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Spesa pubblica consolidata pro capite nelle regioni: la media italiana è di 9.318 euro a cittadino. Record in Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige.

Spesa pubblica consolidata pro capite nelle regioni: la media italiana è di 9.318 euro a cittadino. Record in Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige.

Ogni anno la Ragioneria Generale dello Stato realizza un interessante rapporto (“La Spesa Statale Regionalizzata”) in cui analizza la dimensione e l’andamento della spesa pubblica nelle singole regioni italiane. Un intero capitolo è dedicato alla cosiddetta Spesa Consolidata, nella quale vengono incluse oltre alle spese del bilancio statale, quelle realizzate nei territori di riferimento dagli enti locali, da fondi alimentati con risorse nazionali e comunitarie, da enti e organismi pubblici.

In questo valore vengono per esempio conteggiate le spese relative al pagamento delle pensioni e degli ammortizzatori sociali nonché gli oneri relativi alla sicurezza o al controllo dei confini. Il perimetro considerato non coincide pertanto con le competenze delle singole amministrazioni regionali ma punta a ricomprendere la spesa pubblica effettuata in una determinata regione indipendentemente dal soggetto che gestisce quelle risorse.

Nella costruzione del dato consolidato sono stati eliminati i pagamenti intercorsi tra i vari soggetti: potrebbero residuare talune duplicazioni di modesta entità, relative a flussi non evidenziati nelle fonti utilizzate. La Ragioneria Generale dello Stato ritiene che tale circostanza non alteri in modo significativo i risultati della ricerca, in termini di distribuzione tra le regioni. Rimangono esclusi dal perimetro analizzato gli oneri relativi al pagamento degli interessi sul debito pubblico.

Trattandosi di valori di cassa, la collocazione nella graduatoria di una regione in ciascun anno potrebbe dipendere in alcuni casi dal profilo di cassa di talune erogazioni di importo più rilevante, le cui annualità potrebbero essersi concentrate in un dato esercizio.

Il Centro studi ImpresaLavoro ha preso in considerazione gli ultimi dati disponibili contenuti nel Rapporto annuale 2018, ossia quelli relativi all’anno 2016, scoprendo così che la regione con la spesa pubblica pro capite più elevata è la Valle d’Aosta, con 15.448 euro all’anno. Seguono Trentino Alto Adige (13.431 euro), Lazio (12.259 euro) e Friuli Venezia Giulia (11.737 euro). In coda ci sono invece Campania (8.198 euro), Veneto (8.203 euro), Puglia (8.257 euro) e Lombardia (8.364 euro) euro. Il valore medio italiano è pari a 9.318 euro a cittadino.

La valutazione cambia se rapportiamo la spesa pubblica al PIL prodotto da ciascuna regione. In questo caso al vertice della classifica risultano il Molise (56,19%), la Calabria (55,32%) e la Sardegna (54,67%) mentre in coda troviamo le regioni più ricche del Nord: la Lombardia, dove la spesa pubblica pesa per il 22,72%, il Veneto (25,85%) e l’Emilia Romagna (25,99%).

«L’evoluzione della spesa fa davvero riflettere» osserva l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. «Da un lato se ne ricava che l’enorme differenza della quantità di spesa tra le regioni non è semplicisticamente riconducibile alla loro collocazione geografica, dal momento che si spende tanto al Nord quanto al Sud. Dall’altro, oltre alla quantità, occorre considerarne anche la qualità. Prendiamo per esempio la sanità. Il livello dei servizi resi in Lombardia è nettamente migliore di quello calabrese, anche se l’Istat ci dice che il costo pro capite è di poco superiore: 120 euro a cittadino, un’inezia. Si tratta pertanto di spendere meno ma anche e soprattutto di spendere meglio».

L’Italia è spendacciona ma i servizi sono scarsi

L’Italia è spendacciona ma i servizi sono scarsi

di Massimo Blasoni*

Se ne parla poco, l’argomento sembra passato di moda, ma restano un fatto le vistose differenze nella dimensione e nell’andamento della spesa pubblica pro capite consolidata sostenuta nelle varie regioni italiane. I valori fotografati nel Rapporto annuale 2018 della Ragioneria generale dello Stato certificano infatti un abisso tra gli 8.203 euro spesi in Veneto (diminuiti peraltro di 83 euro rispetto all’anno precedente) e i 15.448 spesi in Valle d’Aosta o i 13.431 del Trentino Alto Adige (aumentati rispettivamente di 1.683 e 539 euro rispetto all’anno precedente).

Questo tipo di dato viene ottenuto considerando ogni importo sostenuto in ciascuna regione da qualsivoglia organismo pubblico e tiene dunque conto delle spese dello Stato, della Regione, degli altri enti locali e di ogni Fondo alimentato con risorse nazionali o comunitarie, enti previdenziali compresi. Tutto, insomma. Nella classifica dei più spendaccioni – dopo i già citati Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige – seguono Lazio, Friuli Venezia Giulia e Molise. Tra le più parche (a far compagnia al Veneto e alla Lombardia) ci sono invece Puglia, Emilia Romagna, Marche e Sicilia.

L’evoluzione della spesa fa riflettere. Da un lato se ne ricava che l’enorme differenza della quantità di spesa tra Regioni non è semplicisticamente riconducibile alla loro collocazione geografica, dal momento che si spende tanto al Nord quanto al Sud. Dall’altro, oltre alla quantità, occorre considerarne anche la qualità. Prendiamo per esempio la sanità. Il livello dei servizi resi in Lombardia è nettamente migliore di quello calabrese, anche se l’Istat ci dice che il costo pro capite è di poco superiore: 120 euro a cittadino, un’inezia. Si tratta pertanto di spendere meno ma anche e soprattutto di spendere meglio.

Dal trasporto pubblico ai servizi postali, troppo spesso i nostri servizi pubblici sono lontani dagli standard che ci potremmo aspettare visto il loro costo, condizionati come sono da inefficienze ed eccesso di intermediazione politica. Un esempio? Nell’area di Napoli, forse la peggio servita quanto a raccolta e smaltimento rifiuti, si paga una delle tasse sui rifiuti più alte d’Italia. Resta infine l’annosa querelle sui residui fiscali. Ci sono Regioni che ricevono dalla mano pubblica più di quello che versano in tasse e imposte e viceversa: un tema spinoso. Su un punto però siamo tutti d’accordo: la spesa corrente in valore assoluto non accenna a diminuire e restiamo tra i più spendaccioni d’Europa.

*Imprenditore e presidente del Centro studi ImpresaLavoro