Confindustria è un residuo del passato, Renzi e Marchionne l’hanno rottamata
Edoardo Narduzzi – Italia Oggi
Non c’è solo il patto del Nazareno a dettare tempi e condizioni del cambiamento. In economia è l’accordo raggiunto tra il premier ed i n. 1 della FCA, Sergio Marchionne, a imporre il ritmo di marcia. Patto di Detroit, si potrebbe chiamare l’intesa siglata tra il boyscout di Firenze e il manager italo-canadese. Un’intesa che punta dritta al cuore dei problemi italiani: far saltare tutti gli intermediari ormai inutili, oltre che eccessivamente costosi, nella gestione dell’economia contemporanea. E tra questi c’è sicuramente la Confindustria, dalla quale Marchionne è già uscito da un paio di anni.
La lobby confindustriale, così come è ancora organizzata, non serve più perché è solo un frenatore del cambiamento e un luogo per parrucconi desiderosi di comparsate a Ballarò o da Bruno Vespa. La velocità del business vero è altrove, non più, da anni, in Viale dell’Astronomia. Così Renzi e Marchionne hanno deciso di procedere all’unisono per rottamare Confindustria. Su art. 18, tfr in busta paga, sul primato della contrattazione aziendale per rilanciare la produttività, sulla lotta all’Irap, sulle molte riforme nell’agenda del governo l’amministratore delegato della Fiat sarà al fianco di Renzi. L’obiettivo è quello di dare all’Italia un capitalismo moderno, con relazioni meno intermediate da poteri sempre meno rappresentativi del mondo del lavoro e di quello dell’impresa perché forgiati nella logica della concertazione a tutti i costi e, soprattutto, autoconvinti di essere l’ombelico del mondo. I templari delle riforme, i guardiani del cambiamento che senza il loro via libera non può farsi realtà.
Renzi e Marchionne vogliono condurre il capitalismo italiano oltre la concertazione e la palude dei negoziati a oltranza e della rappresentanza, sempre più marginale, che ha potere di veto. Oltre lo status quo che ha fatto raggiungere alla disoccupazione giovanile la soglia record del 44,2% e fatto arretrare il pil di 10 punti. L’Italia della concertazione del ‘900 non ce la può fare a tenere i ritmi imposti dalla globalizzazione e dall’eurozona germanizzata. Questo per Marchionne è un concetto chiarissimo; Renzi se lo sente ripetere ogni volta che varca le Alpi. Via, dunque, il fardello Confindustria dalle spalle sempre più gracili del capitalismo del Belpaese, perché la lobby degli imprenditori deve diventare moderna e occidentale. Non più un troppo ambizioso contropotere politico ma una organizzazione capace di seguire bene le poche policy di cui è tenuta ad occuparsi. Anche stavolta Renzi ha scelto con arguzia il suo alleato, perché nessuno meglio di Marchionne incarna nel mondo il volto dell’Italia che lavora 16 ore al giorno e che non si rassegna mai alla sconfitta. E con il suo supporto la rottamazione di Confindustria è cosa già realizzata e i prossimi mesi serviranno solo a registrarlo.