L’incubo del tax-day e il fisco da cambiare
Salvatore Padula – Il Sole 24 Ore
Il tax-day delle imposte sugli immobili – entro oggi almeno 30 milioni di proprietari e inquilini devono chiudere i conti con il saldo di Imu e Tasi per il 2014 – restituisce l’istantanea di una delle stagioni più buie del nostro sistema fiscale. Una stagione di caos e grandi complicazioni che non sta risparmiando nessuno e che purtroppo ripropone il vecchio copione dell’ingorgo di scadenze e di versamenti, delle norme retroattive, delle proroghe sul filo di lana, dei controlli di fine anno, redditometro compreso. Una stagione anche di grandi aspettative, che purtroppo, per l’ennesima volta, conferma quanto sia ancora lungo il cammino verso quel “fisco dal volto umano” che continua ad affermarsi solo tra i buoni propositi, con una riforma fiscale che fatica a trovare lo slancio per la sua effettiva attuazione e un livello del prelievo, tra balzelli vecchi e nuovi, che non accenna affatto a diminuire.
La vicenda delle tasse sulla casa è, in questo senso, emblematica. E concentra al suo interno proprio due tra i principali peccati originali del sistema: complicazioni, da un lato; pressione fiscale elevata, dall’altro. Molti contribuenti, in queste ore, hanno toccato con mano non solo che le tasse immobiliari sono più pesanti rispetto al passato ma anche che le difficoltà per trovare aliquote, eventuali esenzioni o detrazioni, codici tributo, modelli per i pagamenti ecc ecc., sono ancor più insidiose dello scorso anno (quando in molti avevano giustamente pensato di aver toccato il fondo). La stessa Rossella Orlandi, durante una delle sue prime uscite pubbliche dopo la nomina alla guida dell’agenzia delle Entrate la scorsa estate, confessò candidamente di aver impiegato un intero pomeriggio per capire come calcolare l’Imu della sua abitazione. Benvenuta tra noi, verrebbe da dire al direttore delle Entrate. Benvenuta tra chi ogni giorno deve fare i conti non solo con il peso del fisco ma anche con le sue regole non sempre trasparenti, con i suoi criteri non sempre limpidi, tanto per non voler infierire. E qui non stiamo più parlando solo di tasse immobiliari. Gli operatori, le imprese, i professionisti sanno bene a quali acrobazie li costringa il fisco, al di là dell’Imu e della Tasi. È appena arrivato un decreto sulle semplificazioni che, a sentire gli addetti ai lavori, risolve solo una parte infinitesimale delle quotidiane difficoltà tributarie. Per il resto poco è cambiato.
Certo, i problemi non finiscono qui. Nonostante le promesse, il nostro paese continua ad avere un sistema fiscale poco orientato alla crescita, che non premia chi investe e chi scommette sull’innovazione e sulla ricerca. È un sistema dove persino il contenzioso tributario non brilla certo per trasparenza e dove manca una reale parità in giudizio tra amministrazione e contribuenti. Il tutto appesantito da livelli di prelievo sempre più insostenibili, con una pressione fiscale sul Pil che raggiunge il 44%, che supera il 50% se si esclude l’economia sommersa (che per definizione non paga tasse) e che totalizza un prelievo reale sulle Pmi pari a 68 euro ogni 100 euro di utili. Sono numeri che conosciamo bene ma che vale sempre la pena di ricordare.
Se questa è la fotografia, che cosa dobbiamo aspettarci per il 2015? Sulla casa, come sappiamo, c’è poco da stare allegri. Il 2015 riproporrà il binomio Imu-Tasi (la local tax sembra destinata a slittare al 2016) e con esso tutte le criticità che abbiamo visto in questi mesi. Con il rischio che nei prossimi mesi si ripresenterà il copione che ha portato alla lievitazione delle tasse locali, con il governo che taglia le risorse ai sindaci e i sindaci che alle riduzioni di spesa rispondono con l’aumento di tasse e tariffe, vuoi per comodità vuoi per effettiva impossibilità a comprimere ulteriormente le spese. Qualche buona notizia arriverà con la legge di stabilità che potrà offrire una prima boccata d’ossigeno alle imprese, grazie al taglio della componente lavoro dall’Irap, e con la conferma del bonus da 80 euro per i dipendenti con reddito medio basso. Ma certamente con maggiore coraggio sui tagli alla spesa i risultati avrebbero potuto essere ben altri.
Sullo sfondo, resta il complicato cammino della delega fiscale. Ieri, su questo giornale, abbiamo messo in luce come a 100 giorni dal termine per l’attuazione della legge delega, i lavori stiano procedendo davvero a rilento (tra l’altro, in un paese in cui si proroga tutto, non sarebbe certo uno scandalo una norma finalizzata a dare più tempo al governo per emanare i decreti legislativi per la riforma, come hanno proposto alcuni parlamentari, tra i quali anche il presidente della commissione Finanze della Camera, Daniele Capezzone). L’attuazione della delega non cambierà probabilmente il volto (e il peso) del nostro sistema fiscale. Ma condurla in porto sarà comunque un segnale importante che, una volta tanto, sarebbe bene non farsi sfuggire.