ricchezza famiglie

Gli ultra 64enni avevano 10 anni fa il 29% della ricchezza, adesso il 48%

Gli ultra 64enni avevano 10 anni fa il 29% della ricchezza, adesso il 48%

di Vittorio Pezzuto – Italia Oggi

Citata come un fiore all’occhiello del nostro sistema finanziario nonché come simbolo della laboriosità e della capacità di risparmio degli italiani, la ricchezza delle famiglie italiane viene trattata dallo Stato come un bancomat al quale attingere spesso e volentieri. Non deve quindi sorprendere se la crescita in termini nominali del volume delle attività finanziarie detenute sotto varie forme dalle nostre famiglie, pur tornando a crescere in maniera significativa, ha però segnato nell’arco di dieci anni una flessione dell’1,7%, registrando nel 2015 un totale di 3.986 miliardi rispetto ai 4.057 miliardi accumulati a fine a 2006. Nello stesso arco di tempo solo in Grecia è stata registrata una flessione superiore (-18,4%). Il dato emerge da un’analisi del Centro studi ImpresaLavoro su elaborazione dei dati di Banca d’Italia, Sistema Europeo delle Banche Centrali, Ocse ed Eurostat.

Dal 2006 al 2015 le famiglie di alcuni Paesi dell’Europa dell’Est hanno invece raddoppiato i volumi della loro ricchezza mentre quelle residenti in economie più mature hanno registrato incrementi netti comunque considerevoli. Rispetto a dieci anni or sono le famiglie tedesche sono ad esempio più ricche di oltre 1.300 miliardi (+31,6%), quelle francesi di oltre 1.200 miliardi (+31,9%) e quelle britanniche di 1.900 miliardi di euro (+30%). L’incremento in termini relativi risulta molto rilevante anche in Olanda (+55,9%, pari a 800 miliardi) e in Svezia (+72,6% ovvero 500 miliardi).

Lo studio della ripartizione geografica della ricchezza delle famiglie italiane negli ultimi 10 anni evidenzia una sua maggiore concentrazione nel Nord Ovest (scesa peraltro dal 35,2% del 2006 al 34,6% del 2014) e nel Nord Est (scesa dal 31,9% al 28,0%). Rimasta sostanzialmente stabile nel Centro (dal 21% al 21,5%), questa è invece aumentata al Sud (dall’8,5% all’11,2%) e nelle Isole (dal 3,3% al 4,7%).

Se si prendono in considerazione le differenti classi anagrafiche si può invece osservare come quasi metà della ricchezza sia posseduta dai nuclei con un capofamiglia over 64 (negli ultimi dieci anni si passa dal 28,9% al 47,9%). Questa decresce peraltro con l’abbassamento dell’età del loro capofamiglia: dal 24,5% per la fascia d’età 55-64 anni all’appena il 2,6% per le famiglie guidate da un soggetto under 34 anni. Un segno inequivocabile della difficoltà delle ultime generazioni ad accumulare risparmi.

«Oltre che per una sua crescita inferiore a quella dei principali altri Paesi europei, la ricchezza delle famiglie italiane preoccupa per la sua disomogenea distribuzione sia per area geografica sia per classe d’età del capofamiglia» osserva l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. «A detenerne la metà in Italia sono infatti le famiglie del Nord e quelle guidate dagli over 64. Un’ennesima conferma di come le attuali politiche del lavoro non riescano a garantire un volano per la crescita economica del Meridione, penalizzando al tempo stesso le giovani generazioni, quasi sempre messe nelle condizioni di non poter accumulare risparmi».

Italiani impoveriti, le famiglie tedesche accumulano invece 1.300 miliardi in più

Italiani impoveriti, le famiglie tedesche accumulano invece 1.300 miliardi in più

di Antonio Grizzuti – La Verità

Per molti la crisi è considerata foriera di nuove opportunità. A giudicare dai dati di un’analisi del Centro studi ImpresaLavoro sembra che ciò non valga per il nostro Paese. Lo studio dimostra che le famiglie italiane sono ancora lontane dal livello di ricchezza posseduto nel 2006, un anno prima cioè che si scatenasse la grande recessione. Il rapporto, basato sull’elaborazione di dati di Banca d’Italia, sistema europeo delle Banche Centrali, Ocse ed Eurostat, prende in esame il livello delle attività finanziarie nel decennio 2006-2015. In questo periodo la ricchezza non immobiliare delle famiglie nel nostro Paese è calata dell’1,7% (circa 68 miliardi) rispetto alla soglia di 4.000 miliardi registrata alla fine del 2006. Peggio di noi è riuscita a fare solo la Grecia, che ha fatto registrare una flessione del 18,4%. Impietoso il paragone con gli altri stati presi in considerazione: «Nello stesso periodo di tempo», si legge nello studio, «le famiglie di alcuni Paesi dell’Europa dell’Est hanno invece raddoppiato i volumi della loro ricchezza mentre quelle residenti in economie più mature hanno registrato incrementi netti comunque considerevoli».

È il caso ad esempio delle famiglie tedesche, più ricche di oltre 1.300 miliardi di euro (+31,6%), di quelle francesi, cresciute di 1.200 miliardi (+31,9%) e di quelle britanniche con +1.900 miliardi (+30%). Notevole anche il risultato dell’Olanda (+55,9%, pari a 800 miliardi) e della Svezia (+72,6%, cioè 500 miliardi in più). Di fatto tutte le economie eccetto la nostra hanno scollinato la crisi e ripreso a correre più veloci.

La ricchezza rimane concentrata ancora al settentrione (62,6% se consideriamo la sommatoria di Nord ovest e Nordest), in calo però del 4,5% rispetto al 2006. Crescono invece il Centro (21,5%, in crescita dello 0,5%), il Sud (11,2%, +2,7%) e le Isole (4,7%, +3,3%). Colpisce il dato demografico: quasi la metà della ricchezza interessa i nuclei guidati da un over 64 (si va dal 28,9% del 2006 al 47,9% del 2014). La fascia dai 35 ai 44 anni è calata del 5,3%, quella 45-54 anni del 3,5%, mentre quella che va dai 55 ai 64 anni crolla di quasi dieci punti percentuali. «Citata come un fiore all’occhiello del nostro sistema finanziario nonché come simbolo della laboriosità e della capacità di risparmio degli italiani, la ricchezza delle famiglie italiane viene trattata dallo Stato come un bancomat al quale attingere spesso e volentieri» è il commento di Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. Blasoni si è detto preoccupato inoltre della distribuzione disomogenea della ricchezza, sia a livello territoriale che anagrafico.

L’erosione della ricchezza delle famiglie italiane ovviamente non finisce in banca ma aggredisce il mattone. Secondo i numeri del Mef, nonostante lo stock di immobili di proprietà delle persone fisiche sia aumentato di oltre due milioni di unità (56,354 milioni nel 2014 contro i 54,341 del 2011), il valore patrimoniale delle abitazioni è calato del 5,25%, passando da 6.015 miliardi di euro nel 2011 a 5.699 miliardi nel 2014 (dati tratti dai report “Gli immobili in Italia 2016 e 2017”). Trecento miliardi andati in fumo nel giro di un quinquennio, pari al 15% del prodotto interno lordo. Il mercato ha dato negli ultimi due anni qualche timido cenno di ripresa, ma stiamo ancora scontando il crollo dei prezzi e la conseguente diminuzione della ricchezza abitativa. La riforma del catasto, nell’aggiornare i valori degli immobili al rialzo, aumenterà le tasse rendendo ancora più leggero il portafoglio degli italiani.

I dati sulla povertà raccontano la dura realtà di un Paese cristallizzato e capace di affidare le speranze di ricchezza futura solo alle categorie del passato. L’unica categoria per cui l’incidenza di povertà relativa è diminuita è quella degli over 65, passati dal 12,2% del 2006 al 7,9% del 2016. Malissimo i giovani dai 18 ai 34 anni – in teoria la categoria che dovrebbe far da traino alle attività produttive – dove si è passati dal 10% al 14,6% nello stesso periodo. A livello internazionale il nostro paese si colloca tra gli ultimi della classe: quasi un terzo dei cittadini sotto i cinquant’anni sono a rischio povertà. Fanno peggio di noi solo la Grecia, la Bulgaria e la Romania.

Ricchezza delle famiglie: ancora lontano il livello toccato nel 2006. La metà del valore si concentra al nord e nelle famiglie con capofamiglia over 64

Ricchezza delle famiglie: ancora lontano il livello toccato nel 2006. La metà del valore si concentra al nord e nelle famiglie con capofamiglia over 64

Nonostante la recente crescita, il livello delle attività finanziarie detenute sotto varie forme dalle famiglie italiane è ancora lontano dai livelli fatti registrare nel periodo antecedente la crisi economica.  Nel  2015, infatti, registriamo ancora una flessione dell’1,7% rispetto alla soglia di 4mila miliardi registrata a fine a 2006. Nello stesso periodo solo in Grecia è stata registrata una flessione superiore alla nostra (18,4%). Il dato emerge da un’analisi del Centro studi ImpresaLavoro su elaborazione dei dati di Banca d’Italia, Sistema Europeo delle Banche Centrali, Ocse ed Eurostat.

Nello stesso periodo di tempo le famiglie di alcuni Paesi dell’Europa dell’Est hanno invece raddoppiato i volumi della loro ricchezza mentre quelle residenti in economie più mature hanno registrato incrementi netti comunque considerevoli. Rispetto a dieci anni or sono le famiglie tedesche sono ad esempio più ricche di oltre 1.300 miliardi (+31,6%), quelle francesi di oltre 1.200 miliardi (+31,9%) e quelle britanniche di 1.900 miliardi di euro (+30%). L’incremento in termini relativi risulta molto rilevante anche in Olanda (+55,9%, pari a 800 miliardi) e in Svezia (+72,6% ovvero 500 miliardi).

Lo studio della ripartizione geografica della ricchezza delle famiglie italiane negli ultimi 10 anni evidenzia una sua maggiore concentrazione nel Nord Ovest (scesa peraltro dal 35,2% del 2006 al 34,6% del 2014) e nel Nord Est (scesa dal 31,9% al 28,0%). Rimasta sostanzialmente stabile nel Centro (dal 21% al 21,5%), questa è invece aumentata al Sud (dall’8,5% all’11,2%) e nelle Isole (dal 3,3% al 4,7%).

Se si prendono in considerazione le differenti classi anagrafiche si può invece osservare come quasi metà della ricchezza sia posseduta dai nuclei con un capofamiglia over 64 (negli ultimi dieci anni si passa dal 28,9% al 47,9%). Questa decresce peraltro con l’abbassamento dell’età del loro capofamiglia: dal 24,5% per la fascia d’età 55-64 anni all’appena il 2,6% per le famiglie guidate da un soggetto under 34 anni. Un segno inequivocabile della difficoltà delle ultime generazioni ad accumulare risparmi.

«Citata come un fiore all’occhiello del nostro sistema finanziario nonché come simbolo della laboriosità e della capacità di risparmio degli italiani, la ricchezza delle famiglie italiane viene trattata dallo Stato come un bancomat al quale attingere spesso e volentieri» osserva l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. «Oltre a una sua crescita inferiore a quella dei principali altri Paesi europei, preoccupa la sua disomogenea distribuzione sia per area geografica sia per classe d’età del capofamiglia. A detenerne la metà in Italia sono infatti le famiglie del Nord e quelle guidate dagli over 64. Un’ennesima conferma di come le attuali politiche del lavoro non riescano a garantire un volano per la crescita economica del Meridione, penalizzando al tempo stesso le giovani generazioni, quasi sempre messe nelle condizioni di non poter accumulare risparmi».