Troppi errori sui precompilati: Renzi ritira i 730 come le auto
Davide Giacalone – Libero
Il 730 semplificato e scaricato si sta incarnando in un’avventura contorta e scaricante. All’orizzonte della precomplicata sorge l’ipotesi della proroga, confermando che così come tutti i salmi finiscono in gloria, tutte le chiacchiere si schiantano ingloriosamente contro la realtà. Che non è quella virtuale e cinguettante, proiettata sugli schermi degli smartphone governativi.
Si partì dicendo che sarebbe stato l’avvento della semplificazione, talché il contribuente non avrebbe dovuto far altro che, ammirato e commosso, constatare quanto il fisco fosse stato equo e preciso nel tracciarne il profilo reddituale. S’aggiunse che accettando quella silhouette non ci sarebbero stati controlli, dacché tutti i dati erano già stati controllati e verificati. Non è vero, scrivemmo. Disfattisti, ci dissero. Peccato che il profilo somiglia sempre di più a una caricatura e che l’Agenzia delle Entrate non abbia controllato nulla, limitandosi a un copia e incolla lacunoso, nel senso che alcuni pezzi se li è persi per strada. Cosi si sono accorti, ad esempio, che nelle precomplicate non sono indicati i giorni lavorativi, rendendo impossibile il calcolo delle detrazioni. Mancano i contributi per colf e badanti. Sono imprecise le rendite catastali. Spesso mancano i redditi aggiuntivi, sebbene i sostituti d’imposta li abbiano segnalati per tempo, inviandone copia sia al fisco che agli interessati (senza dimenticare che hanno avuto il modulo da utilizzare solo una settimana prima della scadenza, il che ha sovente comportato una doppia duplice spedizione).
Cinguetta Matteo Renzi: dall’anno prossimo ci saranno anche le detrazioni sanitarie. Questo lo sapevamo dall’inizio, sia che quest’anno non ci sono sia che dal prossimo ci dovrebbero essere. Speedy Gonzales, a questo giro, è in ampio ritardo. E aggiunge, sempre mediante l’agenzia ufficiale del governo, ovvero Twitter: «lo ripeto tutti i giorni: semplificare, semplificare, semplificare». Ma chi intende raggirare, raggirare, raggirare? Hanno messo su un casotto che la metà basta. Si arriva alla scadenza della Tasi senza sapere quanto pagare e senza che i bollettini precompilati, questa volta previsti dalla legge, siano mai partiti. Che sta dicendo, anzi, cinguettando?
Ecco cosa sta dicendo, anzi, cinguettando: «quasi 300mila italiani hanno già inviato la dichiarazione dei redditi precompilata (promessa già dalla #Leopolda). Critiche e suggerimenti?». No, non lasciatevi tentare, c’è il rischio sia considerato reato. Perché, gentile Leopoldo Speedy, quelli che hanno abboccato, accettando di non detrarre quel che era loro diritto detrarre, non solo potranno essere sottoposti a controlli, ma riceveranno una mail nella quale si spiegherà loro che hanno firmato un documento che può contenere errori. A quel punto saranno presi dal panico e correranno a chiedere l’aiuto degli esperti, ovvero esattamente quelli cui li si sarebbe dovuti sottrarre. I quali esperti, siano essi Caf (centri di assistenza fiscale) o commercialisti, già dicono che, in queste condizioni, è impossibile assicurare una prestazione seria nei tempi stabiliti.
Ed ecco che si parla di proroghe. Tema che richiede una risposta immediata, perché vede, gentile Twitt Gonzales, lei avrà pure esaurito, come ci ha comunicato ieri, «il quarto d’ora di twitter sul fisco», ma se si comincia a parlare di proroga tutto si sbrodola, quindi sarà bene dirlo immediatamente: c’è o non c’è? Smentisca immediatamente, altrimenti nessuno bloccherà lo sbracamento. E se smentisce sarà anche il caso di suggerire all’Agenzia delle Entrate di smetterla di sostenere che ci sono solo problemi di rodaggio, perché le macchine non si collaudano arrotando i passanti. Esiste la possibilità di dire: scusate, fummo presciolosi e avventati. Se, invece, la straziante proroga sarà confermata, ditelo comunque subito, giusto per evitare che chi ancora crede alla parola dello Stato sia il solo a spaccarsi in quattro per tener fede a chi è infedele.
La distanza che c’è fra l’annuncio di cose giuste «sogno di pagare le tasse con lo smartphone», ha pure detto e la realizzazione di pratiche efficienti è lo spazio che divide le politiche propagandistiche dall’arte di governare seriamente. La parte minore è l’ideazione, quella maggiore la messa in pratica. Non viceversa. Il pubblico da assecondare non è quello che spara e gioisce per i titoli, ma quello che porta sulle spalle il peso di un fisco esagerato nelle pretese e satanico nelle modalità. Il mondo reale non è popolato da followers, ma da cittadini che non è il caso di far diventare folli. Anche perché, per difendersi dall’incipiente follia, adottano una soluzione largamente sperimentata: smettono di credere a quel che si dice. Sarebbe una beffarda nemesi, per chi pensò che la parola fosse sufficiente a cambiare il mondo.