yoram gutgeld

Consigli non richiesti a Yoram Gutgeld

Consigli non richiesti a Yoram Gutgeld

Giuseppe Pennisi – Formiche

Il Consiglio dei Ministri del 7 aprile ha all’ordine del giorno l’esame e l’approvazione del Documento di Economia e Finanze (Def) con cui delineare l’azione di governo nel breve e medio termine. Il Def dovrebbe ricevere i pareri delle Commissioni Parlamentari del simulacro del CNEL (esistente ma reso nell’impossibilità di funzionare da una norma che fa a pugni con la Costituzione) e della Commissione Europea. Sulla base del Documento che, ci si augura, verrà approvato domani e, con le osservazioni che il Governo vorrà recepire, costituire la base della prossima Legge di Stabilità.

Naturalmente il Def all’ordine del giorno presuppone tanti altri argomenti: dal patto di stabilità interno, alle tax expenditures per imprese e famiglie, alla previdenza e all’assistenza, alle missioni militare di pace all’estero, e via discorrendo.

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Legge di stabilirà

Legge di stabilirà

Davide Giacalone – Libero

Più che una legge di stabilità si avvia a essere una legge di stabilirà. Nel senso che si modella e adatta con il passare delle ore. Il tempo passato dall’annunciazione alla presentazione è servito anche per far tesoro dello sgomento suscitato nel sentir dire alcune cose. Per esempio: la decontribuzione annunciata, sulle assunzioni a tempo determinato, era di 6200 euro, ma trattavasi di un errore, perché già ci sono aziende che avrebbero diritto a una decontribuzione superiore, sicché nel testo che sarà presentato in Parlamento (dove ancora neanche c’è) quel limite sarà alzato a 8060. Vedremo cosa combineranno con il Tfr, i cui errori sono stati qui illustrati per tempo.

Originale la teoria illustrata da Yoram Gutgeld, consigliere economico di Matteo Renzi: se le norme esistenti si dimostrassero più convenienti di quelle che stiamo preparando, il contribuente potrà attenersi a quelle che preferisce. Lui si riferisce alle agevolazioni per le partite Iva, ma, certo, ha tutta l’aria d’essere un bislacco principio generale: noi ideiamo agevolazioni, che annunciamo a raffica, ma se, eventualmente, la legge preesistente fosse migliore di quella da noi magnificata, niente paura, potrete continuare a usarla. In espansione, se non altro, c’è la fantasia.

Direi che dalla scuola alla giustizia la nouvelle vague governativa s’è l’asciata un po’ prendere la mano dall’ebrezza della consultazione popolare: noi annunciamo una cosa, stilando un menù che non comporta scelte, e voi siete liberi ciascuno di dire la propria. Tanto nessuno sta a sentire. In campo fiscale sembra ci sia un salto di qualità: mettiamo in parallelo un paio di sistemi e voi scegliete quello in cui vivere. La legge di stabilirà. Intanto, per non rendere noiosa la vita, continua la serrata campagna degli annunci. Immagino che al Quirinale si siano domandati: ma se ci hanno appena consegnato il testo della legge di stabilità, perché l’idea degli 80 euro alle mamme non c’è e sono andati a illustrarla in un salotto televisivo? Non so cosa si siano risposti. Di certo, un tempo erano più arcigni e meno comprensivi.

Una cosa buona, comunque. O no? No, non lo è. È una roba demagogica e controproducente. Lasciando da parte la fissazione per il numero 80, che non si capisce per quale logica quantifica i regali governativi, è bene rendersi conto che questa perversione laurina comporta una concezione della società come fossimo tutti minorenni, pronti a gioire per le mance temporanee. In una società maggiorenne le famiglie hanno bisogno dei servizi che le affianchino nella gestione dei bambini, a cominciare dagli asili nido. In una società maggiorenne la fiducia nel futuro discende dalla crescita economica, quindi dalla ragionevole certezza che lavorando si possa giovarsene. Mentre è tipico di una società minorenne il supporre che si possa dare e prendere senza che questo sia legato al produrre. Certo che 80 euro, al mese, tornano utili quando si affrontano le spese per un bambino, e certo che prendere gli applausi è cosa piuttosto semplice, annunciandoli, ma il bambino sopravvive ai tre anni e se non ci sono asili a sufficienza si perde partecipazione al lavoro degli adulti. Poi supera i sei anni, e se nelle scuole trova gli stabilizzati anziani avrà un’istruzione carente. E se lo mandiamo in scuole analogiche, con testi stampati e senza digitalizzazione non solo gli rubiamo capacità, ma rubiamo soldi alle loro famiglie, come capita anche quest’anno. Poi supera i diciotto, e se si trova in università chiuse alla concorrenza e autoreferenziali nell’assegnazione delle cattedre diventerà un analfabeta laureato. Ci sono toghe che non compitano nell’italico idioma. A quel punto che gli diamo, il contributo per disadattamento al lavoro e al mondo?

Quando i soldi sono troppi può capitare di contrarre i vizi dell’agio e dell’improduttività. Ma ora i soldi sono pochi e spenderli fuori dal rilancio di istruzione e produzione è un delitto. Salvo prendere applausi, per la legge che solo poi stabilirà

Gutgeld succederà a Cottarelli

Gutgeld succederà a Cottarelli

Michele Arnese – Italia Oggi

Chi sarà il successore di Carlo Cottarelli come commissario alla revisione della spesa pubblica? Alla domanda, alcuni renziani rispondono: non abbiamo bisogno di chiamare dall’esterno un Cottarelli o un altro Enrico Bondi, perché il «commissario» lo abbiamo già in casa. E si chiama, dicono, Yoram Gutgeld, nato a Tel Aviv nel ’59, filosofo e matematico di formazione, manager e consulente strategico per imprese e istituzioni. Il «Cottarelli renziano» ha tre caratteristiche che lo rendono agli occhi del premier Matteo Renzi adatto al ruolo di stratega della spesa pubblica, da riformare, da riorganizzare e da tagliare.

Primo: ha una sensibilità politicasuperiore a Cottarelli, che è sulla via del ritorno al Fondo monetario internazionali; infatti Gutgeld dal 2013 è deputato del Pd e membro della Commissione Finanze, oltre che esperto ascoltato da tempo a Palazzo Chigi proprio su questioni sui costi statali. Materia in cui servono decisioni politiche e non più, e non solo, dissertazioni e ipotesi tecniche (visti anche i risultati non entusiasmanti di personalità del calbro diPiero Giardacome ammesso dallo stesso Giarda in un rapporto della Cattolica).

Seconda caratteristica di Gutgeld: è esperto di riorganizzazioni in aziende ed enti, visto che per 24 anni ha lavorato in McKinsey ed è stato tra l’altro consulente di vari governi, come ad esempio quello israeliano per la spesa militare.

Terza caratteristica: Gutgeld, dicono molti renziani, forse per la sua personalità riesce a dialogare in maniera fruttuosa con i vertici del ministero dell’Economia. Capacità che non tutti i renziani, e le renziane, come ad esempio Antonella Manzione capo del Dagl (Dipartimento affari giuridici e legislativi), possono vantare nei confronti delle strutture del dicastero retto da Pier Carlo Padoan.

A Palazzo Chigi si nutre dunque fiducia sul lavoro del deputato-tecnico, che peraltro non inizia da zero. Da tempo, per conto di Renzi, è al lavoro sul bilancio statale. E da mesi, se non da anni, elabora ipotesi e studi su come rendere più produttiva la spesa pubblica anche attraverso i tagli. Nel suo ultimo libro «Più uguali più ricchi» edito lo scorso ottobre da Rizzoli si possono scorgere soluzioni di metodo e di merito. Il metodo Gutgled? Eccolo, in sintesi. Il primo anno si deve studiare, elaborare un piano e condividerlo con le strutture. Un commissario può coordinare, ma il lavoro va fatto dentro i ministeri e richiede il loro coinvolgimento. Il secondo punto è che si devono elaborare piani industriali dettagliati. Il terzo è procedere con leggi a «kilometro 0» (non si va da nessuna parte con leggi delega, alle quali seguono decreti legislativi, ai quali seguono regolamenti attuativi, ecc). Quarto, gli obiettivi devono essere misurabili e trasparenti, con un responsabile preciso. Infine ci vuole meritocrazia.

Facile a dirsi, difficile a farsi. L’obiettivo «politico» per Gutgeld? «Servirebbe», scriveva circa un anno fa, «una riduzione strutturale e sostenibile dei costi per la macchina pubblica di almeno 20-30 miliardi l’anno per consentire una significativa riduzione delle tasse sul lavoro». E per far questo, bisogna evitare tre errori, aggiungeva. Ovvero: no a interventi una tantum ma strutturali, si possono ridurre i costi senza intaccare la qualità e, infine, niente «tagli lineari». Ma forse il lavoro di Gutgeld inizierà facendo uno strappo alla regola.