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Camera, lo spreco siede sulle poltrone Frau

Camera, lo spreco siede sulle poltrone Frau

Carmine Gazzanni – La Notizia

Non c’è niente da fare. Dopo annunci e strombazzamenti vari, sprechi e spese colossali continuano tranquillamente ad entrare a Montecitorio e, come se non bastasse, ad accomodarsi su comode poltrone Frau per le quali, soltanto negli ultimi sei mesi del 2014, la Camera dei Deputati ha speso oltre 18 mila euro. Non è, questo, che uno dei tanti esempi che si potrebbero fare delle tante spese che Montecitorio ha collezionato nell’ultimo semestre dell’anno appena trascorso, i cui dati sono stati resi pubblici ieri. Ma la conclusione è una soltanto: rispetto allo stesso periodo del 2013 la spesa per beni, servizi e forniture è aumentata di ben 5 milioni di euro. Alla faccia della spending review. Tanto che, anche facendo un calcolo complessivo sulla spesa annuale, quello che era stato annunciato come un taglio poderoso, alla fine si è risolto in un taglietto: siamo passati dai 121 milioni spesi in forniture, beni e servizi del 2013 ai 118 milioni del 2014.

Ma entriamo nel dettaglio. Secondo le tabelle visionate da La Notizia, nel periodo luglio-dicembre 2014 la Camera dei Deputati ha speso oltre 16 milioni di euro (che si aggiungono ai 102 milioni del primo semestre, periodo durante il quale fisiologicamente le spese sono più alte per via di contratti, appalti e via dicendo) contro gli 11 invece spesi nello stesso periodo del 2013. Ma, come spesso accade, sono i dettagli che fanno la differenza. E così, scorrendo le singole voci, scopriamo che, oltre alle comodissime poltrone Frau, la Camera di Laura Boldrini ha speso in arredi oltre 780 mila euro contro i 158 dell’anno precedente. Molti, però, sono stati anche i trasferimenti. E così per il facchinaggio, se da luglio a dicembre del 2013 l’esborso è stato pari a poco più di 186 mila euro, nell’ultimo periodo 2014 se ne sono andati quasi 600 mila. E se i mobili sono di nuova fattura, ovviamente anche i dipendenti devono vestire di tutto punto. E così anche le spese per il vestiario salgono: scarpe e divise di alta rappresentanza sono costate 171 mila euro contro i 101 del secondo semestre 2013.

Ma non basta. Perché le spese di maggiore entità le ritroviamo alla voce – manco a dirlo – “ristorazione”. Tra buffet, catering vari e mensa in sei mesi Montecitorio ha bruciato 2 milioni 832 mila euro, in clamoroso aumento rispetto al secondo semestre 2013 quando si spesero solo 330 mila euro. E che dire, ancora, dei servizi informatici: tra assistenza e forniture, nell’ultimo periodo abbiamo speso quasi 3 milioni contro i 2 del 2013.

Spazio, poi, a un’ultima curiosità. Tra le tante, spunta anche la voce “studi”. Questa volta non parliamo di cifre esorbitanti (246 mila euro). Ciò che stupisce, però, sono i beneficiari di tale cifra. Il potenziamento dell’attività di studio, infatti, è stata affidata, tra gli altri, al Cespi (42 mila euro), all’Ispi (altri 42) e all’Iai (25 mila euro). Tutti enti già finanziati lautamente dal ministero degli Esteri e nei cui direttivi siedono una marea di deputati e senatori. Ma, per carità, sarà semplicemente un caso.

L’innovazione industriale è tutta un flop, i fondi restano nel cassetto

L’innovazione industriale è tutta un flop, i fondi restano nel cassetto

Carmine Gazzanni – La Notizia

Inizialmente il fondo previsto era addirittura di 990 milioni di euro. Tra accantonamenti e tagli vari si è ridotto a 668 milioni. Ma, di questi, concretamente erogati sono poco più di 51. Stiamo parlando del clamoroso flop del fondo, gestito dal ministero dello Sviluppo Economico, creato nel 2007 con la finalità di sostenere e lanciare le imprese indirizzandole verso scenari più competitivi e tecnologici. Non a caso il nome: Progetti di Innovazione Industriale.

Un programma di tutto rispetto che, negli intenti, avrebbe dovuto essere indirizzato a interventi in ben cinque aree tecnologiche considerate strategiche: “efficienza energetica”, “mobilità sostenibile”, “made in Italy”, “tecnologie della vita” e “beni e attività culturali e turistiche”. Il sistema era relativamente semplice: il ministero mette a disposizione i soldi, il privato presenta progetti che la struttura burocratica preposta vaglia, infine viene concesso il finanziamento. Qualcosa, però, non deve aver funzionato. Anzi, più di qualcosa. Cominciamo dal finanziamento. Tramite decreto ministeriale dell’11 luglio 2007, si decide di investire, e tanto, con uno stanziamento da 990 milioni di euro. Una montagna di soldi. Ma ben venga se serve a lanciare l’industria. Peccato però che, causa crisi, il fondo viene drasticamente ridotto. Secondo il rapporto trasmesso proprio in questi giorni dal MiSE al Parlamento, i soldi realmente messi a disposizione sono calati, come detto, a 668 milioni. Poco male, si penserà: parliamo sempre e comunque di un bel gruzzoletto.

Ma ecco il punto: dal 2007, con ben 5 macroaree a disposizione, quante erogazioni effettive saranno state fatte? Il dato emerge dal citato dossier: i soldi concretamente concessi alle imprese private arrivano, nel giro di sette anni, a soli 51 milioni. Briciole, insomma. Basti questo: rispetto al fondo iniziale previsto (990 milioni) parliamo del 5% erogato. Ma non è finita qui. Dei 232 progetti ammessi al fondo, ad oggi, al netto di sospensioni e rinunce, rimangono in vita solo 174. Un po’ pochini. Soprattutto se si considera che, in sette anni, due delle cinque macroaree non sono mai partite: stiamo parlando di “Tecnologie della vita” e “Tecnologie per i beni e le attività culturali e turistiche”. Partiranno prima o poi? Ce lo dice lo stesso rapporto: “permangono fondate perplessità sulla futura concreta attuazione dei due PII non ancora adottati”. Evviva.

Di chi le responsabilità, difficile dirlo. Fatto è che negli anni si sono alternati una serie di enti di controllo: Ipi, Cilea, Invitalia e comitati ministeriali vari. Fino al 2010 (a tanto arriva il rapporto) sono costati 35 milioni. È facile supporre che nel giro di ulteriori 4 anni, i costi di funzione siano perlomeno raddoppiati. Insomma, un fondo bruciato il cui costo di gestione è stato maggiore a quanto erogato. Chiamasi “innovazione industriale”.