La serenità dei negozi dipende dalle vendite e non dalle chiusure festive
di Massimo Blasoni – Libero
La liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, introdotta da uno dei decreti Bersani del 1998, è un elemento di modernità che va difeso e ulteriormente ampliato. Ce lo impone il buon senso, vista la perdurante crisi nel settore della vendita al dettaglio che ha registrato in ogni città il sensibile aumento del numero dei negozi sfitti e delle serrande abbassate. Luigi Di Maio ha invece recentemente proposto di dimezzare per legge i giorni festivi nei quali questi possono restare aperti. Vorrebbe in tal modo consentire il riposo alle famiglie dei loro proprietari e dipendenti («Negozi chiusi durante le feste, famiglie più felici»), senza rendersi conto che la loro serenità dipende innanzitutto dal reddito che riescono a portare a casa. Il leader 5 Stelle si fa purtroppo interprete di un Paese bloccato, ricurvo sul proprio ombelico, con un’economia in declino mentre il resto del mondo ha da tempo ripreso a correre. E pensare che per la Costituzione siamo una Repubblica fondata sul lavoro! Lasciamo al libero mercato stabilire l’opportunità o meno di alzare la serranda, senza perniciosi dirigismi. D’altronde chi percepisce uno stipendio pubblico e garantito non comprende appieno le esigenze di chi conduce un’impresa privata, esposta per definizione al rischio di chiusura. Di Maio tralascia poi di considerare che durante le feste lavorano abitualmente quasi cinque milioni di lavoratori dipendenti e autonomi: vorrebbe lasciar riposare anche tutti quanti sono impiegati ad esempio nei settori del trasporto, della ristorazione, dell’informazione, dell’entertainment, della sicurezza e dell’assistenza sanitaria?
Che peraltro l’Italia non sia un Paese a misura di consumatori lo certifica la Commissione europea nel suo “Quadro di valutazione dei mercati al consumo”. Il responso che ci consegna è desolante: «Rispetto alla media comunitaria le performance di tutti i componenti dell’indice di fiducia sono negativi». Se poi scorriamo la classifica europea che questa ha stilato seguendo l’indice Mpi (uno speciale indicatore di fiducia del consumatore, loro aspettative, la varietà e la possibilità di scelta) scopriamo che l’Italia si colloca al quintultimo posto per percezione di efficienza dei mercati di consumo. A questo si aggiunga che Istat certifica come lo scorso ottobre le vendite al dettaglio siano diminuite del 2,1% in valore e del 2,9% in volume rispetto allo stesso mese del 2016.
Ecco perché, per risollevare il commercio e reggere la concorrenza h24 dei giganti del web (Amazon in primis), una componente essenziale di una strategia vincente deve essere quella di favorire al massimo l’ingresso dei consumatori nei negozi, proprio quando hanno più tempo libero a disposizione. Apriamoci al mercato ed evitiamo di continuare a farci la festa. Non ce lo possiamo permettere.