È una banca o no? Che rebus la carta d’identità di Cdp
Angelo De Mattia – Milano Finanza
A fronte della chiarezza e validità di alcune posizioni del governo e di altre autorità in materia bancaria e finanziaria, vi sono aree di confusione e a volte di inadeguatezza nella preparazione dei provvedimenti che destano stupore. L’ultimo caso riguarda la proposta, che sarebbe stata confezionata nel ministero dell’Economia ma che è stata disconosciuta dal viceministro Casero, per introdurre la tassazione dei versamenti in contanti superiori a 200 euro.
Il ricorso al più naturale mezzo di pagamento verrebbe così sottoposto a un’assurda imposizione, nell’incapacità, evidentemente, di distinguere un’equilibrata limitazione dell’uso del contante dalla sottoposizione a tassazione, che equivarrebbe a considerare un reddito il possesso, per esempio, di 201 euro. Mai si sarebbe potuto prevedere che la funzione storica di una banca centrale – l’emissione della moneta – equivalesse a mettere in circolazione un mezzo sul quale lo Stato percepirebbe una tassa. Sarebbe bene che un’ipotesi così bizzarra, che invoglierebbe a un’oscurantistica tesaurizzazione, venga recisamente esclusa dal novero dei progetti governativi, se non altro per evitare gravi problemi operativi nelle transazioni.
Ma, sempre in tema di fattura dei provvedimenti progettati o approvati, nasce un altro caso: il riconoscimento per la Sace, con il noto decreto, di poter svolgere anche attività bancaria, che si affianca alla peculiare attività assicurativa, sua ragione sociale, per una sorta di eterogenesi dei fini ripropone il problema della natura giuridica della Cdp, titolare della partecipazione totalitaria nella predetta società, perché con la nuova funzione della Sace si realizzerebbe un conglomerato che avrebbe l’effetto di sottoporre la Cdp a una Vigilanza della Banca d’Italia ben diversa da quella ora esercitata nel presupposto che la Cassa sia oggi un intermediario finanziario non bancario secondo l’articolo 107 del Testo Unico Bancario.
La stessa Corte dei Conti di recente, a prescindere dal caso Sace, ha sollevato il problema della natura della Cdp avanzando dubbi sull’attuale configurazione e sollecitando un chiarimento. Ma la norma sulla Sace, se verrà confermata, renderà inevitabili le accennate conseguenze, che però gli esponenti della Cdp vedono al momento come fumo negli occhi e dunque prospettano il rischio di una minore erogazione di risorse al sistema per via dei più ristretti vincoli patrimoniali e di altro tipo che ne discenderebbero. Sarà interessante valutare quale esito avrà questa vicenda, sempre che sia mantenuta a Sace l’attribuzione delle funzioni di banca e non si ricorra all’introduzione di una forma atipica di intermediario, rendendo la toppa peggiore del buco. Ma, intanto, chi ha predisposto il provvedimento conosceva gli impatti che si sarebbero avuti su Cdp? Erano stati sentiti i vertici di quest’ultima? O siamo all’ennesima improvvisazione?
Stendiamo un velo sulla famigerata norma del decreto fiscale sulla non punibilità anche per frodi fiscali non superiori al 3% dell’imponibile, ma poi vi è il caso delle Popolari. Una sorta di assurda damnatio riguarda il settore, mentre ci si concentra su alcune di esse, ora nell’occhio del ciclone anche giudiziario, per dimostrare la fondatezza dell’obbligo della loro trasformazione in spa che diventerebbe una vera panacea. Ma si è dato uno sguardo alle contemporanee situazioni di altre spa, del pari sotto l’occhio e l’azione della magistratura per vicende di gran lunga più rilevanti? Si è ricordata la storia di altre spa, dalle banche Sindona all’Ambrosiano di Calvi, fino alla spa Montepaschi prima del risanamento in atto? Veramente si vuole continuare a essere così poco obiettivi? La riforma va fatta ma con equilibrio e avvedutezza, non facendo apparire la rivisitazione, che interessa soci, economie e istituzioni, come una crociata per il bene nazionale. Ci si apra a opportuni emendamenti al decreto – scritto con sciatteria e inesperienza – che ha disposto la trasformazione in spa, evitando soluzioni di transizione.
E che dire poi di taluni aspetti della Vigilanza europea? ll governatore Visco ha sottolineato di recente che per non ostacolare i segnali di ripresa delle economie occorrerà calibrare con cautela le ulteriori richieste alle banche di incremento delle dotazioni di capitale. Ieri Angeloni, membro del supervisory board della Bce, ha dato ragione a Visco ma subito dopo ha detto che non vi è contraddizione tra l’aumentare il capitale delle banche e i prestiti. Il «perseverare diabolicum» non è solo quello di Enria, presidente Eba, come giustamente ha scritto su questo giornale Filippo Buraschi, ma anche quello di alcuni all’interno del suddetto board. Tanto per gareggiare con le superficialità e le bizzarre testardaggini di cui si è detto prima. Continueremo nella confusione?