Se non ci riesce lei…

Paolo Giacomin – QuotidianoNet

Rossella Orlandi, nuova direttrice dell’Agenzia delle Entrate fresca di nomina, ha messo un’ironica pietra tombale sulle tasse in Italia. Con queste parole: «Io che sono una esperta, ho perso un pomeriggio per cercare di capire che cavolo dovevo fare con l’Imu di casa mia». C’è poco da aggiungere e quel pizzico sono i conti sulla pressione fiscale secondo Confcommercio: il 53,2% al netto del sommerso. Una spremuta record per la zona Ocse resa ancora più aspra dalle difficoltà che da anni cittadini e imprese devono affrontare per pagare quanto lo Stato chiede per i propri bisogni di cassa. Ostacoli impietosamente fotografati dal rapporto “Paying Taxes 2014” elaborato da Pwc e Banca Mondiale: dal confronto tra i sistemi fiscali di 189 Paesi risulta, per esempio, che un’impresa in Italia impiega mediamente 269 ore all’anno per pagare le tasse, contro una media europea di 179 ore. A fronte di un’imposizione fiscale complessiva sulle aziende pari al 65,8% (contro il 41% del Vecchio Continente e peggio di quanto misurato da Confcommercio) spalmata in 20,3% sui profitti, 43,4% sul lavoro e 2% in altri balzelli. Vista la pessima situazione di partenza, far meglio non dovrebbe essere impossibile.

La riforma annunciata da Renzi ha offerto alla Orlandi la ribalta per spiegare novità che dovrebbero rendere l’Erario più civile e gentile con il contribuente. Liquidare le buone intenzioni sarebbe prematuro (e un po’ ingiusto), dubitare del buon esito della rivoluzione fiscale è lecito viste le scottature passate, sperare che sia la volta buona è dolorosa necessità perché è dalle strade del Fisco che passano le possibilità di ripresa: riportando la pressione fiscale a livelli più equi (un taglio di cinque punti in cinque anni?), lasciando un po’ di soldi in più in tasca alle persone sperando si riversino almeno in parte sui consumi. E rendendo il pagamento dei tributi meno incerto e imprevedibile. Perché evadere è reato, pagare il Fisco è un dovere, ma non è tollerabile che in Italia persino il proverbio «Nella vita vi sono solo due certezze: la morte e le tasse» ormai si limiti solo all’unica ipotesi inevitabile: sperando che almeno su quella non arrivino altri balzelli.