giuseppe pennisi

Voci di un altro salvataggio da 50 miliardi

Voci di un altro salvataggio da 50 miliardi

Giuseppe Pennisi – Avvenire

Anche se un bonifico di 757 milioni di euro è partito dal Tesoro greco (grazie all’apporto di enti locali e di depositi di istituti di credito) per il Fondo monetario internazionale (evitando il temuto default), le cifre fanno accapponare in ogni caso la pelle: entro metà luglio Atene dovrà trasferire al Fondo altri 3 miliardi di euro e farsi rifinanziare 11 miliardi in scadenza, nonché inviare alla Banca centrale europea 6,7 miliardi di euro. Se le casse sono vuote, il pagamento di stipendi e pensioni è a rischio, con la prospettiva di nuovi disordini sociali. Gli altri creditori di Atene – lo si mormorava nei corridoi della riunione dell’Eurogruppo – hanno ingoiato la pillola di accettare una dilazione dei pagamenti (e forse anche una riduzione). Fmi e Bce, invece, non possono ritardare e tanto meno ridurre i pagamenti a loro dovuti a ragione della ‘sa- cralità’ delle istituzioni finanziarie internazionali: si tratta infatti di creditori privilegiatissimi che devono costantemente avere la fiducia dei mercati e collocare, nell’interesse di tutti, le loro obbligazioni. In questo quadro, discettare su un eventuale referendum greco sull’euro è un’inutile distrazione. Il nodo è come fare fronte alla scadenze e inoltre trovare capitali stranieri (molti di quelli greci sono in fuga) per riattivare l’economia. Secondo stime elaborate da diversi centri studi americani, sarebbe necessario entro l’estate un nuovo salvataggio. Di ben 50 miliardi di euro.

Nessun vuole scottarsi ancora una volta le dita. Allo stesso tempo, però, nessuno vuole che la Grecia vada a picco. Non lo vogliono neanche gli USA, in quanto temono sia lo spappolamento dell’eurozona sia una liaisons dangereuses tra Atene e Mosca.

Si sta affacciando una nuova strada: varare per la Grecia un programma analogo a quello che è stato attuato dal 1990 al 2010 con successo per i Paesi più poveri e più indebitati. In breve, parte dei crediti bilaterali (come quelli dell’Italia) verrebbero non solo dilazionati, ma anche ‘rimessi’. Entrerebbe in gioco la Banca mondiale (che non fa prestiti dal 1979 alla Grecia a ragione del reddito pro-capite allora raggiunto) con operazioni a lungo termine (25 anni) per rimborsare Fmi e Bce e riattivare investimenti. Un’operazione basata su un programma di politica economica concordato e monitorato attentamente, nel caso, da una missione Banca mondiale e Fmi residente ad Atene. La Grecia deve complessivamente all’Italia tra i 30 ed i 40 miliardi: ciò equivale a dieci volte circa l’impatto (al netto delle imposte) sui conti pubblici, della sentenza della Corte Costituzionale sulla perequazione delle pensioni.

Pensioni Inps, chi ciurla nel manico della   Consulta

Pensioni Inps, chi ciurla nel manico della Consulta

Giuseppe Pennisi – Formiche

Da quando è iniziato il noir della Consulta e della previdenza mi sono chiesto chi è Il Terzo Uomo di questa puntata della saga pensionistica. Vi ricordate il film di Carol Reed da cui Graham Green, autore della sceneggiatura, trasse un romanzo (uscito un anno dopo il thriller cinematografico? Joseph Cotten ed Alida Valli sanno che c’era certamente un “terzo uomo” accanto al carro funebre in cui sarebbe stata la salma di Orson Wells. L’intero avvincente film riguarda la ricerca del Terzo Uomo, il personaggio interpretato da Orson Wells non solo non è stato ucciso come si pensava dopo le prime inquadrature ma sarà lui ad assassinare il portiere dello stabile in cui abita poiché costui era l’uomo che sapeva troppo.

Continua a leggere su Formiche.

 

 

Un’altra tegola incombe: a rischio il ‘contributo’ chiesto dal governo Letta

Un’altra tegola incombe: a rischio il ‘contributo’ chiesto dal governo Letta

Giuseppe Pennisi – Avvenire

Quando a dicembre 2011 era in preparazione il ‘Salva-Italia’, con relativo blocco della perequazione sulle pensioni, furono non pochi esperti ad avvertire che si rischiava una sentenza (totale o parziale) negativa da parte della Corte Costituzionale, che già ben due volte in passato ha censurato i ‘contributi di solidarietà’ sugli assegni previdenziali, a partire da quello deciso dal governo Berlusconi. Ora che la bocciatura è arrivata, ecco che già all’orizzonte se ne profila una seconda. E nel mirino c’è di nuovo un contributo di solidarietà, quello ‘riproposto’ nel 2013 da Letta. Il verdetto starebbe per arrivare in giugno e produrrebbe un ulteriore costo aggiuntivo, per circa 2-3 miliardi. Anche se una tesi (peraltro condivisa da pochi giuristi) sostiene che, al contrario, questa volta il contributo sarebbe giudicato ‘legittimo’, in quanto i fondi resterebbero dentro il pianeta Inps (gli incassi sono destinati a favorire le pensioni dei più deboli).

Ad essersi espresse, in punto di diritto, sono le Corti dei Conti della Calabria, del Lazio, dell’Emilia-Romagna, del Veneto (nonché di altre Regioni). A fronte di ricorsi a loro rivolti da associazioni di pensionati, hanno replicato che si tratta di misure già dichiarate incostituzionali da parte della Consulta: violerebbero ben 8 articoli (3, 4, 35, 38, 53, 81, 96 e 137) della Costituzione. Non solo, la Corte dei Conti aggiunge che le misure contrastano anche con 5 articoli della Convenzione europea sui Diritti dell’uomo e che in materia la Corte di Strasburgo ha già ‘sentenziato’ nel 2013. Il nodo di fondo è che un’’imposta’ – perché tale è da fatto un contributo – sui soli pensionati è discriminatoria. In caso di difficoltà a far quadrare i conti, sarebbe logica e legittima soltanto un’addizionale, temporanea e progressiva, che colpisse tutti i redditi. Come fatto in numerosi Paesi Ocse. Peraltro il tema della previdenza si va sempre più ‘europeizzando’. Nella Ue è infatti in fase di avanzata redazione una ‘direttiva’ per uniformare in qualche modo i sistemi previdenziali e rendere più agevole la libera circolazione dei lavoratori (ora la totalizzazione dei versamenti in vari Paesi Ue è basata su una rete di accordi bilaterali). Una nuova condanna dalla Consulta renderebbe ancor più difficile, per l’Italia, incidere ‘politicamente’ sui contenuti di questa direttiva.

Il “piano d’emergenza” che  non basta per l’Italia

Il “piano d’emergenza” che non basta per l’Italia

Giuseppe Pennisi – IlSussidiario.net

Dobbiamo temere di essere trascinati da un tracollo della Grecia, ossia un’insolvenza seguita da un’uscita (volontaria o forzata) dall’unione monetaria con implicazioni sulla stabilità finanziaria dell’Italia? L’eventuale sfaldarsi dell’eurozona farebbe accanire la speculazione nei nostri confronti? Lo spread tornerebbe a quota 500, o anche più, a ragione pure del nuovo “buco” apertosi nei conti pubblici in seguito a una sentenza della Corte Costituzionale prevedibile (e prevista da tempo da parte di tutti coloro che si intendono di diritto previdenziale)?

Nell’infuocato fine settimana, le voci della Banca centrale europea (Bce) e dei suoi accoliti hanno ribadito che non c’è nulla da temere poiché dal 2009 a oggi è stata costruito un vero e proprio “muro anti-incendio” (firewall): due pilastri dell’Unione bancaria europea (il sistema di vigilanza e il meccanismo per risolvere gravi crisi bancarie e potenziali dissesti), il Quantitative easing per rilanciare la domanda aggregata, il Piano Juncker per dar vita a un programma pluriennale di investimenti innovativi, nuove agenzie per monitorare gli andamenti finanziari.

Continua a leggere su IlSussidiario.net.
Pensioni, ecco quanto costa il buco  (annunciato) provocato dalla Consulta

Pensioni, ecco quanto costa il buco (annunciato) provocato dalla Consulta

Giuseppe Pennisi – Formiche

Era un “buco (nei conti pubblici) annunciato” da molti, molti mesi quello derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale sulla parte del decreto Monti chiamato (tra il serio ed il faceto Salva Italia) con cui si bloccava la perequazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo all’andamento dell’indice dei prezzi al consumo.

Il Presidente del Consiglio dell’epoca era stato avvertito che la Corte Costituzionale si era già espressa un paio di volte in materia. Così come, ai tempi del Governo Letta, il Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali era stato avvisato che solo pochi mesi la Corte Costituzionale aveva bocciato un “contributo di solidarietà” sulle pensioni superiori ai 90.000 euro l’anno e che quindi sarebbe stata parimenti dichiara incostituzionale la norma in materia che è riuscito a fare approvare (e su cui la Corte delibererà in giugno).

Continua  a leggere su Formiche.

 

 

Le minacce di una “nuova guerra fredda”

Le minacce di una “nuova guerra fredda”

Giuseppe Pennisi – Formiche Oeconomicus

Ci sono segni di miglioramento dell’economia internazionale, una cui ripresa potrebbe far da traino al continente vecchio e soprattutto alla malconcia eurozona. A fine marzo una conferenza internazionale a Sendal, la città più vicina all’epicentro del terremoto che devastò il Giappone nel 2011, ha portato ad un’intesa su parametri ambientali per ridurre i rischi di disastro più realistici (e più fattibili) di quelli di Kyoto. In settembre, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite verrà dedicata alo sviluppo; le diplomazie stanno negoziando Sustainable Development Goals più concreto dei Millennium Development Goals definiti nel 2000. Prima di allora, in luglio, ad Addis Ababa un assise di organismi internazionali e di grandi banche esaminerà come mobilizzare risparmi e flussi privati di capitale per lo sviluppo. In dicembre, infine, a Parigi dovrebbe venire firmato un nuovo trattato sui cambiamenti climatici. Anche se gli obiettivi di queste riunioni rischiano di accavallarsi, se ben gestite , potranno contribuire ad un nuovo percorso di sviluppo. E potrebbero anche essere la premessa per più vasti accordi in materia monetaria e finanziaria. Non si pensi ad una Nuova Bretton Woods , il miraggio lanciato una decina di anni fa. Ma se i temi a più vasto raggio di ambiente e sviluppo verranno incanalati verso targets realisti tramite percorsi concreti, si potrebbero aprire più facilmente negoziati tra grandi mercati comuni ed eventualmente grandi accordi monetari in gestazione su base geografica.

Questo quadro sostanzialmente ottimista non tiene però conto del riaccendersi (e riscaldarsi) di una nuova guerra fredda di cui quasi ogni giorno si vedono i segnali. In un primo momento, il tema sembrava che restasse nei confini dei contrasti tra Stati emersi dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche di un tempo. Le stesse cruenti vicende dell’Ucraina sono parse liti tra ex-amanti non più nello stesso letto. Tuttavia, i nodi che riguardano le forniture di oli minerali (principalmente gas) all’Unione Europea tramite l’Ucraina mostrano come le ramificazioni siano molto più vaste e più profonde. Si è sorriso quando la Repubblica di Cipro, travolta da una crisi bancaria senza precedenti, si è rivolta a Mosca: sembra il ruggito del topo per ricordare il titolo di un film d’epoca di satira politica. Molto più preoccupante, l’abbraccio con Mosca del Presidente del Consiglio Greco Alexis Tsipras quando il negoziato con la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea ed il Fondo Monetario Internazionale sembrava sull’orlo del fallimento. Preoccupanti anche se poco notate al di fuori della Norvegia le manovre militare russe al circolo polare artico su cui Mosca considera di avere privilegi. Per non parlare delle tensioni tra le vaste regioni russe in Asia ed i Paesi confinanti.

Dato che gli obiettivi di una rubrica mensile sono quelli di andare al di là del contingente e del congiunturale, vale la pena chiedersi se una nuova guerra fredda potrebbe avere effetti sull’economia internazionale. Da un lato la Russia di oggi è un Paese in cui l’aspettativa di vita alla nascita diminuisce, l’industria (tranne quella militare) è obsoleta, le generazioni più giovani sono allo sbando, e attorno al Cremlino sono in corso lotte di potere di cui è difficile anche solo azzardare un percorso. Da un altro, gode di enormi risorse naturali, specialmente in campo energetico, e può diventare una polveriera.

Lo sanno bene non solo in Norvegia ma anche nei Länder tedeschi più prossimi al confine con la Federazione Russia dove – lo mostrano eloquentemente film che non trovano distributori italiani – il timore dell’immigrazione dall’Est sta provocando , tra le giovani generazioni, aggregazioni di tipo nazista. Non certo una buona promessa. Né per la politica né per l’economia.

Renzi, Tsipras e il gioco del pollo

Renzi, Tsipras e il gioco del pollo

Giuseppe Pennisi – Formiche

Nei resoconti televisivi degli incontri internazionali, Tsipras e Renzi sfoggiano, anzi ostentano, grandi abbracci e baci. Solo per il pubblico? O c’è qualcosa di più sincero?

Renzi e Tsipras sono affratellati da quello che in teoria dei giochi si chiama “il gioco del pollo”, che in italiano sarebbe meglio chiamare “gioco del coniglio”, ossia di cosa plasma i comportamenti in una situazione ad alto rischio.

Andiamo con ordine. All’inizio del negoziato tra Tsipras e i suoi partner su Formiche.net ho ricordato i “giochi” multipli su più tavoli: su un tavolo (con i partner europei) l’obiettivo di Tsipras era quello di massimizzare la “reputazione”; con il proprio elettorato, invece, quello di massimizzare “la popolarità”. Un equilibrio di Nash, quello del film A Beautiful Mind (quindi sempre instabile) che, però, non sembra sia riuscito a raggiungere.

Continua a leggere su Formiche.

 

 

Ricchi ed evasori schivano l’austerità (anzi, ci guadagnano)

Ricchi ed evasori schivano l’austerità (anzi, ci guadagnano)

Giuseppe Pennisi – Avvenire

La saga greca che da cinque anni si dipana sotto i nostri occhi non vuole dire ‘lacrime e sangue’ per tutti coloro in essa coinvolti. In primo luogo, all’interno della Repubblica Ellenica, se la godono i ceti a reddito alto ed i grandi evasori (spesso le stesse persone). Uno studio della Banque de France documenta che il forte aumento tributario attuato nel 2010, il secondo ‘salvataggio’, non ha comportato che un lievissimo aumento del gettito; è, quindi, cresciuta alla grande l’evasione. Esaminando i dati dell’agenzia delle entrate della Grecia, risulta che un terzo dell’aumento tributario è stato perso in quanto è aumentata la proporzione di reddito non dichiarato dalle piccole e medie imprese e dal ‘popolo delle partite Iva’ (le imprese individuali). Numerosi greci, e non solo greci, hanno scommesso soprattutto nel 2012 sul salvataggio; quindi hanno acquistato, sul mercato secondario, titoli pubblici a prezzi stracciati (tra un terzo e la metà del valore nominale) con un rendimento del 15-20% e, dopo il salvataggio quando il valore di mercato dei titoli si è riavvicinato al valore nominale, hanno guadagnato sul conto capitale, incassando al tempo stesso un lauto dividendo.

Oggi, per chi ama il rischio ( e crede in Mamma Europa) la situazione è ancora più favorevole. Sul secondario i titoli greci sono considerati spazzatura; per attirare acquirenti i buoni del Tesoro a tre anni rendono il 27% (l’anno) , mentre i decennali (prima o poi la fune si spezzerà) il 20%. In queste condizioni, le occasioni di guadagno non mancano, sia per i greci (specialmente per chi ha portato capitali all’estero) sia per gli altri (specialmente se hanno buone imbeccate sull’esito del negoziato).

Tutto ciò è molto più grave della dilazione, in 80 -100 rate, su 60 miliardi di arretrati con il fisco che il Governo Tsipras- Varoufakis , pur dichiarandosi ‘di sinistra’ ha esteso a tutti i contribuenti, anche ai più ricchi.

Crisi Grecia – I rischi (e i costi) per l’Italia

Crisi Grecia – I rischi (e i costi) per l’Italia

Giuseppe Pennisi – IlSussidiario.net

Dopo un “tormentone” (per usare il gergo giornalistico) di sei anni circa, la saga greca è arrivata al suo ultimo atto. Ove non all’epilogo. Lo ha mostrato a chiare note la riunione dell’Eurogruppo a Riga in cui il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia e delle Finanze della Repubblica ellenica sono stati chiamati “dilettanti allo sbaraglio”. Quindi, incomunicabilità piena e totale con il resto del gruppo. Nonostante i canali Rai trasmettano immagini (credo di una precedente riunione) in cui il nostro Presidente del Consiglio Matteo Renzi ostenta – in barba non solo all’etichetta internazionale ma semplicemente al buon gusto – baci e abbracci con la sua controparte Alexis Tsipras.

Continua a leggere su IlSussidiario.net.

 

 

Vi spiego l’irreversibile leggerezza dell’euro

Vi spiego l’irreversibile leggerezza dell’euro

Giuseppe Pennisi – Formiche

L’irreversibilità dell’euro, richiamata da Juncker e Draghi mentre Tsipras e Varoufakis si esibiscono in gare di salti mortali per raggranellare anticipi su commesse future per gasdotti al fine di far fronte alle esigenze più impellenti (di rimborso del debito), è come l’indissolubilità del matrimonio cattolico quale interpretato da certi tribunali canonici (sui quali Papa Francesco farebbe bene a chiedere una vigilanza rigorosa). Uno di tali matrimoni è stato dichiarato nullo a Roma, dopo circa cinquanta anni dalla feste di nozze, poiché lo ‘sposo’, per così dire, ha dimostrato di frequentare prostitute (o meglio, data l’età, di averlo fatto in passato) per decenni tre-quattro volte la settimana e, indi, di non avere compreso il significato del Sacramento e, perciò, di non essere adatto a fare il marito e il padre.

Continua a leggere su Formiche.