Troppe combinazioni per una sola tassa
Massimo Fracaro e Nicola Saldutti – Corriere della Sera
Ormai ci siamo. Entro giovedì 16 ottobre i contribuenti dovranno versare la Tasi, la tassa sui servizi indivisibili (che ha sostituito l’Imu sulla prima casa, anzi l’Ici, anzi l’Isi, anzi la Iuc, solo per ricordare alcuni dei molteplici nomi con i quali sono state chiamate le imposte sugli immobili). E si tratta della gran parte dei Comuni che non erano riusciti a rispettare i tempi della scadenza di giugno. Ne restano ancora 659 che non hanno ancora fissato l’aliquota, per questi centri si pagherà tutto in una volta, il 16 dicembre. Un groviglio di scadenze e conteggi che non è degno di un Paese civile. Chi ha provato a calcolare in quanti modi si potranno saldare i conti con il Fisco è arrivato a misurare fino a 85 mila combinazioni diverse. Ottantacinquemila modi che dipendono da aliquote, comune di residenza, detrazioni, rendite catastali. Definirlo un sistema bizantino, sinonimo di complicazioni burocratiche non basta. È qualche cosa di più. E questo è il capitolo delle regole.
Se poi andiamo ai conteggi la sorpresa è ancora maggiore. L’illusione, ribadita dai ministri del Tesoro che si sono susseguiti, era che la Tasi dovesse, in qualche modo, pesare meno del’Imu, della vecchia imposta municipale. Ma non sarà così. Secondo i conteggi della Uil su 15 milioni di contribuenti, almeno sette milioni verseranno di più. A versare di più saranno i proprietari delle abitazioni principali più piccole. Dire beffa è dire poco. Adesso i tecnici stanno studiando un modo per evitare che i proprietari di più abitazioni versino due imposte, la vecchia Imu e la Tasi. Il progetto di unificarle semplificherebbe un po’ la vita dei contribuenti. Ma il punto è un altro: la casa assomiglia ad una specie di bancomat dello Stato. E adesso che i Comuni sono alle prese con il taglio dei trasferimenti la sensazione è che la situazione possa complicarsi. Forse è arrivato il momento di una tregua.