La parabola dell’inefficienza
Michele Ainis – Corriere della Sera
L’ inefficienza. Declino economico, degrado etico. C’è un nesso? Certo: la corruzione drena risorse, come l’evasione fiscale. Non a caso per Transparency International siamo terzultimi in Europa, quanto al tasso di legalità. Ma la questione non coinvolge solo il codice penale, travolge pure il codice morale. Quello scolpito dai rivoluzionari francesi, due secoli fa, nell’articolo 6 della Déclaration: «I cittadini sono ugualmente ammissibili a tutti gli incarichi e impieghi pubblici, senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti». Ecco, i talenti. Quanto contano in Italia le qualità professionali, le competenze, le esperienze? Ben poco, a giudicare dall’ultima vicenda: un dirigente genovese rinviato a giudizio per inondazione colposa, e al contempo premiato dal Comune. O la penultima: una signora eletta al Csm senza averne i titoli. Ma i titoli vanno a rotoli, quando succede che il bando per la direzione del Museo egizio di Torino non menzioni l’egittologia fra le conoscenze richieste ai candidati, o quando la gestione di Pompei venga sottratta agli archeologi, come ha denunziato Salvatore Settis. D’altronde chi decide è la politica, ed è l’unica decisione tempestiva: una nomina ogni 4 giorni per il governatore siciliano Crocetta, nei primi due anni di mandato. Mentre il suo collega Maroni ha designato un esperto d’antifurti alla presidenza di Lombardia Informatica.
Tuttavia la nomina prediletta dai politici è l’autonomina, e anche qui conta l’appartenenza, non la competenza. Così, il Garante della privacy è un dermatologo. Al governo c’è una farmacista a guidare gli Affari regionali, un’imprenditrice della moda sottosegretario all’Istruzione, un laureato in lettere viceministro dell’Agricoltura. Ma la stessa laurea è un optional : alla Camera non è laureato il presidente della commissione Trasporti, al Senato quelli delle commissioni Finanze e Sanità. E la commissione Ambiente è presieduta da un odontoiatra. Dice: ma in politica vige il principio della rappresentanza, non della competenza. Fino a un certo punto. Alla Costituente i dottori superavano il 74% del totale, e a quel tempo la laurea era merce rara. Inoltre la politica dovrebbe essere d’esempio, ma se promuovi la persona sbagliata sbagli anche l’esempio. E alla fine della giostra si rompe poi la giostra. Nel 2006 un’indagine Ederer, condotta su 13 Paesi europei, ci collocò all’ultima casella per la capacità d’utilizzare il nostro capitale umano. La crisi italiana era già iniziata, benché non lo sapessimo. Tuttavia adesso lo sappiamo: l’incompetenza produce inefficienza. E l’inefficienza costa, costa cara.