Francesco Di Frischia

Consumi fermi, l’inflazione torna indietro al 1959

Consumi fermi, l’inflazione torna indietro al 1959

Francesco Di Frischia – Corriere della Sera

Nel 2014 l’inflazione è ai minimi storici (+0,2%), mai così bassa dal 1959, un punto percentuale in meno rispetto al 2013. La situazione è determinata dal calo prolungato dei costi delle materie prime, soprattutto energetiche, e dei beni di importazione, che si aggiunge alla persistente debolezza della domanda di consumi delle famiglie. E se il mese di dicembre vede il tasso registrare una variazione «zero», il 2014 consegna al nuovo anno un’eredità che rischia di trascinare il 2015 in deflazione. Se i consumi sembrano ridotti all’osso, a novembre il debito pubblico, secondo Bankitalia, continua a lievitare (+2,6 miliardi) toccando i 2.160 miliardi, mentre le entrate tributarie rimangono pressoché invariate (31,3 miliardi pari al +0,4% rispetto allo stesso mese del 2013).

Volgendo lo sguardo all’area Ocse, i consumi privati hanno guidato l’incremento del Prodotto interno lordo nel terzo trimestre del 2014 (+0,6%) rispetto al periodo aprile-giugno (+0,4), in particolare nell’economia Usa (+1,2%) e in quella inglese (+0,6). Quadro ribaltato, secondo l’Ocse, in Italia: da noi, infatti, il Pil sempre nel periodo luglio-settembre 2014 ha visto una flessione dello 0,1% che segue il calo dello 0,2 di aprile-giugno. Se i consumi privati hanno fornito un limitato apporto positivo (+0,1%), le principali voci che hanno causato la contrazione della nostra economia sono stati investimenti (-0,2%), spesa pubblica e riduzione delle scorte.

Tornando alle stime preliminari dell’Istat, i prezzi dei prodotti, influenzati dal calo del costo dei carburanti, «hanno segnato forti rallentamenti nella crescita o diminuzioni in quasi tutti i comparti – spiega l’Istituto – incluso quello alimentare, caratterizzato nei tre anni precedenti da elementi di rigidità». In questo quadro di bassa inflazione, «soltanto alcuni comparti dei servizi con una forte componente regolamentata hanno continuato a sostenere l’inflazione». Per questi motivi nel 2014 il «carrello della spesa», sottolinea l’Istat, è in «netta decelerazione» rispetto al 2013: per i beni alimentari, per la cura della casa e della persona, il tasso scende addirittura in deflazione a dicembre (-0,2% dal +0,4% di novembre), mentre nella media del 2014 si registra una netta frenata al +0,3% dal +2,2% dello scorso anno. E nel 2014 un contributo importante al rallentamento dell’inflazione arriva anche dai prezzi degli alimentari lavorati. Se nel corso del 2015 si dovessero verificare variazioni congiunturali nulle, l’Istat ipotizza un’inflazione ancora con il segno negativo (-0,2%).

Debiti con le imprese, pagati 32,5 miliardi. «Il grosso degli arretrati è degli Enti Locali»

Debiti con le imprese, pagati 32,5 miliardi. «Il grosso degli arretrati è degli Enti Locali»

Francesco Di Frischia – Corriere della Sera

Per saldare ivecchi debiti della pubblica amministrazione il governo ha già erogato 40,1 miliardi tra ministeri, organi nazionali dello Stato e enti locali. Ai creditori, però, fino al 30 ottobre scorso sono stati effettivamente pagati 32,5 miliardi. Un aggiornamento viene dal ministero dell’Economia, dopo la promessa fatta dal premier Matteo Renzi: in Parlamento e in tv, a «Porta a Porta», il presidente del Consiglio aveva detto che sarebbero stati saldati i debiti arretrati «entro il 21 settembre», giorno del suo onomastico. Pena una passeggiata di 23 chilometri per l’ex sindaco da Firenze al santuario di Monte Senario. A prescindere da come è finita la scommessa con Bruno Vespa (Renzi sostiene di non aver perso), il meccanismo pianificato dall’esecutivo si basava sull’accordo tra governo, banche e Cassa depositi e prestiti (che faceva da garante): un imprenditore doveva solo registrarsi sul sito del ministero dell’Economia e, dopo avere ottenuto la certificazione del proprio credito, poteva andare in una banca o in una finanziaria a riscuotere (il costo dell’operazione di cessione del credito era dell’1,6% e per gli importi inferiori ai 50mila euro saliva all’1,9%). Molti imprenditori, però, si sono visti voltare le spalle da finanziarie e istituti di credito perché l’accordo non prevedeva alcun obbligo.

Comunque «il governo ha provveduto a mettere a disposizione degli enti debitori oltre 56 miliardi per smaltire il debito patologico», precisa il Tesoro. Di questi, quelli effettivamente assegnati agli enti sono 40 miliardi, ma quelli effettivamente erogati non superano appunto i 32,491 miliardi. Le amministrazioni centrali dello Stato sono responsabili di una quota del «debito patologico stimata nel 5-10% – aggiungono dal ministero -.La gran parte del debito è responsabilità di Regioni, Province, Comuni», Asl, enti e società delle autonomie locali. Insomma, dice l’Economia, la responsabilità dei mancati pagamenti è di Regioni ed enti locali.

Ieri il ministro Pier Carlo Padoan era a Bruxelles per la riunione dell’Ecofin, dove ha parlato anche del problema del budget Ue. La commissione ha chiesto finanziamenti aggiuntivi al Regno Unito e all’Italia. «È un argomento difficile, ma oggi (ieri ndr) non c’è stato alcun negoziato sulle quote che i Paesi devono pagare all’Europa. In questa fase è troppo presto per dire che cosa faremo». Secondo le cifre della Commissione, sono circa 340 i milioni che l’Italia deve versare per il ricalcolo di fine anno, 2,1 miliardi il Regno Unito. Per quanto riguarda la legge di Stabilità, Padoan ribadisce che finora «nessun Paese ha ricevuto bocciature». Nel frattempo prosegue il cammino della manovra alla Camera: sono stati presentati 3.707 emendamenti (oltre un migliaio solo dal Pd), compreso quello con il quale l’esecutivo ha modificato il testo dopo le richieste dell’Ue. Martedì è prevista la verifica di ammissibilità ma un numero così alto di emendamenti è molto probabile che spingerà il governo a chiedere la fiducia.

Il paradosso della nuova Tasi: case piccole, più cara dell’Imu

Il paradosso della nuova Tasi: case piccole, più cara dell’Imu

Francesco Di Frischia – Corriere della Sera

Chi vive in case popolari pagherà quest’anno una Tasi più cara dell’Imu versata nel 2012. Quei cittadini, invece, che abitano in case di pregio dovranno pagare meno per la Tasi rispetto all’Imu di due anni fa. È questo l’amaro risultato di uno studio curato dal dipartimento politiche fiscali della Cisl sulle 20 città capoluogo di regione, analizzando le delibere delle aliquote pubblicate sul sito del ministero dell’Economia.

Il sindacato ha paragonato le due imposte considerando, come prima casa, tre tipi di immobili con rendita catastale di 300, 500 e 1.000 euro. Nei conteggi sono state applicate le detrazioni deliberate dai singoli Comuni (senza considerare gli sgravi per i figli a carico, facoltà assegnata per legge ai singoli municipi). A conti fatti diminuiscono gli importi della Tasi rispetto all’Imu al crescere della rendita catastale. «È necessario superare le iniquità di Tasi e Imu – chiede Maurizio Petruccioli, segretario confederale della Cisl – facendo pagare proporzionalmente di più chi possiede più case e chi ha più valore catastale, anche per restituire risorse alle famiglie che hanno meno».

La ricerca ha mostrato che in 11 città su 20 migliaia di cittadini, tra i ceti sociali più bassi, per una rendita catastale di 300 euro dovranno pagare la Tasi, quando prima l’Imu (in 9 casi su 20) costava «zero», grazie alla detrazione prevista per l’abitazione principale pari a 200 euro (indipendentemente dalla rendita catastale). Quest’anno per la tassa sui servizi indivisibili (illuminazione e manutenzione stradale e sicurezza) si oscilla dagli 11 euro di Milano ai 126 di Campobasso, passando per Venezia (46), Ancona (96), L’Aquila (100) e Bari (66), comprese Aosta (50) a Palermo (45). La Cisl rivela anche che a Trieste, Trento, Bologna e Firenze, tenendo come riferimento sempre i 300 euro di rendita catastale, le amministrazioni locali hanno confermato l’esenzione totale dal pagamento della Tasi, così come avveniva per l’Imu. In altre città, invece, è stata mantenuta una progressione legata agli estimi catastali. Infatti i cittadini che abitano in case non di pregio pagheranno di Tasi meno rispetto a quello che prevedeva l’Imu: 16 euro a Roma (contro i 52 di due anni fa), 56 a Torino (dove se ne pagavano 89) e Catanzaro (61 contro 102). Addirittura dimezzata la Tasi a Potenza (26 euro contro 52).

Per gli immobili con rendita di 500 euro, si pagherà una Tasi superiore all’Imu 2012 in 8 capoluoghi tra i quali Venezia (194 euro invece di 136), L’Aquila (168 contro 111), e Palermo (243 contro 203). A Firenze invece l’aumento è di 1 euro (137 rispetto a 136). Si pagherà, invece, una Tasi più leggera tra l’altro a Roma (150 euro contro 220), Torino (167 contro 283) e Napoli (177 contro 220). Scenario completamente diverso se consideriamo un immobile con rendita catastale di 1.000 euro: sono solo due i comuni capoluogo che pagano un importo superiore alla vecchia Imu (Trieste con 554 contro 455 euro e Firenze 484 contro 472). L’ampliamento della base imponibile e l’eliminazione della detrazione fissa universale, sottolineano dalla Cisl, di fatto hanno ampliato la platea dei paganti mantenendo intatto il gettito.

Italia in recessione e senza lavoro

Italia in recessione e senza lavoro

Francesco Di Frischia – Corriere della Sera

L’Italia avrà un deficit pari al 3% del prodotto interno lordo per quest’anno e del 2,9 nel 2015. Che nel 2014 la tanto attesa ripresa dell’economia non fosse possibile, al di là di qualche piccolo segnale positivo, lo ha confermato ieri sera l’aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) 2014-2016, approvato dal Consiglio dei ministri. Del resto le primissime stime dell’Istat diffuse ieri indicavano un dato negativo del Pil anche per il terzo trimestre di quest’anno.

In base alle nuove stime di Palazzo Chigi, il rapporto tra debito e Pil si attesterà al 131,7% nel 2014 e al 133,4 nel 2015: il pareggio strutturale di bilancio slitta così al 2017, un anno in più rispetto alle previsioni del Def illustrate dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ad aprile. Per quanto riguarda il Pil, il governo Renzi ipotizza nel 2014 un dato negativo (-0,3%), per poi crescere dello 0,6% il prossimo anno grazie «all’impulso positivo della Legge di Stabilità», spiega il ministro Padoan secondo il quale nel Def il tasso di disoccupazione si attesterà al 12,6% nel 2014 e al 12,5% nel 2015.

Altre cattive notizie per l’occupazione vengono dall’Istat che «nonostante qualche segnale positivo», non vede «nel mercato miglioramenti significativi». Preoccupa soprattutto il tasso della disoccupazione giovanile: ad agosto è pari al 44,2% (+ 1% rispetto a luglio e +3,6 nel confronto tendenziale), facendo così registrare il peggior risultato dal 1977. Piccolo segnale positivo arriva dal tasso di disoccupazione generale che ad agosto si attesta sul 12,3%, facendo segnare una piccola diminuzione in termini congiunturali (0,3) e rispetto agli ultimi 12 mesi (0,1): i senza lavoro sono 3 milioni e 134 mila (82 mila in meno rispetto al mese precedente). In pratica ci sono 32 mila occupati in più rispetto a luglio, fa notare il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il numero dei disoccupati diminuisce del 2,6%.

Altro indicatore che spinge l’Italia in deflazione è l’indice nazionale dei prezzi al consumo che a settembre diminuisce dello 0,3% rispetto ad agosto e dello 0,1 se lo si paragona a settembre 2013. In questo quadro a dir poco negativo il Cnel definisce «una ipotesi irrealizzabile» una discesa del tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi (7% nel 2007) perché questa operazione «richiederebbe la creazione da qui al 2020 di quasi 2 milioni di posti di lavoro».

Debito, nuovo record. Pesano i pagamenti arretrati alle imprese

Debito, nuovo record. Pesano i pagamenti arretrati alle imprese

Francesco Di Frischia – Corriere della Sera

Il debito pubblico italiano continua ad aumentare, mentre dalla produzione industriale e dalla cassa integrazione emergono segnali di un lento miglioramento dell’economia. Secondo Bankitalia a giugno il debito pubblico ha toccato il nuovo record di 2.168,4 miliardi, dovuto anche al pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione (proprio ieri il Tesoro ha messo a disposizione degli enti locali altri 3 miliardi), mentre i dati Inps sulla cassa integrazione indicano un calo dell’utilizzo pari al 25% rispetto al 2013 ed Eurostat conferma come la produzione industriale italiana, +0,9 a giugno, si muova in controtendenza rispetto all’Europa.
Entrando nel dettaglio, il debito pubblico in valore assoluto è cresciuto di 2 miliardi rispetto a maggio e di quasi 100 rispetto alla fine del 2013. Secondo il Documento di economia e finanza di aprile, il debito dovrebbe attestarsi a fine anno a 2.141 miliardi, pari al 134,9% del Prodotto interno lordo, ma è probabile che, con il peggioramento della congiuntura, questi obiettivi possano essere rivisti. Sull’aumento del debito nei primi sei mesi dell’anno hanno inciso i pagamenti dei debiti della Pa e anche la scelta del Tesoro di «fare provvista» sfruttando i bassi tassi di interesse nella prima parte del 2014, spiegano dal ministero dell’Economia, per far fronte «alla quota significativa» di debito in scadenza nella seconda metà dell’anno. Al momento quindi, fanno notare, «il conto di disponibilità», con le emissioni effettuate, è «elevato», ma entro l’anno tornerà a «livelli fisiologici di 25-30 miliardi».
I dati diffusi ieri da Bankitalia confermano anche la flessione delle entrate tributarie: sono state pari in giugno a 42,7 miliardi, in diminuzione del 7,7% (3,5 miliardi) rispetto allo stesso mese del 2013. Nel periodo gennaio-giugno le entrate sono ammontate a 188,1 miliardi di euro, con un calo dello 0,7% (1,3 miliardi) rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso. Calo da attribuirsi fondamentalmente alla recessione. A questo proposito l’Agenzia delle Entrate ha voluto precisare ieri con un comunicato che non c’è alcun allentamento della lotta all’evasione fiscale: «La direttiva di concentrarsi sul 2012 risponde a esigenze di celerità ed economicità dell’azione amministrativa» perché «in questo modo gli uffici potranno non solo accertare, ma anche recuperare effettivamente e nel più breve tempo possibile le somme evase». Ma «anche le annualità precedenti il 2012 saranno oggetto della massima attenzione e dei relativi controlli», assicura l’Agenzia.
In attesa dei dati di oggi sul Prodotto interno lordo del secondo semestre, che secondo gli analisti dovrebbero indicare un peggioramento del quadro anche nelle altri grandi economie della zona euro, Eurostat ha diffuso ieri i dati sulla produzione industriale. Nei 18 Paesi dell’Unione monetaria la produzione a giugno è scesa dello 0,3% rispetto a maggio. L’Italia si conferma in controtendenza, con un aumento dello 0,9% (ma resta un -0,4% su base annua).
Un capitolo a parte merita la Cig: secondo l’Inps a luglio il numero di ore di cassa integrazione autorizzato è stato di 79,5 milioni (-25% rispetto allo stesso mese del 2013). Ma si tratta di una media frutto dell’aumento della cassa integrazione straordinaria (+18,0%), del calo della cassa ordinaria (-38,3%) e soprattutto della cassa in deroga (-70%) che risente, però, del mancato rifinanziamento.
Insomma, un quadro di luci (poche) e ombre (tante). Tra queste ultime anche la gestione dei fondi strutturali europei. L’Italia rischia di perdere 5-6 miliardi di quelli del ciclo 2007-2013, mentre sta negoziando con l’Ue i fondi 2014-2020. Il premier Matteo Renzi ha riconosciuto ieri che «l’Italia ha speso peggio di come avrebbe potuto» i fondi europei, ma ora «stiamo affrontando la difficoltà». Della questione si occupa il sottosegretario Graziano Delrio che sul tema dei nuovi fondi previsti dall’accordo di partenariato 2014-2020 si sta arrivando all’accordo con Bruxelles. Il governo presto chiarirà con l’Europa sui vecchi fondi, ma intanto Palazzo Chigi assicura, in sintonia con la Commissione Ue e replicando a indiscrezioni di stampa, che non c’è alcun rischio di perdere per il futuro 40 miliardi. Ieri, parlando con il Wall Street Journal , Delrio ha sottolineato che il governo continua sulla strada tracciata, spiegando che non verranno aumentate le tasse ma tagliata la spesa. «E se ci sarà bisogno di sacrifici aggiuntivi, li chiederemo alla Pubblica amministrazione». Significa, spiegano i suoi collaboratori, «che si andrà avanti sulla spending review, a partire dai risparmi possibili sulle municipalizzate, come indicato dal commissario per la revisione della spesa, Carlo Cottarelli».