Stress e test
Davide Giacalone – Libero
Il problema non è farsi misurare, ma non misurarsi. In una Unione europea sempre più conflittuale. I test sulle banche sono andati, per l’Italia, alla grande. Certo che ci sono dei problemi, ma guai a non ricordarsi di come eravamo messi due o tre anni addietro. Abbiamo una singolare propensione a ingigantire i nostri svantaggi e miniaturizzare i vantaggi. Non si tratta di praticare un ottimismo di maniera, ma di usare il materialismo realista. Altrimenti si creano classi dirigenti subalterne e incapaci. Dunque: una premessa e sei osservazioni.
La premessa: la vigilanza bancaria unica europea è una cosa positiva, se la si interpreta e usa al meglio. Gli stress test sono cosa buona e giusta. Se li avessero fatti per tempo, negli Usa, non sarebbe successa la tragedia che s’è vista. Il sistema bancario non può essere accusato, a intermittenza, oggi di non prestare a tutti e domani di avere prestato senza considerare i pericoli. Veniamo alle osservazioni, che sono la sostanza.
1. Nel corso della bufera, dal 2010 in poi, le nostre banche non hanno avuto aiuti di Stato, al contrario di quelle francesi, inglesi, spagnole e tedesche. I soldi prestati al Monte dei Paschi sono stati restituiti. Non solo: l’intervento europeo, con il fondo salva stati da noi cofinanziato, ha salvato le banche che avevano investito, per lucro e speculazione, nei titoli dei paesi avviati al default. Tali banche sono principalmente tedesche e francesi.
2. I tedeschi hanno chiesto e ottenuto di tenere le casse dei Lander, le Landesbank, fuori dalla vigilanza comune. Tale situazione deve essere cancellata, perché se uno scolaro si rifiuta di fare i compiti a casa non è un buon motivo per escludere tale rifiuto dalla valutazione della sua condotta e della sua preparazione.
3. Si ritrovano in difficoltà, e nella necessità d’integrare il proprio capitale, due banche italiane: Mps e Carige. Lo sapevamo di già. Ce lo siamo raccontati in tutte le salse. Semmai s’è fatto finta di niente, propiziando il calo borsistico successivo. Mentre altre sette banche, italiane, non vengono bocciate perché le operazioni sul capitale, effettuate l’ultimo anno, sono esaustive. Bene, vuole dire che se si vuole e si sa fare, si può fare.
4. Il presidente dell’Associazione bancaria, Abi, Antonio Patuelli, ha giustamente osservato che non è stato certo un favore all’Italia andare a fare i conti usando i dati del 2013, che risentono del momento peggiore per la divaricazione degli spread. Sarebbe stato meglio usare i dati del 2014. Certamente, ma vado oltre: si è introdotta l’idea che anche i titoli di Stato comportano un rischio e si è considerato che le banche italiane ne hanno in pancia per 427 miliardi, le tedesche per 359 e le francesi per 275. Se si calcola la percentuale rispetto al prodotto interno lordo, l’esposizione delle nostre banche a quel rischio cresce. Ci sto. Ma si deve fare osservare che l’Italia, al contrario della Germania, non ha mai mancato di pagare i propri debiti. Come anche che noi teniamo al nostro interno il 65% del nostro debito pubblico, mentre la Francia ne ha fuori il 55%. Chi crea maggiori rischi sistemici e collettivi?
5. Le banche sono state utilizzate per spegnere l’incendio della speculazione sui debiti sovrani, in tal senso ricevendo soldi all’1%, dalla Bce. Ha funzionato, applausi. Ma ora che i pompieri sono vittoriosi non si vorrà mica considerare peggiori quelli che hanno usato più acqua, avendo più fiamme da domare?! Così la recessione si perpetua, i prestiti si contraggono e i conti delle banche peggiorano. E queste non sono faccende tecniche, ma terreno di schietto scontro politico.
6. Infine, stress test e vigilanza comune preludono al mercato bancario unico. Evviva. Ciò porta con sé la necessità di aggregazione fra le banche (come in Italia s’è già fatto). Chi governa questo processo? Occhio, perché se i titoli del debito italiano sono considerati più rischiosi dei derivati spericolati nella pancia delle banche tedesche la conseguenza è che gli scassoni saranno in grado di comprare banche forse non modernissime, certamente non spericolate, sicuramente troppo generose con i peggiori e avare con chi produce, ma decisamente meno malate e più trasparenti di quelle da cui si spera che non prendano esempio.
Ecco perché questa è una faccenda politica. A noi italiani è mancata la politica. Sono stati i governi supposti tecnici (Monti) e di salvezza nazionale (Letta) ad avere accettato condizioni tecnicamente svantaggiose e di affossamento nazionale. Guai, oggi, a leggere i risultati di quei test senza cogliere i punti di forza che nascondono. Quelli da far valere con fermezza, senza mettersi a fare gli ondivaghi sui conti pubblici.