Sulla casa pesano 11 miliardi di tasse in più
di Chiara Merico – La Verità
Uno degli argomenti più gettonati dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi è stato il taglio delle tasse a opera del suo governo, un refrain sentito più e più volte, specie nell’ultima fase della campagna elettorale per il referendum. Ma a smentirlo, alla vigilia del giorno in cui 25 milioni di italiani sono chiamati a versare il saldo di Imu, Tari e Tasi, arriva una ricerca del centro studi ImpresaLavoro, secondo cui dal 2011 a oggi il gettito complessivo derivante dalla tassazione sugli immobili è cresciuto del 30,2%, per un incremento su base annua di 11,4 miliardi rispetto a cinque anni fa. Questo anche se nel 2016 il gettito complessivo dovrebbe ammontare a 49,1 miliardi di euro, in calo del 6,1% rispetto al livello record di 52,3 miliardi di euro segnato lo scorso anno.
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Insomma, la pressione fiscale sui proprietari di immobili rimane altissima, nonostante l’abolizione della tassa sulla prima casa. E nonostante le rivendicazioni dell’ex premier, che lo scorso febbraio, in una delle sue newsletter Enews scriveva: «Tutti convinti che abbiamo fatto bene ad abbassare le tasse. Ma ciascuno ha la sua personale classifica di quelle che andavano tagliate e di quelle che invece andavano mantenute. Impossibile accontentare tutti. Però (c’è la, ndr.) consapevolezza che rispetto al passato si è cambiato marcia: ora le tasse vanno giù, prima andavano su». Matteo Renzi aggiungeva una lista delle principali obiezioni che si era visto rivolgere: «Perché hai eliminato le tasse sulla prima casa? E perché questa insistenza sugli 80 euro? E perché gli 80 euro alle forze di polizia? E immaginate il resto: Irap, costo del lavoro, tasse agricole, tax credit sulla cultura. Impossibile accontentare tutti, dai».
Certo non è possibile venire incontro a tutte le esigenze, ma a quanto risulta dallo studio di ImpresaLavoro, rispetto al 2011 la pressione fiscale su chi possiede immobili non solo non è calata, ma è aumentata di un terzo. «A subire il maggiore incremento in questi cinque anni è stata la quota patrimoniale del prelievo – più che raddoppiata (+173%), secondo quanto riporta la stessa Corte dei Conti – a differenza delle entrate attribuibili agli atti di trasferimento (-29%) e a quelle sul reddito immobiliare, sostanzialmente inalterate nonostante la crescita del gettito da locazioni favorita dall’introduzione della cedolare secca sugli affitti», si legge nello studio, dove si precisa inoltre che «i 3,6 miliardi di euro di gettito in meno rispetto al 2015 sono integralmente attribuibili al taglio della Tasi per le abitazioni principali, che ha fatto scendere il gettito da 4,7 a 1,1 miliardi di euro. Restano invece stabili a 20,4 miliardi su base annua le entrate derivanti dall’Imu». Ma, sottolinea lo studio, «la componente esplicitamente patrimoniale dell’imposizione sugli immobili è comunque più che raddoppiata rispetto al 2011 quando valeva “solo” 9,2 miliardi di euro. In crescita rispetto a cinque anni fa anche il gettito derivante dalle tasse sui rifiuti che passano da 5,6 a 8,4 miliardi di euro». In totale, oggi gli italiani pagheranno 10,1 miliardi di euro di Imu e Tasi, per una media di 535 euro a testa, con punte di oltre mille euro nelle grandi città come Roma, Milano e Bologna. Chi dovesse ritrovarsi impossibilitato a pagare il saldo entro il 16 dicembre potrà in seguito accedere al cosiddetto ravvedimento operoso, che prevede sanzioni crescenti all’aumentare dei giorni di ritardo.
TREDICESIMA MAGRA
Le scadenze di fine anno pesano parecchio, anche sui bilanci familiari dei fortunati che avranno la tredicesima: dei quasi 35 miliardi di euro che gli italiani incasseranno grazie all’assegno supplementare, infatti, solo il 14,8% (pari a 5 miliardi) potrà essere speso per regali, viaggi e feste di fine anno. Il resto, secondo il rapporto di Adusbef e Federconsumatori, servirà per onorare debiti pregressi, pagare rate del mutuo, bolli auto e bollette, e ovviamente il saldo delle tasse per chi ha una seconda casa. In base ai calcoli delle due associazioni dei consumatori, infatti, per questi contribuenti un terzo della tredicesima, in media circa 530 euro, se ne andrà così, cifra che sale a due terzi (1.000 euro) per chi ha un immobile in una grande città. L’Imu sulla seconda casa assorbirà 2,3 miliardi (4-9,5% rispetto al 2015), mentre la seconda rata della Tasi costerà 2,4 miliardi, +9,1% rispetto al 2015. «Nonostante l’abolizione della Tasi sulla prima casa», osserva Massimo Blasoni, presidente del centro studi ImpresaLavoro, «la tassazione sugli immobili nel nostro Paese continua a essere del 30% più elevata rispetto al 2011. Si tratta di una vera e propria patrimoniale operata a danno di quello che molte famiglie consideravano un vero e proprio bene rifugio. Una manovra che ci venne richiesta a gran voce dall’Europa e che ha prodotto effetti negativi su molti versanti: ha impoverito il patrimonio delle famiglie, messo in ginocchio il settore dell’edilizia e generato grande incertezza, deprimendo consumi e domanda interna».