Ultimo tango a Bruxelles
Mario Lavia – Europa
Agli sgoccioli della sua decennale presidenza della Commissione europea Josè Barroso ha deciso di non fare sconti all’Italia e di svolgere quel ruolo da protagonista che in questi 10 anni purtroppo ha mancato spesso e volentieri. Lui s’inalbera con chi dice che si stia esibendo in questo ultimo tango con un occhio alla sua rentrée politica in Portogallo. Ma è del tutto naturale che Renzi guardi non a Barroso ma a Juncker, come l’interlocutore con cui fare seriamente i conti. Dietrologie a parte, resta il fatto che con la lettera di ieri il vertice uscente della Commissione segnala al governo italiano una pesante criticità, ed è a questo che bisognerà rispondere. E nessuno dubita che il governo, con l’accurata regia di Padoan, saprà dire la sua nel merito dei problemi. Pubblicamente. Perché è chiaro che quella tra Bruxelles e Roma è una partita ormai squadernata. E delicata per tutti. Per la buona ragione che scatenare un conflitto con l’Italia potrebbe far riesplodere turbolenze sui mercati. Ma Barroso ha voluto comunque mettere sotto la lente l’Italia, l’Austria, e anche quella Francia che i Trattati ha deciso di violarli alla grande.
Ora, può benissimo darsi che la lettera brussellese divulgata ieri avrà una replica e la cosa potrà chiudersi lì. L’impressione però è che ormai Renzi voglia fare con l’Ue quello che in vario modo ha fatto con il senato, i professoroni, il Pd, le Regioni: affrontare tutti senza complessi di inferiorità. Si è capito che la sua tattica è sempre questa: più è attaccato più alza la voce. Colpendo duro. Con i senatori ha fatto così: e la riforma è passata proprio a palazzo Madama. Così con i partiti: e si sta verificando con un certo ottimismo (vedi Berlusconi di ieri) l’intesa con Forza Italia sulle riforme. Così col suo partito, il Pd: e la minoranza è andata in difficoltà. Così con le Regioni: e la notizia è che si sta mediando positivamente. Vedremo con l’Europa se riuscirà a rovesciare un rapporto finora subalterno. Se riuscirà a svecchiare modalità, procedure, ritualità e anche contenuti. È una proiezione della sua aggressiva battaglia “italiana”. È una linea, questa del premier, non un omaggio al suo esprit fiorentino. Rischiosa, ma forse è l’unica.