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Local Tax inesistente? Ci costerà più dell’anno scorso

Local Tax inesistente? Ci costerà più dell’anno scorso

Davide Giacalone – Libero

Giugno, è ora di pagare. Naturalmente, come ogni anno, non si sa come e non si sa quanto. Il satanismo fiscale ha una sua maniacale coerenza, accompagnata da aspetti che potrebbero essere considerati intriganti, se solo si coltiva la passione delle messe nere. Nel 2015, fu detto l’anno prima, non ci saranno più l’Imu e la Tasi, sostituite da una tassa unica, la Local Tax (l’Ici era la stessa cosa, nel senso di “comunale”, e l’Imu era la stesa cosa, nel senso di “unica”: l’innovazione, quindi, stava nell’uso dell’inglesorum). La tassa anglofona, promisero, sarà facile e costerà meno. L’annuncio fu poi corretto: per il 2015 non ci sarà ancora la Local Tax, perché sarebbe sciocco bruciare un’idea cosi innovativa e brillante sulla pira della fretta.

Per andare sul sicuro, quindi, si replicherà la tassazione del 2014, ma con due novità: a. Questa volta i bollettini arriveranno precompilati, sicché il contribuente non dovrà fare altro che scucire; b. Le aliquote saranno fissate entro marzo, assieme all’approvazione dei bilanci comunali. Delusi? No, illusi. Perché nulla di tutto questo è avvenuto, visto che il termine per l’approvazione dei bilanci è slittato al 30 luglio, mentre le patrimoniali sulla casa (perché di questo si tratta: patrimoniali sul bene primario degli italiani, mascherate da esazioni per supposti servizi locali) si pagano entro il 16 giugno. E perché è pur vero che l’obbligo d’inviare i bollettini precompilati era stato fissato, niente popo di meno, che nella legge di Stabilità, ma neanche questi ci saranno, perché i Comuni non saprebbero che aliquota applicare. Già, ma la stessa cosa vale per il contribuente. Esatto: quindi meglio scaricare su di lui la colpa. Non vi pare geniale? Belzebù in persona s’è commosso, benché abbia sollecitato gli accoliti a non esagerare in sadismo.

Allora, come si deve fare? Il fisco stregonesco risponde: niente paura, ci date quello che ci avevate dato l’anno scorso, con le stesse modalità, tanto poi, con la seconda rata, vi facciamo avere l’entità del conguaglio, ovvero il di più che ci avreste dovuto dare fin dalla prima, ma che, con la scusa che nessuno vi ha detto a quanto ammontava, ci avete negato. Già, ma non doveva diminuire, la tassa? Occhio a fare certe domande, che potrebbe esserci una soprattassa peri creduloni. In contemporanea si dovrà anche inviare la dichiarazione dei redditi, che per molti doveva essere anche quella precompilata, esente da errori e senza controlli ulteriori nel caso in cui il contribuente avesse accettato i conti per lui fatti dal fisco.

Raccontammo il perché erano bubbole, che i controlli ci sarebbero stati comunque (sui dati originati da soggetti terzi, anche se accettati dal fisco) e che gli errori si sarebbero pagati: cento euro per ciascuno, salvo maggiore addebito per contestata evasione, nel qual caso sono dolori. Prima ci snobbarono, poi ammisero: è esattamente così. Dunque, alla fine, non sai se è meglio la dichiarazione precompilata esistente, dove se firmi sbagli e se non firmi sbagli, o il bollettino precompilato inesistente, perché il governante non fece i decreti e le circolari applicative, sicché il Comune incassante non sa dirti quanto gli devi, ma tu li devi comunque, anche se sei l’unico a non avere mancato ad alcun dovere.

Come volete che riparta un’economia in cui l’amministrazione pubblica non solo non riesce a far scendere le proprie pretese fiscali (previste in aumento per il 2016), ma neanche a dirti quanto le devi dare e come? E nessuno dica che si tratta di cose impreviste, perché le prevedemmo. Si tratta di un’amministrazione incapace e arrogante, al servizio di un gettito il cui unico obiettivo è inseguire e coprire la spesa. In condizioni di almeno parziale serietà il governo, persa ogni possibilità di mantenere fede alle promesse, dovrebbe, se non altro, licenziare i responsabili. Non lo fanno perché i licenziati farebbero ricorso, dimostrando che irresponsabili sono i governanti.

Le false vittorie del governo

Le false vittorie del governo

Davide Giacalone – Libero

44 miliardi escono oggi dalle tasche degli italiani e si lanciano nel dirupo delle casse erariali. A salutare il loro precipitare hanno trovato la fanfara di due annunci: nel 2015 non aumenteranno né le tasse sulla casa né il canone Rai. Ma non basta, perché ad accompagnare il volo c’è anche un fatto: solo il 15% della delega fiscale ha fin qui trovato attuazione, scadendo il prossimo 27 marzo. E fra le cose che si dicono imminenti c’è 1’ennesima ridefinizione dell’abuso di diritto. Che è uno strazio del diritto.

Andiamo con ordine. Le imposte legate alla casa non aumenteranno. Che bello. La verità è più prosaica: il governo aveva annunciato che il 2015 sarebbe stato l’anno della “local tax”, sicché una sola tassa che le avrebbe ricomprese tutte, e invece s’è arreso, lasciando tutto com’è. Questa è la notizia. E veniamo al canone Rai: non aumenterà. Evviva. Scusate, ma non doveva dimezzarsi? L’annuncio era: si pagherà la metà e lo si farà con la bolletta elettrica. La notizia è che l’operazione governativa è abortita. Tutto il capitolo della semplificazione fiscale, del resto, dovrebbe essere compitato entro la fine di marzo, dando attuazione alla delega fiscale. Fin qui siamo a carissimo amico.

Dicono in arrivo la parte relativa all’abuso di diritto. Leggo le anticipazioni e inorridisco. Dunque: non sarebbe più reato, ma il fisco può continuare a contestare non violazioni della legge, non evasioni fiscali, ma elusioni fondate sull’applicazione della legge. Non ha alcun senso supporre che il rispetto di una legge possa essere un abuso. Se lo è, ciò discende dal fatto che la legge è scritta male. La riscrivano. Comunque: equiparato all’elusione, l’abuso continuerà ad essere contestato. A quel punto il contribuente dovrà dimostrare di avere agito con finalità non malevole. Quindi: il fisco contesta e il contribuente deve dimostrare di non essere in peccato. Manco il tribunale dell’inquisizione. Il contribuente, però, può prevenire il problema: quando dovrà applicare una legge, potendo scegliere fra quella e un’altra, potrà evitare d’incorrere in tentazione chiedendo prima al fisco cosa sua signoria suggerisce di fare. Appena oltre il confine, se scegli con attenzione, si paga meno ed è tutto più semplice. Se vai in Lussemburgo al funzionario non chiedi quale leggi applicare, ma tratti quale aliquota ti applica, se vai a fargli compagnia. Ecco, se siete di buon carattere, diciamo che tali notizie potrebbero allietarvi le feste, strappando un sorriso. Se già malmostosi, c’è solo da sperare che vi distraiate.

La Local Tax è rimasta un annuncio, così nel 2015 la Tasi raddoppierà

La Local Tax è rimasta un annuncio, così nel 2015 la Tasi raddoppierà

Sandro Iacometti – Libero

La stangata sulla casa è assicurata anche per il 2015. Mentre l’Europa continua a prenderci a sberle ogni giorno (ieri è stato il turno di Draghi e di Juncker, che ha rincarato la dose), inchiodandoci alla prospettiva di una manovra bis, il governo sembra aver deciso che il prossimo anno non solo resterà la Tasi, ma sarà pure più salata. La piacevole prospettiva è emersa nel corso di un vertice tecnico di mercoledì pomeriggio nel corso del quale, secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore e da alcune fonti parlamentari, gli esperti governativi si sarebbero scontrati con le difficoltà di portare avanti il progetto frettolosamente, e incautamente, annunciato da Matteo Renzi della local tax.

La grande rivoluzione del fisco locale, tutte le tasse riunite in una sola gabella, sembrava da settimane lì lì per arrivare. All’inizio sembrava dovesse addirittura entrare nella legge di stabilità alla Camera. Poi si è detto che sarebbe stata introdotta al Senato. Un paio di giorni fa il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, ci ha spiegato che per la local tax il governo avrebbe usato provvedimenti diversi dalla legge di stabilità, ma comunque entro la fine dell’anno. Infine si è ipotizzato un intervento nei primi mesi del 2015. L’ultima versione, di fronte all’inevitabile complessità di un riordino generale dell’imposizione locale, è che non si esclude uno slittamento al 2016.

Ipotesi catastrofica per le tasche degli italiani. Il prossimo anno, infatti, non resterà tutto così com’è. Il simpatico vizio degli ultimi governi di prevedere clausole, cavilli e gradualità delle misure ha infatti spinto lo scorso anno l’allora ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e l’allora premier Enrico Letta ad inserire nella legge sulla Tasi una devastante bomba a tempo. Il tetto massimo dell’aliquota per la prima casa è fissato al 2,5 per mille (poi diventato 3,3 per mille con l’aggiunta della quota da destinare alle detrazioni), ma solo per il 2014. Dal 2015 l’asticella si allinea a quella prevista dalla vecchia Imu, ovvero il 6 per mille. In più, saranno tolte anche le detrazioni. Considerato che pure la legge che ha previsto l’aliquota aggiuntiva, spalmata sulla prima e sugli altri immobili, vale solo per il 2014.

La Cgia di Mestre si è fatta due conti. I Comuni che hanno applicato quest’anno l’aliquota massima del 3,3 per mille hanno incassato mediamente 347 euro per un’abitazione di tipo civile A2. Con il 6 per mille il conto sale a 631 euro, praticamente quasi il doppio. La stessa cosa si verificherà per un’abitazione di tipo economico A3: dai 233 euro di quest’anno si arriva a 424 euro nel 2015. Molto peggio andrà per chi ha pagato con aliquote inferiori al 3,3 per mille. Alla luce del fatto che la media applicata quest’anno è stata del 2,3 per mille, l’eventuale incremento al 6 per mille farebbe schizzare il gettito riferito ad un’abitazione A2 da 242 euro pagati a 631 euro (variazione +160%). Per un A3, invece, si passerebbe da 134 a 424 euro (variazione +2l6,4%).

Per mitigare la batosta il governo sta valutando l’ipotesi di prorogare le detrazioni. Il problema è che nel 2014 sono stati stanziati allo scopo 625 milioni che oggi non ci sono. I Comuni ieri sono stati chiari: «Il governo deve garantirci nel 2015 le stesse risorse». Se non lo farà, gli aumenti sono sicuri. Nell’attesa, martedì si paga di nuovo: Tasi, Imu e qualsiasi altra cosa vi venga in mente.

La local tax, scommessa ad alto rischio per i cittadini

La local tax, scommessa ad alto rischio per i cittadini

Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore

Le tasse sull’abitazione principale sono una delle passioni più intense della politica di questi anni, con il risultato che in sette città su 10 la Tasi sulla casa media è più cara dell’Imu 2012 (e il quadro peggiora se si guarda ai centri minori, dove le detrazioni sono ancora più rare), e che gli appartamenti più modesti sono anche i più penalizzati rispetto al passato. Basterebbe questo per chiedere a partiti e Parlamento di occuparsi d’altro. Al di là della battuta, però, l’ennesima riforma del Fisco sul mattone è indispensabile, perché fra i tanti difetti delle regole scritte pochi mesi fa c’è anche il fatto di non aver saputo guardare più in là del proprio naso: tetti di aliquota e mini-aiuti statali sono stati previsti solo per quest’anno, lasciando campo libero nel 2015 ad aumenti record. Senza modifiche, l’anno prossimo si potrebbe imporre alla prima casa un prelievo del 6 per mille senza detrazioni, il doppio rispetto a oggi.

Anche la fantasia fiscale, però, ha dei limiti, e la «tassa unica» su cui sta lavorando il Governo rappresenta nei fatti un ritorno all’Imu, con aliquote e sconti un po’ più bassi ma con lo stesso impianto. Appurato che soldi per esentare tutte le abitazioni non ce ne sono, la scelta non è sbagliata, perché riporta un minimo di progressività al carico fiscale. Sugli altri immobili, però, il rischio è che la nuova aliquota massima al 12 per mille si traduca in un’altra tornata di rincari, dopo che quest’anno i Comuni hanno potuto arrivare fino all’11,4 per mille. Né si può fare troppo affidamento sulla capacità di discriminare tra i diversi immobili. Da un lato, l’esperienza insegna che quando il sindaco è in difficoltà finanziarie (o non sa tagliare le spese) l’aliquota sale su tutti i tipi di fabbricati. Dall’altro, è difficile sostenere che una casa sfitta – magari perché non si trova un inquilino – “merita” l’aliquota al 12 per mille più di un negozio affittato, ad esempio. La nuova tassa tutta comunale, insomma, è una scommessa sull’autonomia. Purché a perderla non siano i contribuenti.

Local tax, il rischio di pagare gli errori del passato

Local tax, il rischio di pagare gli errori del passato

Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore

Dopo tre anni in cui il Fisco sul mattone ha visto crescere a passo di carica il caos delle regole e soprattutto il conto a carico dei cittadini, ogni novità su parametri e aliquote tocca un nervo scoperto. In questo quadro, i nuovi indicatori della «tassa locale» non passeranno certo inosservati, soprattutto nel capitolo dedicato a seconde case e altri immobili, per i quali l’aliquota massima sale fino al 12 per mille invece dell’11,4 attuale. Uno scarto piccolo, rivolto però a proprietari che oggi pagano dal 100 al 200% in più di quello che versavano tre anni fa, mentre il loro immobile perde valore schiacciato dalla crisi e dalle tasse.

Il fatto è che nel Fisco gli errori si pagano, e nel travaglio eterno della Tasi di errori ne sono stati fatti parecchi. Dopo un continuo lavorio sulle norme per mettere una pezza a questo o quel difetto del nuovo tributo, il debutto effettivo della Tasi è stato accompagnato da un fondo statale di 625 milioni. L’aiuto è stato pensato per permettere a molti Comuni di far quadrare i conti e di riservare anche qualche detrazione sulle abitazioni principali, nel tentativo di attenuare il drastico effetto regressivo (aumenti per le case più “povere”, sconti per quelle più ricche) del nuovo sistema. Questo assegno statale, però, ha solo rimandato il problema di un anno, perché ora altri 625 milioni non ci sono (o il Governo non è disposto a metterli) e la leva fiscale potenziale dei Comuni sale.

Non solo: la nuova spending review resta un boccone amaro per i sindaci, e una quota (minoritaria) viene compensata con una maggiore libertà di aliquote. Il caos dellaTasi, poi, si pagherà anche in termini di polemiche sull’abitazione principale: il tributo sui servizi indivisibili ha colpito le case di valore più basso, il nuovo meccanismo, grazie alla detrazione fissa, redistribuisce il carico verso l’alto, ma in questa altalena continua c’è chi perde e chi guadagna e il dibattito è servito.

Come se ne esce? Il Governo punta su «autonomia» e «semplificazione», per costruire una tassa locale che sia comprensibile da chi la paga (certe delibere Tasi con decine di parametri bizantini fanno più male dei modelli di versamento in fatto di consenso da parte dei cittadini) e sia davvero tutta comunale, cancellando il paradosso dell’imposta «municipale» nel nome ma statale a metà nei fatti. È una strada corretta, come saggia è stata la rinuncia all’idea iniziale di accorpare nella tassa locale anche i tributi minori, con una mossa che avrebbe fatto pagare a tutti una quota del miliardo versato ogni anno sui cartelloni pubblicitari o l’occupazione di suolo pubblico. Gli scogli da superare, però, restano parecchi e per non finire incagliati serve che la semplificazione sia vera e l’autonomia effettiva. E serve, va aggiunto, che questa riforma sia l’ultima: perché imporre ai contribuenti un corso accelerato tre volte all’anno per pagare le tasse sulla casa non è un’abitudine civile.