In cerca di coperture

Dino Pesole – Il Sole 24 Ore

Una manovra “espansiva” per sostenere la domanda interna attraverso la doppia operazione Irpef-Irap è tale solo se si basa su coperture certe. È il compito con il quale si stanno misurando in queste ore i tecnici dell’Economia. Con alcune incognite che andranno chiarite nelle prossime ore. Poiché la legge di stabilità oggi all’esame del Consiglio dei ministri per 11,5 miliardi è finanziata in deficit, vi è da supporre che il governo abbia su questo punto ottenuto una via libera (ancorchè informale e non ancora ufficiale) da Bruxelles. La conferma che staremo comunque sotto il 3% anche nel 2015 è da questo punto di vista una garanzia, fermo restando che è tuttora sub iudice il giudizio che la Commissione esprimerà a novembre, relativamente alla deviazione decisa dall’Italia, rispetto al target del deficit strutturale. Il negoziato – a tratti “muscolare” ma che corre per le vie ordinarie nella sostanza – è in corso, ed è probabile che il compromesso venga alla fine raggiunto (ma non subito) sullo 0,25% di impegno aggiuntivo chiesto già in via informale nei giorni scorsi. Stando alle ultime indiscrezioni, il governo avrebbe già individuato una sorta di «dote di riserva» in manovra per farvi fronte. Sul tutto aleggia la vera questione: appunto le coperture, fondamentali per la sostenibilità dell’intera manovra. Il focus è allora tutto sull’imponente riduzione della spesa corrente annunciata due giorni fa dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi: 16 miliardi.

Alla spending review è affidato il compito di stabilizzare il bonus Irpef da 80 euro per i redditi fino a 26mila euro, e finanziare la più importante novità emersa finora dal work in progress della manovra: l’eliminazione della componente del costo del lavoro dal calcolo della base imponibile Irap, per un totale di 6,5 miliardi. E poi l’annuncio, anch’esso importante, della totale decontribuzione per tre anni per i nuovi assunti. Misure fondamentali, a lungo rivendicate dalle imprese, passaggio importante per cominciare a ridurre una pressione fiscale complessiva che, se si guarda al cosiddetto total tax rate calcolato dalla Banca mondiale in percentuale sui profitti, supera l’impressionante percentuale del 65 per cento. Una scommessa da giocare con coraggio e decisione. L’assoluta certezza delle coperture è precondizione essenziale per rendere credibile ed efficace l’intera manovra. Meno spesa corrente per finanziare il taglio delle tasse: assioma fondamentale, più volte indicato dalla Banca d’Italia, ma anche dalle principali istituzioni internazionali, dal Fmi all’Ocse. Ad adiuvandum, a consuntivo, la dote complessiva delle risorse a disposizione potrà giovarsi dei proventi recuperati dalla lotta all’evasione. Sarà una vera «spending review», che azioni il bisturi del taglio selettivo, in un’ottica di razionalizzazione e redistribuzione delle risorse? La logica dei tagli lineari, la più adottata finora, comporta al contrario diversi rischi: poiché si colpiscono anche le spese “buone”, l’effetto può essere anch’esso recessivo.

L’attesa sulla composizione dei tagli è dunque pienamente giustificata. Una volta approvata la manovra, la partita a ben vedere sarà ancora al fischio d’inizio, poiché una così imponente sul fronte della spesa, per passare indenne dalla probabile raffica di emendamenti che la investiranno nel corso dell’esame parlamentare, necessita di una maggioranza assolutamente coesa. È lecito prevedere fin d’ora che soprattutto al Senato non sarà propriamente una passeggiata. Il lasso di tempo che il governo si accinge a ritagliare tra il varo della legge di stabilità e la trattativa vera e propria con Bruxelles dovrebbe servire appunto (anche per effetto della spending review) a superare le residue obiezioni sulla decisione del governo di rinviare il pareggio di bilancio al 2017, con annessa la scelta di confermare (al momento) allo 0,1% del Pil la correzione del deficit strutturale per il prossimo anno. Si invocano, e a ragione, le circostanze eccezionali previste dall’attuale disciplina di bilancio europea. Se il punto di caduta sarà sui 2-2,4 miliardi chiesti alla fine da Bruxelles, la soluzione di compromesso è a portata di mano. E così a novembre la nuova Commissione europea potrà difendere, almeno formalmente, il suo ruolo di guardiano dei conti, rinviando di fatto alla prossima primavera il giudizio più completo e articolato sia sulla legge di stabilità che sulla persistenza degli «squilibri macroeconomici eccessivi», denunciati lo scorso marzo. E il governo potrà comunque salvaguardare nella sostanza l’integrità della sua manovra “espansiva”.