malattia

Gli statali si ammalano di più, il lunedì il giorno preferito

Gli statali si ammalano di più, il lunedì il giorno preferito

di Filippo Caleri – Il Tempo

Statali più cagionevoli di salute. Forse perché il loro posto di lavoro è più sicuro rispetto al privato. Dove infatti ci si ammala di meno nel corso dell’anno. In ogni caso in entrambi i settori se proprio si deve stare a casa con il termometro sul comodino si preferisce il lunedì. Il primo giorno della settimana è scelto per comunicare la malattia al datore di lavoro nel 30% dei casi. I dati sono stati elaborati dall’osservatorio statistico dell’Inps che ha contabilizzato tutte le giornate di malattia nel 2014 sia nel pubblico sia nel privato. In tutto si tratta di oltre 109 milioni di giorni (77.195.793 giornate nel privato e 31.525.329 nella pubblica amministrazione). La conferma della fragilità della salute dei ministeriali è confermata anche nei dati percentuali. L’Istituto guidato da Tito Boeri ha registrato lo scorso anno un aumento dello 0,8% (6.031.362) dei certificati di malattia presentati dai lavoratori pubblici e un calo del 3,2% (11.494.805) di quelli dei dipendenti privati.

A confermare che la salute è più debole tra i dipendenti pubblici si è aggiunto ieri il Centro Studi ImpresaLavoro, che ha rielaborato i dati Inps, giungendo alla conclusione che i circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici si ammalano in media quasi il doppio delle volte rispetto ai circa 14 milioni di dipendenti privati registrati presso l’Inps. La base di calcolo sono stati i 71,5 milioni di certificati che dal 2010 (anno della riforma che impone l’invio via web della malattia da parte dei medici di famiglia) sono arrivati all’Istituto di previdenza: 2,6 milioni nel 2010 (periodo in cui il sistema telematico non era ancora entrato a regime), 16,4 milioni nel 2011, 17,2 milioni nel 2012, 17,8 milioni nel 2013 e 17,5 milioni nel 2014. Ebbene dal 2011 al 2014 le giornate di malattia nel settore privato sono state circa 312 milioni 134 mila, mantenendosi stabili ogni anno dopo aver registrato un calo iniziale di 2,4 milioni dal 2011 al 2012 (79,8 milioni nel 2011, 77,4 milioni nel 2012, 77,6 nel 2013 e 77,1 milioni nel 2014). Nello stesso periodo di tempo sono invece costantemente aumentate le giornate di malattia nel settore pubblico, per un totale di oltre 116 milioni 770 mila (25,8 milioni nel 2011, 28,5 milioni nel 2012, 30,7 milioni nel 2013 e 31,5 milioni nel 2014).

L’Inps osserva pure che i lavoratori con almeno un episodio di malattia sono per la maggior parte maschi (56,l%) nel privato e femmine (69%) nella Pubblica amministrazione. E per quanto riguarda poi il numero di assenze per malattia, nel pubblico risultano esser doppie rispetto al privato: i 3 milioni di lavoratori della Pubblica amministrazione, infatti, hanno fatto in media 10,5 giorni di malattia mentre i 13,6 milioni di dipendenti del settore privato sono stati malati in media per 5,67 giorni.

L’Inps stana i furbetti del lunedì, tutti malati dopo il weekend

L’Inps stana i furbetti del lunedì, tutti malati dopo il weekend

di Gian Maria De Francesco – Il Giornale

Il certificato di malattia è uno degli stratagemmi più utilizzati per allungare il weekend. È quanto emerge dai dati dell’osservatorio statistico dell’Inps che hanno messo in evidenza come nel 2014 un italiano su tre si sia ammalato di lunedì. La distribuzione del numero degli eventi malattia per giorno di inizio l’anno scorso è stata simile sia nel settore pubblico che in quello privato. Il primo giorno della settimana si sono registrati 2.576.808 eventi nel privato e 1.325.187 per la Pa, pari rispettivamente al 30,2% e al 27,2% del totale. Il sospetto che il certificato medico possa essere utilizzato per godere di un «meritato» riposo è giustificato dalla distribuzione degli eventi malattia per classi di durata. Se si guarda a quelli compresi da uno a tre giorni, si registrano 3,7 milioni di casi nelle aziende (43% del totale) e oltre 3 milioni (62%) nel comparto statale e parastatale. Il dubbio, pertanto, è più che legittimo.

Cadere nella trappola dei luoghi comuni è facile. Purtroppo i numeri certificano quella che è un’opinione abbastanza condivisa: i dipendenti pubblici non paiono eccessivamente «attaccati» al loro posto di lavoro. Essi, infatü, tendono ad ammalarsi il doppio rispetto ai loro colleghi che lavorano nelle imprese private. I primi, infatti, hanno consumato 31,5 milioni giornate di malattia contro i 77,2 milioni dei loro colleghi. Ma se si considera che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni in Italia sono circa 3,2 milioni, mentre coloro che lavorano nel privato sono circa 14 milioni, si vede bene come l’incidenza di malattie e infortuni sia di gran lunga superiore, osserva il Centro studi Impresa Lavoro. Le assenze medie sono, infatti, di 10,5 giorni da una parte e di 5,67 giorni dall’altra.

La Lombardia è in testa alla classifica delle assenze sia per il settore privato (894.175 lavoratori; 22% del totale). Quanto invece ai casi di malattia, seguita da Veneto, Emilia Romagna e Lazio (poco più del 10%) che nel pubblico (12,5%) dove precede Lazio (11,9%) e Sicilia (10,3%). Se, però, si guarda alla densità di occupati nel settore pubblico emerge che al Sud ove, in media, un lavoratore su cinque è al servizio dello Stato il problema assume dimensioni rilevanti. Ad esempio in Calabria circa un dipendente pubblico su tre (61mila su 191mila) l’anno scorso si è dato malato. Nel Lazio il rapporto diventa uno su due (209mila su 396mila) e cosi pure in Campania dove 3 su 5 (181mila su 293mila) hanno dato forfait almeno una volta. È un trend comune a tutta l’Italia, è vero, perché 1,7 milioni su 3,2 milioni di lavoratori della Pa sono stati malati almeno un giorno l’anno scorso. Ma nel pubblico tutto questo non è accaduto perché a marcare visita sono stati 4,4 milioni su circa 14 milioni.

Anche il comparto aziendale non è esente dal problema «furbetti»›. Ad esempio, le frequenze più alte degli eventi malattia si sono riscontrate nelle classi da 20 a 49 dipendenti (13,8%) e in quella superiore ai mille (17,7%). Da questo si evince che più è alto il numero dei dipendenti più è difficile controllare e che, in particolare, lo Stato è un pessimo controllore. «Le assenze dal lavoro nel settore privato, sopratutto nelle piccole imprese, sono limitate anche da eventuali sanzioni che arrivano dagli stessi colleghi», ha commentato il presidente del Centro studi Impresa Lavoro, Massimo Blasoni. «Nel pubblico impiego – aggiunge – le censure sembrano essere molto meno efficaci». Ed è difficile dargli torto: dai 25 milioni di giornate di assenza del 2011 si è ritornati in pochi anni sopra quota 30 milioni. Un chiaro segnale che l’abbandono della riforma Brunetta ha prodotto, in particolare nel Mezzogiorno, un effetto «liberi tutti».

Quando la malattia diventa un vizio

Quando la malattia diventa un vizio

di Massimo Blasoni – Metro

Dall’aprile del 2010 tutti i lavoratori dipendenti non sono più costretti a inviare a proprie spese i loro certificati di malattia tramite due raccomandate all’INPS e al proprio datore di lavoro. A sbrigare questa pratica sono adesso i medici di famiglia e ospedalieri, che hanno finora trasmesso via web all’INPS più di 71,5 milioni di documenti (di cui 17 milioni 526 mila nel 2014). Nonostante le novità di metodo, permangono alcuni vizi antichi del nostro sistema. I circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici, infatti, si ammalano in media quasi il doppio delle volte dei circa 14 milioni di dipendenti privati registrati presso l’INPS e questo conferma un trend che i dati raccolti dall’Istituto Nazionale di Previdenza segnalano da più di qualche anno.

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Vigili uniti in piazza per difendere la falsa malattia

Vigili uniti in piazza per difendere la falsa malattia

Francesco Merlo – La Repubblica

“Da una malattia vera si può guarire, da quella finta no” sarà lo slogan. E dunque sciopereranno per difendere il diritto alla finta malattia i vigili urbani di tutta Italia aderenti all’Ospol-Csa, che non è il nome del medicamento del dottor Dulcamara di Donizetti “l’odontalgico mirabile liquore / dei topi e delle cimici possente distruttore”. È invece la sigla del più affollato sindacato della polizia locale, 15 mila iscritti che il 12 febbraio manifesteranno per le strade di Roma in solidarietà con i pizzardoni infingardi che, nella notte di Capodanno, essendo – veramente – finti malati, furono costretti a presentate finti certificati che il sindaco di Roma ancora oggi si ostina a non prendere per veri. Non capisce, Ignazio Marino, che nulla è più doloroso e contagioso di una malattia finta.

L’Ospol-Csa, che si attribuisce “grande senso di responsabilità”, rivendica contro il Comune e contro il Governo “le risultanze numeriche” della notte di Capodanno, e dopo avere “discusso sino all’alba del 15 gennaio a San Benedetto del Tronto” attende ancora “l’inoltro formale per le correlate verifiche” della “possibile preintesa contrattuale”, contro “la cancellazione dell’equo indennizzo, la causa di servizio e la pensione privilegiata, che si aggiunge all’usurpazione della indennità di pubblica sicurezza”. Questo linguaggio che, a differenza delle malattie e dei certificati di Capodanno, è autentico non riesce più a suonare ridicolo, perché mai si era visto un oltranzismo corporativo così cieco, mai il tribalismo italiano di un mestiere organizzato come una cosca era arrivato al punto di marciare su Roma per difendere il non lavoro, la truffa del certificato patacca, la viltà del malessere simulato per inasprire la lotta sindacale godendosi, intanto, il cenone.

Purtroppo il Comune di Roma ha fatto ballare il totale degli ammalati di comodo, ma anche se “le risultanze numeriche” dei bugiardi sbugiardabili fossero davvero scese dall’ottanta al quaranta per cento, la sostanza non cambierebbe. La notte di Capodanno un agente patogeno espertissimo in sindacalese ha decimato i vigili urbani di Roma e qualcuno di questi poliziotti ha donato il sangue, qualcun altro si è rifugiato nell’assistenza retribuita di familiari disabili per dare una credibilità morale alla diserzione commessa come un reato associativo con la complicità dei soliti medici compiacenti e con la regia dei sindacati, anche quelli confederali nel ruolo inedito dei finti malati moderati.

Avevamo scritto che non c’è niente di peggio che usare le generose norme di civiltà come espedienti, come forconi, come fasci di combattimento sociale. Ebbene ci sbagliavamo. È infatti oltre ogni decenza e ogni logica l’annuncio che i finti malati d’Italia porteranno spavaldamente in corteo, da piazza della Repubblica a piazza SS apostoli, le ragioni dell’impunità, la forza antica e prepotente del clan, il diritto del topo di stare nel formaggio e del verme di avanzare nella mela. Non manifestano infatti soltanto per salvaguardare i salari proteggendo l’accumulo di piccole rendite di posizione e di incrostazioni paradossali come l’indennità stradale, la pulizia della divisa, la famosa seminotte che comincia alle 15,48… La verità è che i finti malati in piazza, al di là del pittoresco, non sono solo una deviazione sindacale estremista ma un avviso sgangherato, un assaggio della resistenza disperata dell’Italia delle corporazioni, siano essi impiegati di Stato, architetti, professori universitari, orchestrali o vigili urbani . È questa la vera malattia che i finti certificati rivelano. Perché si chiuda perfettamente il cerchio, il prossimo 12 febbraio i vigili urbani dovrebbero presentare un finto certificato medico e non andare alla manifestazione.

Pugno di ferro con i medici complici dei fannulloni

Pugno di ferro con i medici complici dei fannulloni

Gaetano Ravanà – Il Giornale

Come si fa a farsi riconoscere la legittimità del ricorso alla legge 104 (quella che regolamenta i permessi retribuiti per l’assistenza a un familiare) con la complicità di un medico? Per la procura agrigentina basta una spirometria realizzata dallo stesso medico che soffia nello strumento clinico in assenza del paziente, in modo da fare apparire una patologia in realtà inesistente. Oppure, dare dei consigli prima di una radiografia per la postura da assumere al fine di fare emergere difetti che non ci sono.

Questo è quello che per gli inquirenti si è verificato in decine e decine di casi nella provincia agrigentina. Oltre 150 persone, dietro il pagamento di tangenti, avrebbero ottenuto il riconoscimento della 104. Un’inchiesta che ha portato all’emissione, nel settembre dello scorso anno, di diverse ordinanze di custodia cautelare. Le manette ai polsi sono scattate per medici e intermediari. Oltre cento persone sono finite nel mirino della magistratura, ma l’inchiesta è andata avanti e la magistratura agrigentina, con in testa il procuratore Renato Di Natale e l’aggiunto Ignazio Fonzo, ha puntato l’attenzione sul mondo della scuola, dove il fenomeno ha assunto connotati molto sospetti. È stato un comitato spontaneo di insegnanti che si è costituito per fronteggiare il fenomeno della 104 a presentare una denuncia al Tribunale agrigentino. Diversi docenti non riuscivano mai ad ottenere il trasferimento, pur avendo i numeri, perché proprio per l’autorizzazione all’utilizzo della 104 ad altri colleghi venivano di fatto, ogni anno, scavalcati nella graduatoria.

Analizzando le carte che il Provveditorato agli Studi di Agrigento ha consegnato agli agenti della Digos, sono saltate fuori un paio di situazioni ritenute coincidenze «strane» e necessarie di approfondimento. Nella città di Sciacca, in particolare, su 140 tra docenti, impiegati in segreteria e operatori scolastici, 90 hanno la 104, circa il 70 per cento. In un’altra scuola, sempre nell’Agrigentino, su un organico di undici bidelli, tutti quanti hanno beneficiato della legge 104, vale a dire il cento per cento. Ma da quanto trapela da ambienti investigativi e anche da quelli di Provveditorato e Inps, ci sarebbero tante altre situazioni «sospette». La procura ha già anticipato un nuovo filone che potrebbe portare a un numero di indagati da capogiro. Per iniziare sono 280 le persone, in gran parte insegnanti, ma ci sono anche dipendenti e funzionari di altre pubbliche amministrazioni, che risulterebbero indagate. Si scopre che altri certificati medici sarebbero stati costruiti ad hoc per ottenere il trasferimento a casa.

Questo nuovo scandalo va a sommarsi alla vicenda della malattia di massa dei vigili urbani di Roma e dei netturbini di Napoli nella notte di Capodanno. La complicità dei medici sta alla base del tutto e, proprio per questo motivo il Governo entro febbraio modificherà le norme del lavoro nel pubblico impiego. I controlli sui certificati di malattia verranno potenziati e non verranno più assicurati dalle Asl ma direttamente dall’Inps. La stessa procedura dovrebbe essere estesa anche all’iter per il riconoscimento della legge 104.