Poveri ricchi
Davide Giacalone – Libero
La notizia più modaiola è che Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’economia ed esponente del Partito democratico, non usa twitter. Le notizie di sostanza sono più succose: a. chi guadagna 3500 euro netti al mese è da considerarsi ricco; b. la pressione fiscale crescerà, se non altro cancellando le detrazioni; c. al governo studiano come prendere soldi ai pensionati e ai lavoratori (considerati) ricchi. Già che ci si trova, Baretta, non solo non segue i cinguettii, ma neanche legge i giornali, dato che annuncia vita difficile per gli evasori, essendogli sfuggito che la nuova direttrice dell’Agenzia delle entrate (nominata dal governo di cui lui non si è accorto di fare parte) ha già detto che molti dei crediti fiscali contabilizzati sono da considerarsi inesigibili. Immaginari. Non varrebbe la pena di occuparsene, se non fosse che le parole di Baretta, rilasciate a La Stampa, sono la più semplice e chiara spiegazione del perché gli 80 euro elargiti dal governo non hanno funzionato: perché non puoi incentivare la fiducia e terrorizzare al tempo stesso. Fra le due cose prevale la seconda. E queste parole sono da terrore fiscale.
Baretta crede di dire una cosa giusta quando afferma: «i redditi più alti dovranno contribuire» all’uscita dalla crisi. È un record di sintesi e di errori. Punto primo, i redditi più alti pagano da lustri tasse da esproprio. Se la coniugazione al futuro del verbo significa che si vuol chiedere ancora di più la sola conseguenza logica di un tale atteggiamento è la fuga all’estero di chi può permetterselo. E molti produttori lo hanno fatto e vieppiù lo faranno, sollecitati da tali sconsideratezze. Punto secondo, se per uscire dalla crisi si pensa di togliere ancora di più ai contribuenti, per dare a una spesa pubblica che non riesce a limitarsi e a un debito pubblico che continua a crescere, vuol dire che non si è capito un accidente non solo di quel che è già successo, ma di ciò che sta succedendo ovunque non abbiano venduto il cervello al satanismo fiscale: si esce dalla crisi restituendo libertà e soldi ai cittadini, non facendo il contrario. Baretta, quindi, ripetendo il luogocomunismo dello statalismo nemico del benessere, crede di dire cose scontate, ma è scontato che sono cose mortali.
A questo si aggiunga il bel pernacchio a Matteo Renzi e ai suoi “#madeche”, dato che lo smentisce e conferma che il governo sta studiando il modo di prendere ancora soldi dalle pensioni. Solo che, badate bene, non lo fa adducendo la motivazione della distanza fra i contributi versati e la rendita che si riscuote, il che ha ancora un senso, ma stabilendo che i ricchi devono pagare. A prescindere. Ed è certamente ricco chi prende 3.500 euro al mese. Quindi si è ricchi anche con di meno. Baretta ha mai mantenuto una famiglia che non sia a sua volta mantenuta dallo politica o dal sindacato? Definire ricco chi ha un reddito netto annuo di 42.000 euro è un insulto. È segno che chi parla non ha idea di quanto valga il denaro e quanto ne serva per campare. Se si definisce ricco quel livello è segno che si anela un’Italia in cui trionfi la miseria.
Non contento ci fa sapere che sul tavolo del governo si studia come aumentare le tasse, tagliando le detrazioni. E qui arriviamo al dunque: ecco perché la regalia propagandistica degli 80 euro (comunque sbagliata) non funziona, perché chi la riceve sa che gli sarà tolta dalla stessa mano che finge di donare. Baretta conferma. E chi è onesto, come la gran parte degli italiani, tende a tenere i soldi e restare pronto per quando andranno a chiederglieli. Con il che ti saluto la ripresa dei consumi.
La ciliegina sulla torta arriva alla fine: Alessandro Barbera (complimenti per la bella intervista) gli domanda se si riuscirà mai a vendere patrimonio pubblico per abbattere il debito, e Baretta il grande (non dico cosa) gli risponde che il ministro della difesa ha già firmato un accordo con tre grandi comuni, per la cessione di aree, il giornalista gli fa osservare che in quel modo si passa dallo Stato ai comuni e non si vende nulla, e Baretta l’immenso asserisce: il patrimonio va valorizzato. Uno così va subito tolto da dove si trova e spedito a Pompei. Non certo perché saprebbe valorizzare alcunché, ma perché non potrebbe fare più danni di quanti già non ne fanno l’incuria e il tempo.