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Bontà in conto terzi

Bontà in conto terzi

Davide Giacalone – Libero

Non ci sono mica solo i criminali dell’accoglienza. Ci sono anche gli sciacalli del buonismo e del cattivismo. Ai primi interessa poco e nulla dei profughi e degli sfollati. Ai secondi poco e nulla dei soldi spesi per raccoglierli in luoghi circoscritti. A tutti costoro interessa solo il proprio tornaconto. Me ne convinco leggendo Laura Boldrini, che con la politica dei profughi s’è assicurata una carriera da funzionaria e poi il debutto (coronato da grande successo) in politica. Sostiene Boldrini: quelli che profittano sui profughi deturpano il valore della solidarietà, mentre sono moltissimi gli operatori competenti e motivati. Lo spero. Ma dove erano mentre i campi profughi costavano dieci o cento volte quel che valevano? Non si erano accorti che il livello di vita, in quei campi, era infinitamente inferiore al costo che la collettività sosteneva? Fra i propagandisti del cattivismo, del mandiamoli via, del chiudiamo le frontiere, ce ne sono stati che poi davano soldi pubblici ai cooperatori del ladrocinio; mentre fra gli sventolatori del prendiamone di più, accogliamoli tutti, volemose bene, ce ne sono che vogliono bene solo a sé, alla parte che si sono scelti, incapaci di vedere e capire il risultato della propria propaganda.

Scrive Boldrini: “paradossalmente il meccanismo che doveva facilitare la convivenza sta generando ostilità verso i migranti”. Paradossalmente un corno, perché quella è la logica conseguenza della premessa: i buonisti della convivenza se ne infischiano dell’indecenza. Mettono la propria bontà sul conto degli altri. La scaricano nei quartieri dove mettono piede solo se accompagnati dalle telecamere. Se vedono il disagio lo traducono in colpa di quanti non osannano la bontà un tanto al chilo, chiedendo ancora più soldi. Quindi favorendo gli affaracci cooperativistici. E se si stupiscono dello scandalo (dico “se”, perché una parte di quegli stupori è stupefacente) è solo perché ignorano del tutto la realtà concreta.

Proviamo a usare il buon senso e immaginare come porre rimedio. Intanto vanno separati due gruppi: i profughi e i migranti. Buonisti & cattivisti li mischiano, ma è l’errore che poi degenera in impotenza e sperpero. I profughi vanno accolti e istradati verso le destinazioni finali, che non si limitano certo al Paese di primo approdo. Per farlo occorre identificarli. Identificarli non ha alcun senso se non per scoprire chi non è profugo e, quindi, metterlo nel secondo gruppo. Nell’identificarli servono i soldi e la collaborazione dell’Onu, che oltre a stipendiare le nostre fanciulle di buoni sentimenti e abbondante speculazione dovrebbero dedicare una qualche attenzione anche agli interessati: i profughi. L’Onu dovrebbe funzionare soprattutto ai confini delle zone da cui i profughi fuggono, onde evitare il commercio di carne umana e il rischio di morte. Ergo: fare capi profughi in Italia serve a poco e niente, ma per quel che si fanno devono essere finalizzati non alla permanenza, ma all’identificazione e ripartenza.

I migranti, invece, non c’è alcun dovere di accoglierli. Avere immigrati è un affare. Un buon affare. Il saldo è positivo, e non solo economicamente, in Italia come nel resto d’Europa, se riferito agli immigrati regolari. Gli altri, gli irregolari, i clandestini, non si ha il dovere di prenderli. Quindi: identificarli, valutarne l’accoglimento, ove non possibile si procede al rimpatrio. Che è il solo modo serio per stroncare le gambe ai trafficanti dei barconi (per quel che riguarda l’Italia, perché poi c’è la massa che entra via terra, da nord). Qui abbiamo fatto proposte concrete, a cominciare da zone extraterritoriali sotto la giurisdizione Ue. Inutile dire che né ai buonisti né ai cattivisti sono minimamente interessate.

E gli altri disagiati? Chi? Scusate, ma perché dovremmo spendere soldi pubblici per i campi nomadi? Se sono nomadi, girano. Se stanno nei campi, non sono nomadi. Siccome li considero depositari di diritti e di doveri al pari di me, credo che vadano difesi da eventuali aggressioni e messi nella condizione di fermarsi temporaneamente, ma non in quella di fare i mantenuti, consentendo una delinquenza che è ripugnante pietismo di chi li considera essere inferiori, destinati a quel tipo di vita. Il razzismo dei buonisti non ha nulla da invidiare a quello dei cattivisti. Mentre gli attivisti della bontà, incapaci di denunciare il malaffare prima che si intervenga la procura, meritano un solo invito: è ora che anche voi andiate a lavorare. Scrive Boldrini: l’accoglienza genera posti di lavoro per gli italiani. No, genera spesa pubblica degenerante, produttiva di tasse e debiti. L’accoglienza è un business solo laddove non ha nulla di buono.