretrati storici – se ne formino di nuovi: in arrivo sanzioni severe per gli enti ritardatari.  

Crescono le aziende esportatrici in Italia: performance superiori a Francia e Spagna

Crescono le aziende esportatrici in Italia: performance superiori a Francia e Spagna

Carmine Fotina – Il Sole 24 Ore

A piccoli passa avanza il plotone degli esportatori italiani. L’annuario Istat-Ice 2014, presentato ieri, segnala un aumento dell’1,3% degli operatori all’esportazione nel 2013, incluse le semplici partite Iva. Cresce dunque la propensione a tentare la strada dei mercati internazionali, complice anche la stagnazione della domanda interna.

In tutto siamo a 211.756 operatori, numero che il governo punta ora a incrementare con il piano straordinario per il made in Italy che potrebbe approdare già al consiglio dei ministri di domani, agganciato al decreto sblocca-Italia (si veda altro articolo in pagina).
L’analisi del presidente Istat, Giorgio Alleva, mostra ancora un certo grado di frammentazione a testimonianza di un’avanguardia a cui si deve buona parte delle performance del nostro export. Questa caratteristica diventa più evidente in termini di redditività, crescente al crescere dell’apertura internazionale dell’impresa: dal 18,7% delle non esportatrici si passa al 22,9% per quelle che esportano meno del 5% della produzione fino a un massimo del 31,3% per le unità che vendono all’estero oltre l’80% della produzione. Per il viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, il lavoro che il governo deve portare a termine è soprattutto finalizzato a trasformare in esportatori stabili le imprese che hanno maggiori potenzialità. Sono 10-15mila le imprese più integrate sui mercati esteri, 30mila quella in posizione intermedia e «70mila che esportano in modo saltuario: è proprio su quest’ultime che dobbiamo lavorare».

I nuovi esportatori si troveranno a competere in uno scenario con diversi elementi instabili ma comunque ancora con ottime prospettive per il made in Italy. Nel 2013 le esportazioni di merci dell’Italia sono rimaste all’incirca stazionarie (-0,1%) mentre sono aumentate dell’1,4% quelle di servizi. L’avanzo commerciale è notevolmente aumentato, passando da 9,9 a 30,4 miliardi – anche per effetto del calo delle importazioni –: il dato più elevato dell’ultimo decennio.

Venendo alle tendenze recenti, il dato cumulato dei primi cinque mesi del 2014 rispetto allo stesso periodo del 2013 mostra un aumento dell’export italiano dell’1,3% ma con un’ampia divaricazione per aree (+4,1% verso la Ue, -2% verso l’extra Ue). Da notare come il contributo alla crescita dell’export totale da parte degli operatori con processi di export più collaudati sia in ulteriore crescita, al 3,1%, dopo il 2,1% del 2013 e il 2,5% del 2012.
E sale, anche se si parla di decimali, la competitività generale del Paese, sottolinea il presidente dell’Ice Riccardo Monti. Nel 2013 la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali è passata dal 2,74 al 2,79% a fronte di un aumento più risicato della Germania e di una crescita zero della Francia. «Rispetto agli altri concorrenti dell’area euro – osserva Monti – le esportazioni hanno guadagnato quota soprattutto nella farmaceutica, nella pelletteria, nei mobili e nei macchinari». Lo spaccato per aree geografiche, invece, vede miglioramenti in Medio Oriente e Nord Africa, ma anche in aree tradizionali come il Nordamerica e l’Asia orientale. L’aumento sebbene limitato delle quote – mette in evidenza il presidente dell’Ice – è particolarmente significativo perché conseguito malgrado l’andamento sfavorevole dei cambi e il limitato accesso al credito all’esportazione.

Debiti PA, 500 milioni agli investimenti

Debiti PA, 500 milioni agli investimenti

Carmine Fotina Il Sole 24 Ore

Il governo prova ad accelerare sui pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, attesi dalla scadenza del 21 settembre, giorno di San Matteo, indicato dal premier Matteo Renzi come termine per smaltire tutto l’arretrato. In quest’ottica ieri è stato firmato un protocollo di impegni tra ministero dell’Economia, Conferenza delle Regioni, Anci (Comuni), Upi (Province), Confindustria, Confagricoltura, Ance (costruttori edili), Rete imprese Italia, Consiglio nazionale dei commercialisti, Unioncamere, Abi (banche) e Cassa depositi e prestiti. In pratica tutte le parti in causa, ognuna delle quali dovrà favorire una velocizzazione dei processi, anche se ieri – va sottolineato – il Mef ha indicato come obiettivo lo smaltimento «entro il 2014» senza riferimenti al 21 settembre. 

Punto centrale del protocollo è anche l’impegno ad aprire nuovi spazi per pagare i debiti di parte capitale, finora penalizzati rispetto alla spesa corrente perché, come noto, oltre che sul debito pubblico incidono sul deficit. Non ci sono cifre nel protocollo, ma l’obiettivo sarebbe aggiungere ai circa 7,5 miliardi finora resi disponibili una tranche ulteriore – più vicina a 500 milioni che a 1 miliardo – attraverso nuove misure di allentamento del patto di stabilità interno. Il protocollo – ha commentato Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria – «è un segnale concreto che qualcosa si sta muovendo. Confindustria continuerà a seguire il tema con la massima attenzione e non sarà soddisfatta finché alle imprese non sarà pagato anche l’ultimo centesimo». «Una svolta politica rilevante – ha sottolineato l’Ance – per pagamenti che finora sono stati penalizzati». Un passo avanti anche secondo l’Anci, che invita però a risolvere il nodo strutturale «delle regole del Patto di stabilità interno». «Un’occasione, forse l’ultima, da non perdere» per Rete Imprese.
Sommando i vari provvedimenti emanati dagli ultimi governi (per ultimo il decreto Irpef) le risorse complessivamente stanziate ammontano, per il 2013, a 27,2 miliardi e, per il 2014, a 29,6 miliardi. In totale 56,8 miliardi. Finora, stando all’aggiornamento diffuso ieri, le risorse girate agli enti debitori ammontano a 30,1 miliardi, dei quali 26,1 miliardi sono già stati erogati ai creditori.
Per sbloccare le spese in conto capitale il Mef studia un mix di interventi. Ci sarà un nuovo allentamento del patto di stabilità interno e nel contempo si «verificherà» l’estensione anche a questo tipo di debiti del meccanismo di cessione crediti con garanzia statale. Si punta poi a riproporre anche per il 2015 la norma relativa al patto di stabilità verticale incentivato e a posticipare i termini previsti per il patto “orizzontale” tra le regioni.
Il documento comune nasce dalla consapevolezza di alcuni punti deboli. Diverse Pa locali non hanno richiesto le anticipazioni di liquidità, nonostante queste siano disponibili. Regioni, Province e Comuni si impegnano ora a «sollecitare gli enti rappresentati» su questo punto. Il percorso dei provvedimenti attuativi non sempre è stato celere e adesso il Mef si impegna «ad assicurare l’adozione di tutti gli atti previsti». Allo stesso tempo, l’Abi dovrà sensibilizzare i propri associati a mettere a disposizione delle imprese adeguate risorse per la cessione pro-soluto dei crediti, anche sfruttando il canale creato con il decreto Irpef (venerdì scorso è stata firmata la convenzione con il ministero dell’Economia). Dal canto suo, la Cdp assicura che sarà «adottata celermente» la convenzione quadro con l’Abi per consentire al sistema bancario di cedere alla stessa Cassa i crediti vantati nei confronti delle Pa e assistiti dalla garanzia dello Stato (e già ceduti dalle imprese alle banche).
Grande attenzione viene riposta anche sulla certificazione dei crediti, che le imprese devono presentare tassativamente entro il 23 agosto per far sì che scatti la garanzia dello Stato. «Il numero e il corrispondente ammontare delle istanze» presentate e di quelle rilasciate appare ancora basso, di qui l’impegno di tutte le associazioni di impresa coinvolte a «sollecitare i propri associati a presentare istanza di certificazione». Gli enti territoriali, a loro volta, dovranno assicurare rapidità nel rispondere alle istanze tramite la piattaforma elettronica del Tesoro e, «per quanto possibile, rafforzare la consistenza degli uffici anche nel periodo estivo». Il protocollo preannuncia la «tempestiva nomina» di commissari ad acta in caso di inerzia delle amministrazioni e prevede la creazione di “help desk” dedicati, sia a livello di Pa che di associazioni imprenditoriali, e un’attività di comunicazione per diffondere l’utilizzo della piattaforma elettronica.