Perché serve una politica per industria e infrastrutture

Alberto Quadrio Curzio – Il Sole 24 Ore

La domanda se l’Eurozona (Uem) si avvia a una strisciante depressione e deflazione è emersa chiara dopo i brutti dati sul secondo trimestre 2014. Il Pil è stato infatti a crescita zero sul primo trimestre e in crescita solo dello 0,7% su quello corrispondente del 2013 con l’inflazione annua scesa allo 0,4% in luglio. Tentiamo una risposta con alcune analisi e alcune proposte.

Manca una vera politica. Le previsioni di una crescita sostenibile della Uem sono adesso riviste al ribasso con spiegazioni (tra cui quella attuale ma debole della crisi Russia-Ucraina) che cambiano spesso salvo quella sulla necessità che i Paesi ritardatari accelerino le riforme strutturali.
Il problema è che manca una politica economica della Uem che, invece, ha tacitamente affidato il compito alla Bce (esclusa la politica fiscale restrittiva) slegandole però “un dito alla volta”. In queste condizioni la Bce di Mario Draghi ha fatto molto negli anni passati ma adesso bisogna chiedersi se può da sola rilanciare la crescita di un’area da 335 milioni di persone e con 19 milioni di disoccupati. Ovvero di grandezze maggiori di quelle Usa dove la banca centrale (Fed) ha poteri illimitati.

Le politiche della Bce. Non bisogna perciò riporre troppe aspettative sulla Bce anche se tra il 2010 e il 2013 ha salvato l’euro. La sequenza delle sue operazioni, giustificate per garantire la stabilità finanziaria dell’Eurozona, è stata notevole. Nel 2010 partì il «security market programme» (Smp) per l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi della Uem in difficoltà. Poi, tra il dicembre 2011 e il febbraio 2012, si passò alle Longer term refinancing operations (Ltro) con prestiti alle banche della Uem di circa 1.000 miliardi di euro (con titoli vari in garanzia) che le hanno salvate, indirettamente favorendo anche gli acquisti dei titoli di Stato di Paesi traballanti. Nel luglio del 2012 Draghi, in un famoso discorso, affermò che la Bce avrebbe comunque salvato l’euro. In settembre fu annunciato il programma Outright monetary transaction (Omt) per operare illimitatamente sul mercato secondario dei titoli di stato per i Paesi della eurozona in programmi di ristrutturazione vigilata. Questi annunci conclusero il salvataggio dell’euro e dei debiti sovrani riportando i tassi di interesse a livelli ed a spread accettabili rispetto ai titoli tedeschi. Ciò non è bastato però per risollevare una Uem fiaccata e divaricata tra Paesi dove le necessarie riforme strutturali non possono avere effetti istantanei.

Il credito all’economia. In assenza di una politica economica per l’eurozona l’annuncio di Draghi del 5 giugno di nuove misure per riportare la dinamica dei prezzi dell’eurozona verso un tasso annuo del 2%, che è ritenuto fisiologicamente nel mandato della Bce, è una buona notizia ma non si può dire se rilancerà la crescita dell’eurozona. Le misure annunciate (Tltro ovvero Targeted Longer-term refinancing operation) consistono nella concessione di prestiti alle banche commerciali a condizione (vigilata) che li girino all’economia reale spingendo la domanda delle imprese e delle famiglie (esclusi i mutui casa), l’occupazione e la crescita. L’entità dei prestiti della Bce, le condizioni e la tempistica si possono riassumere come segue. I prestiti alle banche possono arrivare a 1.000 miliardi tra settembre di quest’anno e giugno 2016. Nel 2014 in due tranches potrebbero arrivare 400 miliardi pari al 7% dei crediti che le banche hanno concesso alla data del 30 aprile 2014. Il tasso sarà dello 0,10 superiore a quello ufficiale della Bce attualmente allo 0,15%. Alle banche italiane potrebbero arrivare 75 miliardi. L’erogazione dei prestiti della Bce nel corso del 2015 e 2016 è un po’ più complessa in quanto calibrata sull’entità dei crediti concessi nel citato periodo dalle banche commerciali all’economia reale. Nel giugno del 2016 avverrà un controllo cruciale per distinguere tra le banche che hanno rispettato, tra il maggio 2014 e l’aprile 2016, degli obiettivi prefissati di credito alle imprese e famiglie e quelle che non li hanno rispettati. Le prime potranno detenere i prestiti della Bce fino a settembre 2018 mentre le altre dovranno rimborsali entro settembre 2016. Malgrado le ottime condizioni di tassi praticati dalla Bce molti sono ancora i quesiti aperti per valutare l’efficacia di queste misure sia perché la banche hanno requisiti stringenti di patrimonio da rispettare per l’erogazione dei prestiti sia perché, se dall’economia reale (imprese e famiglie) non viene una sana domanda di credito, non si può correre il rischio di erogazioni a pioggia.
Secondo una stima l’effetto cumulato del Tltro sarebbe di 0,2-0,4 punti percentuali al Pil della Uem nel 2015-16 con una spinta sui prezzi dello 0,1%. Sono entità modeste.
Il credito per gli investimenti. Essendo l’economia reale ferma perché la domanda di investimenti e consumi non riparte, non basta offrire alle banche crediti a buone condizioni. Una proposta intelligente per potenziare subito il Tltro della Bce in Italia è stata suggerita il 10 giugno da Franco Bassanini ed Edoardo Reviglio su queste colonne. Si tratta di incentivare l’erogazione del credito bancario a favore delle imprese dando una garanzia pubblica parziale alle Banche tramite un potenziamento del Fondo centrale di garanzia o (per operazioni non consentite allo stesso) tramite la Cdp a sua volta garantita dallo Stato. La legge di stabilità 2014 già lo ammette ma manca il decreto attuativo. In tal modo si alleggerirebbe il vincolo dei ratio patrimoniali imposti alle banche incentivando il credito anche su quei progetti di investimento che per la loro innovatività possono avere ritorni più lenti e meno certi. Più complesso è il tema del finanziamento degli investimenti in infrastrutture che il Tltro ammette ma che difficilmente le banche commerciali affronterebbero. Bassanini e Reviglio non lo esaminano ma sembra che le Casse depositi e prestiti europee (e altri investitori a lungo termine) stiano elaborando una proposta per chiedere alla Bce una variante infrastrutturale al TLRTO che non commisuri questi investimenti a quelli da loro finanziati in precedenza e che ne allunghi ad almeno sette anni la durata.

Una conclusione. Da tempo sosteniamo che la Uem ha bisogno di una politica per le infrastrutture e l’industria che darebbe anche delle direttrici alle banche ed alle imprese per fare solide scelte di credito e di investimento alla cui attuazione la Bei e le Casse depositi e prestiti possono molto contribuire. La supplenza della Bce, che a breve avvierà anche un programma di acquisti di crediti bancari cartolarizzati (ABS), non può bastare. Per questo abbiamo apprezzato il programma del neopresidente della Commissione Junker centrato sulla crescita e l’occupazione. Adesso bisogna realizzarlo.