TG5 – Servizio sullo studio di ImpresaLavoro “Il fisco in Italia rispetto al resto d’Europa”
Servizio del Tg5 del 28 settembre 2014 riguardante lo studio di ImpresaLavoro “Il fisco in Italia rispetto al resto d’Europa“.
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Giuseppe Pennisi, presidente del board scientifico di ImpresaLavoro, è stato docente di Economia al Bologna Center della John Hopkins University e alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. È Consigliere del Cnel e insegna all’Università Europea di Roma.
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Salvatore Zecchini, membro del board scientifico di ImpresaLavoro, è docente di Politica Economica Internazionale all’Università Tor Vergata di Roma e presidente del Gruppo di Lavoro dell’OCSE su PMI e Imprenditoria.
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Giuseppe Pennisi, presidente del board scientifico di ImpresaLavoro, è stato docente di Economia al Bologna Center della John Hopkins University e alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. È Consigliere del Cnel e insegna all’Università Europea di Roma.
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Redazione Edicola - Argomenti debiti PA, impresalavoro, imprese, massimo blasoni, Matteo Renzi, pubblica amministrazione
Alla fine il premier Matteo Renzi ha ceduto: l’impegno sul pagamento dei debiti al 31 dicembre 2013 delle pubbliche amministrazioni non è rispettato e, come anticipato da Bruno Vespa (ispiratore della scommessa), si è detto disponibile a percorrere la ventina di chilometri che separa Firenze dal santuario del Monte Senario. Il presidente del Consiglio ha chiesto di essere accompagnato non solo dal giornalista, ma anche dal ministro dell’economia Padoan, dal presidente della Cassa depositi e prestiti Bassanini e da quelli di Confindustria e Rete Imprese, Squinzi e Merletti.
Al di là delle trovate estemporanee, la confusione sul tema è tale che, a tutt’oggi, non si ha ancora la misura esatta di quanto lo Stato debba corrispondere alle aziende creditrici e, pertanto, a quanto ammonti il saldo finale. Una situazione che ha irritato non poco il vicepresidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, artefice della direttiva che impone agli Stati Ue di onorare in tempi certi i propri debiti estrapolando l’80% del pregresso dal computo del Patto di Stabilità.
Ieri, durante la conferenza stampa di presentazione del convegno «L’Europa e l’Italia che vogliamo» (il 26 e il 27 settembre a Perugia), ha anticipato i contenuti di tre interrogazioni presentate all’esecutivo di Bruxelles. Nella prima si chiede di stilare un primo bilancio dell’applicazione della direttiva comunitario sui tempi di pagamento e le ricadute sulle pmi. Nella seconda si interpella la Commissione sulle risposte fornite dall’Italia in merito alla propria esposizione nei confronti dei fornitori della pa. L’ultima, invece, si domanda se Bruxelles intenda comminare sanzioni all’Italia visto che lo Stato continua a non rispettare la direttiva, sforando sistematicamente il termine fissato di 60 giorni.
Nell’occasione Tajani ha riproposto il proprio atto d’accusa. «Oltre ai 60 miliardi che l’amministrazione pubblica deve ancora pagare, si sono accumulati altri debiti per gli interessi di mora per 8-10 miliardi», ha sottolineato. Secondo l’esponente di Forza Italia, però, occorrerebbe riformare il patto di stabilità interno (quello che impone anche alle amministrazioni locali il tetto del 3%) perché in contrasto con la normativa Ue sul pagamento dei debiti.
E mentre il ministro Graziano Delrio continua a sostenere le tesi del premier sostenendo che restano da pagare una trentina di miliardi visto che dei 60 complessivi lo Stato ha già onorato la metà, ieri è stato il centro studi ImpresaLavoro a sbugiardare Palazzo Chigi. «Nonostante le promesse, lo stock complessivo del debito rimane invariato nel suo livello e cioè pari a 73,5 miliardi di euro», sostiene il presidente Massimo Blasoni ricordando che «i debiti commerciali si rigenerano con frequenza». Per quanto riguarda il 2014, «stimiamo che siano già stati consegnati beni e servizi per circa 113,5 miliardi di euro e di questi ne sarebbero stati pagati soltanto 40». Senza contare il saldo delle spese in conto capitale legate al settore edilizia, bloccato dal Patto di Stabilità e del quale l’Ance lamenta la mancata corresponsione. Secondo ImpresaLavoro, il ritardo nei pagamenti costa alle imprese circa 6 miliardi l’anno di oneri di finanziamento con cui sopperire alle entrate mancanti. Nel periodo 2009-2013, oltre a pagare tasse sempre più esose, le aziende sono state «costrette» a devolvere alle banche circa 30 miliardi.
Non bisogna lamentarsi, poi, se molti imprenditori hanno deciso di trasferirsi in Svizzera. Da ieri avranno un motivo in più: la Confederazione ha deciso di anticipare la riforma fiscale applicando il trattamento vantaggioso degli utili conseguiti in Svizzera a quelli ricavati all’estero. Perché restare in Italia, allora?
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Alla fine la verità sta nel mezzo. Anche nel caso dei debiti della pubblica amministrazione che negli ultimi giorni sono stati al centro di un’autentica lotteria. Gli artigiani della Cgia di Mestre hanno sostenuto che Renzi non ha mantenuto la promessa di saldarli tutti entro il 21 settembre, il premier sceso in campo per precisare che era già tutto in pagamento. Così ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha confermato che in realtà i soldi a disposizione delle imprese sono 55-60 miliardi, ma quelli effettivamente pagati sono 31-32 a causa di ritardi prevalentemente dovuti alla comprensione da parte delle aziende del nuovo sistema per liquidare i loro crediti verso la pubblica amministrazione. «Posso garantire che il meccanismo che abbiamo messo in piedi è assolutamente certo ed esigibile» ha detto Delrio a margine di un’audizione al Parlamento Ue, sottolineando che «sul fatto che ogni imprenditore può andare a riscuotere quello che gli è dovuto non c’è alcun dubbio». Quindi Delrio ha spiegato che «il fatto che da 60 o 55 (miliardi), come presumibilmente saranno alla fine quelli reali, si sia arrivati a 31-32, dipende dai meccanismi di velocizzazione che le imprese hanno avuto nel rendersi conto del nuovo sistema». Delrio ha aggiunto al riguardo che «a volte alcuni enti locali non hanno pagato le loro partecipate», precisando che in questi casi «c’è anche qualche ritardo un po’ colpevole, tra virgolette». Dunque alla fine se i soldi ci sono ma non sono stati erogati è come se non ci fossero. Secondo questa tesi Renzi dovrebbe pagare la penitenza di andare a piedi al santuario del Monte Senario come annunciato nella puntata di Porta a Porta nel caso non avesse assolto l’impegno. A rincarare la dose è stato ieri il vicepresidente vicario dell’Europarlamento Antonio Tajani: «Mancano ancora all’appello circa 60 miliardi dallo Stato per i pagamenti dei debiti della pa». Dati alla mano, «la Banca d’Italia ha stimato i debiti della Pa al 31 dicembre 2012 a circa 90 miliardi», ha spiegato Tajani. «Da parte sua il governo ha stanziato 56,8 miliardi di questi sono stati erogati alle pubbliche amministrazioni 30, ma la Pa ne ha pagati 26,1. Dunque in totale mancano intorno ai 60 miliardi: 30 miliardi di quelli che sono stati stanziati e altri 30 circa ancora da stanziare». Infine Massimo Blasoni, presidente del centro studi “ImpresaLavoro” ha detto che «liquidare i debiti pregressi di per sé non riduce pertanto lo stock complessivo: questo può avvenire soltanto nel caso in cui i nuovi debiti creatisi nel frattempo risultano inferiori a quelli oggetto di liquidazione».
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