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Perché con il ddl Concorrenza le bollette di energia elettrica saranno ancora più care

Perché con il ddl Concorrenza le bollette di energia elettrica saranno ancora più care

di Vittorio Pezzuto – Affaritaliani.it

Nel nostro Paese il mercato dell’energia elettrica è stato liberalizzato dal 1 luglio 2007 ma, per un paradosso tutto italiano, le bollette non sono calate. Negli ultimi cinque anni le famiglie italiane hanno infatti visto crescere del 24,22% i costi (tasse incluse) per l’utilizzo dell’energia elettrica a fini domestici: si è passati da 0,1943 euro per kWh del 2010 a 0,2413 euro per kWh del 2016.

Stimando per il 2016 un consumo medio annuo per famiglia di 2.579 kWh (fonte: osservatorio facile.it) si ottiene un costo a carico di ogni famiglia per la sola bolletta elettrica di 622 euro su base annua. A livello europeo solo in Danimarca, Belgio e Germania l’energia costa di più che nel nostro Paese. Se la stessa famiglia, infatti, si trovasse a vivere in Francia risparmierebbe 187,75 euro su base annua; 119,15 euro se vivesse nel Regno Unito e 58,80 euro se vivesse in Spagna. In Germania, invece, il conto sarebbe più elevato: +143,39 euro.

Al momento nel nostro sistema vige un doppio regime: quello di maggior tutela (per chi ha mantenuto il proprio storico fornitore di energia) e quello del mercato libero (per chi nel frattempo si è rivolto ad altri fornitori). Sarebbe logico attendersi che quest’ultimo assicuri prezzi più vantaggiosi ai clienti. Accade invece il contrario e per rendersene conto è sufficiente leggere il Rapporto 42/2015 dell’Autorità per l’Energia, il Gas e il Sistema idrico, laddove (a pag. 5) afferma che «vi sono evidenze che in media i clienti domestici che si approviggionano sul libero mercato pagano un prezzo di fornitura maggiore di quello che pagherebbero nell’ambito del servizio di maggior tutela. Nel 2013 i prezzi medi rilevati nel mercato libero – con riferimento alla sola quota relativa ai costi di approvvigionamento, vendita e margine di commercializzazione – risultano superiori a quelli del servizio di maggior tutela di un intervallo compreso tra il 15% e il 20%.»

Una situazione anomala che si vorrebbe adesso superare con l’approvazione del ddl Concorrenza, più volte rinviata e la cui discussione verrà calendarizzata al Senato nelle prossime settimane. Nella parte dedicata alla liberalizzazione del mercato elettrico, è stato infatti inserito il termine del 1 luglio 2018 per la fine del regime della maggior tutela e il passaggio obbligatorio al mercato libero. Tutto bene? No. Purtroppo in commissione Industria al Senato il 10 febbraio 2016 è stato approvato, di notte e per iniziativa della maggioranza, un emendamento all’art. 29 che mette in serio pericolo la centralità del consumatore. Prevede infatti che l’Autorità per l’energia elettrica adotti disposizioni per assicurare il servizio di salvaguardia ai clienti finali domestici e alle imprese connesse in bassa tensione (con meno di cinquanta dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro) senza fornitore di energia elettrica o che non abbiano scelto il proprio fornitore, «attraverso procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero».

In soldoni significa che con il nuovo regime i cittadini non potranno confermare il contratto col proprio fornitore (a quest’ultimo sarà probabilmente vietato l’invio di una comunicazione del tipo: «Caro cliente, se vuoi puoi restare con noi e a queste condizioni»). Niente da fare, dovranno obbligatoriamente rivolgersi al mercato libero, scegliendo tra le varie offerte telefoniche o consultabili sulla Rete per poi sottoscrivere il nuovo contratto. Se non lo faranno entro il 1 luglio 2018, la loro utenza verrà assegnata a un altro fornitore attraverso un meccanismo, quello dell’asta sul prezzo, le cui modalità al momento non sono state ancora definite. In teoria dovrebbe essere bandita dal Ministero dello Sviluppo sulla base di regole definite dall’Autorità per l’Energia oppure da Acquirente Unico spa, il soggetto istituzionale controllato dal Ministero dell’Economia che ha il compito di approvvigionarsi di energia elettrica per i clienti che sono in regime di maggior tutela. È però ipotizzabile che ad aggiudicarsi i singoli lotti (di dimensioni medie, al massimo qualche milione di utenze, al fine di permettere la partecipazione sul territorio di operatori diversi dall’Enel) sarà il fornitore che di volta in volta offrirà il prezzo più basso. Il problema è che poi quest’ultimo dovrà probabilmente ribaltare al consumatore un prezzo finale superiore a quello attualmente praticato in regime di maggior tutela, e questo proprio per ottemperare alla regola dell’incentivazione al passaggio al mercato libero. Un meccanismo astruso. In realtà quanti clienti (soprattutto anziani) – magari perché distratti o poco informati o non collegati a Internet – a quel punto si daranno da fare per sganciarsi subito dal nuovo fornitore e reperire un’offerta migliore, a prezzi più vantaggiosi? Una piccola minoranza.

Occorre rimediare finché c’è tempo. La misura inserita nel ddl Concorrenza che sarà discusso in Parlamento non esiste in nessun altro Paese europeo, è assai poco liberale e per nulla in linea con i principi della libera concorrenza. La strada da intraprendere è semplice e va nella direzione opposta: abolire il meccanismo dell’asta, informare il consumatore della possibilità di scelta del fornitore e, nel caso rimanga silente, prevedere la formula del silenzio assenso, cioè la conferma del fornitore in essere (lasciando ovviamente la possibilità di modificare in ogni momento la propria scelta). Solo in questo modo si potranno finalmente creare le condizioni di mercato per una sana e libera concorrenza tra operatori e quindi un conseguente abbattimento del costo delle bollette.

Economia, lavoro, tv e giornali: Massimo Blasoni e Nicola Porro a Udine

Economia, lavoro, tv e giornali: Massimo Blasoni e Nicola Porro a Udine

Domani, giovedì 7 luglio, a Udine, incontro a Palazzo Kechler per un dibattito tra il Presidente del centro studi ImpresaLavoro, Massimo Blasoni, e il vicedirettore de “Il Giornale”, Nicola Porro. Vittorio Pezzuto intervista gli ospiti su “economia, lavoro, tv e giornali”. Introduce il direttore di ImpresaLavoro, Simone Bressan.

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Un voto da esaminare? Quello svizzero

Un voto da esaminare? Quello svizzero

Vittorio Pezzuto – Metro

Il voto più importante di questi giorni resta a mio giudizio quello svizzero. Gli elettori dei 26 Cantoni hanno infatti bocciato con uno straripante 77% il referendum che proponeva di elargire un reddito minimo garantito a tutti i cittadini elvetici. Questi valligiani son gente concreta, che bada giustamente ai propri interessi. Sanno bene come un reddito non possa prescindere dal lavoro e infatti si industriano ogni giorno per guadagnare sempre di più, orgogliosi del loro successo personale. Tant’è vero che agli autori di questa strampalata proposta hanno così replicato: «Ma siete matti?! I soldi mica nascono sotto le pietre. Come disse Margaret Thatcher, non esiste il denaro pubblico: esiste solo il denaro dei contribuenti. E noi non abbiamo nessuna intenzione di pagare nuove tasse per far fronte al costo di una mancia assistenziale mensile (fino alla tomba) di 2.250 euro per ciascun adulto e addirittura di 560 euro per ciascun minorenne.

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