jose barroso

Un diktat che merita solo un bel vaffa

Un diktat che merita solo un bel vaffa

Vittorio Feltri – Il Giornale

La lettera minatoria che il presidente della Commissione europea, Barroso, ha inviato a Palazzo Chigi è la dimostrazione plastica che Bruxelles considera l’Italia una scolaretta negligente e, pertanto, ritiene lecito tirarle le orecchie e prenderla a bacchettate con disinvoltura. Può darsi che in assoluto noi meritiamo simile trattamento, perché da anni giuriamo di stare in riga e invece, passando da Berlusconi a Monti e da Enrico Letta a Renzi, non abbiamo fatto altro che sbandare, come certificano i dati economici degli ultimi tre anni, andati via via peggiorando rispetto a quelli registrati in epoca di centrodestra.

Ammesso e non concesso che siamo asini, non si capisce comunque perché l’Ue si arroghi il diritto di darci la pagella secondo pregiudizi, e non giudizi, che prescindono dalla conoscenza dei fatti. In altri termini, più crudi, se la Germania e i suoi camerieri scodinzolanti non apprezzano la politica romana sono liberi sì di criticarci e, al limite, di buttarci fuori dal club burocratico in cui guazzano, ma non di recapitarci una missiva dai toni ultimativi, sgradevoli, maleducati e arroganti, degni del Quarto Reich, anzi del Terzo. Essi ci hanno invitato perentoriamente a rispondere entro 24 ore al loro diktat in cui si dice che la nostra manovra (legge di stabilità) fa praticamente ribrezzo ed è quindi necessario correggerla, altrimenti…

Altrimenti che? Cosa fate, ci cacciate? Provateci, fessacchiotti. Senza Italia nel mucchio selvaggio di 28 Paesi, in cerca di una unione fittizia, salterebbe per aria non solo la Ue, ma anche la moneta unica difesa con spocchia dagli affamatori del popolo, cioè banchieri, finanzieri e loro utili idioti, tra cui economisti da talk show. Ecco perché ci auguriamo che Matteo Renzi (costretti ad affidarci a lui, già siamo nelle sue mani, oddio in che mani siamo), attingendo una tantum all’aulico linguaggio di Beppe Grillo, e rivolgendosi a Barroso e complici, pronunci il classico vaffanculo. Quando ci vuole, ci vuole.

Non ci vengano a dire lorsignori di Berlino e Bruxelles che se disubbidiamo agli ordini saremo commissariati, come se il nostro Paese fosse una colonia dei tognini. Manderanno in trasferta a Roma i commissari? Li accoglieremo nel migliore albergo. Va bene l’Excelsior di via Veneto? Ok. Qui rimpinzeremo gli ospiti di spaghetti all’amatriciana e di pizza e, l’indomani, li caricheremo sulle auto blu invendute rispedendoli a casa, oltre frontiera. Ce la siamo sempre cavata da soli nei momenti più tragici, compresi due dopoguerra mondiali e una tentata rivoluzione dei brigatisti rossi (indimenticabili quanto portentosi coglioni), vi pare che ci possano far tremare le ginocchia quattro contabili avvezzi a misurare la lunghezza degli zucchini e a disporre la distruzione delle arance siciliane? Andate all’inferno.

Noi con la politica dei piccoli passi (da gambero) ci eravamo guadagnati una buona posizione, poi siete arrivati voi menagramo con l’euro fasullo e coniato non per aiutare il popolo europeo, che non esiste (esistono tanti popoli europei privi di un denominatore comune), e ci siamo lasciati infinocchiare, affascinati dall’idea di appartenere a una élite che avesse in tasca le stesse banconote. Prodi e Ciampi, nel predisporci a essere presi in giro, ci misero del loro, ma sorvoliamo per rispetto della terza età (cui mi avvicino). Constato che Renzi non usa le buone maniere ma preferisce la pressa delle rottamazioni rapide. Lo preghiamo vivamente di non intimidirsi davanti a un portoghese (vocabolo che da noi ha un significato giustamente sinistro) e di apprestarsi piuttosto a mandarlo a quel Paese, il suo, dove troverà altri portoghesi più malleabili di noi. Chiaro il concetto?

Caro presidente Renzi, lei che ha fatto fuori le cariatidi del Pd in pochi mesi, non faticherà a far secco anche questo intruso, Barroso, un nome che evoca quello di un calciatore, anzi di vari calciatori, tutti modesti. Ci aspettiamo da lei un atteggiamento dignitoso, un atto di coraggio che riaffermi la nostra sovranità nazionale a costo di sfidare il Quarto Reich che, senza di noi, farebbe la fine del Terzo, sul serio. Un’ultima osservazione prima di chiudere. L’Ue si è risentita perché Padoan, ministro dell’Economia, ha pubblicato la lettera minatoria sul sito del proprio ministero. Ma da quando in qua gli atti ufficiali in democrazia rimangono segreti? Ha fatto benissimo Padoan a divulgarla. Chi lancia il sasso e nasconde la mano è un vile; chi ambisce perfino a nascondere il sasso è un pistola.

P.S.: Presidente Renzi, le rammento che nel 2011 Berlusconi ricevette una lettera dalla Ue e, non avendola rispedita al mittente con un circostanziato vaffa, fu sfanculato. Politico avvisato, mezzo salvato.

L’austerità e i ministri di Pulcinella

L’austerità e i ministri di Pulcinella

Gaetano Pedullà – La Notizia

L’Europa vuol continuare a bastonare l’Italia. E non si deve nemmeno sapere. Che brutta uscita per Barroso, il presidente di una Commissione che ha governato gli anni più bui dell’Unione. Dopo averci spedito una lettera che apre di fatto il contenzioso tra Bruxelles e Roma sui conti pubblici, il capo dell’esecutivo comunitario in cerca di un nuovo ruolo politico a Lisbona se l’è presa con Renzi per aver divulgato la missiva. Come se fosse un segreto quello che hanno fatto Bruxelles e Strasburgo, Berlino e Francoforte per metterci in ginocchio. Austerità, politiche del rigore, una Banca centrale che si è mossa con colpevolissimo ritardo di fronte alla tempesta degli spread: c’è bisogno di custodire altri segreti di Pulcinella per oscurare il disastro che ci è stato procurato? Se l’Italia affonda – ribatteranno le anime belle – è perché non abbiamo fatto i compiti, siamo un Paese con regole bizantine e le riforme attendono da secoli. Vero. Ma il colpo di grazia non ce lo siamo dati da soli. E il tentativo di questa Europa nel coprire le sue responsabilità è la pistola fumante che inchioda l’assassino.

Ultimo tango a Bruxelles

Ultimo tango a Bruxelles

Mario Lavia – Europa

Agli sgoccioli della sua decennale presidenza della Commissione europea Josè Barroso ha deciso di non fare sconti all’Italia e di svolgere quel ruolo da protagonista che in questi 10 anni purtroppo ha mancato spesso e volentieri. Lui s’inalbera con chi dice che si stia esibendo in questo ultimo tango con un occhio alla sua rentrée politica in Portogallo. Ma è del tutto naturale che Renzi guardi non a Barroso ma a Juncker, come l’interlocutore con cui fare seriamente i conti. Dietrologie a parte, resta il fatto che con la lettera di ieri il vertice uscente della Commissione segnala al governo italiano una pesante criticità, ed è a questo che bisognerà rispondere. E nessuno dubita che il governo, con l’accurata regia di Padoan, saprà dire la sua nel merito dei problemi. Pubblicamente. Perché è chiaro che quella tra Bruxelles e Roma è una partita ormai squadernata. E delicata per tutti. Per la buona ragione che scatenare un conflitto con l’Italia potrebbe far riesplodere turbolenze sui mercati. Ma Barroso ha voluto comunque mettere sotto la lente l’Italia, l’Austria, e anche quella Francia che i Trattati ha deciso di violarli alla grande.

Ora, può benissimo darsi che la lettera brussellese divulgata ieri avrà una replica e la cosa potrà chiudersi lì. L’impressione però è che ormai Renzi voglia fare con l’Ue quello che in vario modo ha fatto con il senato, i professoroni, il Pd, le Regioni: affrontare tutti senza complessi di inferiorità. Si è capito che la sua tattica è sempre questa: più è attaccato più alza la voce. Colpendo duro. Con i senatori ha fatto così: e la riforma è passata proprio a palazzo Madama. Così con i partiti: e si sta verificando con un certo ottimismo (vedi Berlusconi di ieri) l’intesa con Forza Italia sulle riforme. Così col suo partito, il Pd: e la minoranza è andata in difficoltà. Così con le Regioni: e la notizia è che si sta mediando positivamente. Vedremo con l’Europa se riuscirà a rovesciare un rapporto finora subalterno. Se riuscirà a svecchiare modalità, procedure, ritualità e anche contenuti. È una proiezione della sua aggressiva battaglia “italiana”. È una linea, questa del premier, non un omaggio al suo esprit fiorentino. Rischiosa, ma forse è l’unica.