Matteo paga i debiti. Solo a parole
Filippo Caleri – Il Tempo
Il premier Renzi ha già saldato tutti i debiti contratti dalla Pubblica Amministrazione con le imprese private. A parole. Già perché anche se, secondo il capo del governo, i soldi sono in cassa pronti a essere erogati, a molte aziende i pagamenti dovuti non sono mai arrivati. E l’economia non si fa a parole. Così mentre lo Stato si è approvvigionato di beni e servizi rinviando il saldo delle fatture di acquisto, l’Italia perde ogni giorno in media 107 piccole imprese al giorno. Anche oggi. Un calcolo approssimativo basato sui dati della Confesercenti che ha monitorato le cessazioni di imprese nel commercio al dettaglio. In questo comparto nei primi 8 mesi del 2014 hanno chiuso i battenti 25.760 imprenditori. Un dato che non tiene conto, a onor del vero, di quelle che hanno aperto. Ma anche in quel caso e cioè considerando il saldo, e cioè la differenza tra le nate e le cessate, i dati non sono tali da indurre all’ottimismo.
Sempre secondo la Confesercenti, infatti, questo numero tra marzo e agosto, i mesi nei quali Renzi ha preso in mano le redini del governo, è stato pari a 14.831. Tante sono quelle che sono completamente sparite nel parco complessivo di piccole imprese nei settori del commercio, della ristorazione e degli alloggi. Anche se si lavora su questa cifra, il risultato è sconfortante: nei sei mesi presi in considerazione sono scomparse 82 aziende ogni giorno. Attenzione il numero è stimato per difetto, perché questo aggregato è solo un sottoinsieme, comunque rappresentativo, del totale delle imprese italiane. Comunque le si metta le 80-100 scomparse, che risultano dai calcoli sommari, sono solo il valore di soglia più basso dal quale partire per comprendere come l’economia italiana stia avvizzendo.
Questo dunque il quadro di riferimento di fronte al dibattito che si sta innescando attorno alle somme più o meno stanziate per pagare i debiti della pubblica amministrazione. Un confronto nato dall’accusa rivolta sabato scorso dalla Cgia di Mestre a Renzi che aveva promesso, in una puntata di Porta a Porta, di saldare i conti entro il 21 settembre, San Matteo. Una promessa tradita secondo l’associazione artigiana di Mestre perché, nonostante i pagamenti effettuati nel corso del 2014, al conto finale mancano ancora 25 miliardi. Ieri Renzi ha replicato alle accuse spiegando al Tg2 che «tutti coloro che devono avere soldi dalla Pubblica amministrazione possono averli iscrivendosi al sito del ministero dell’Economia. I soldi ci sono, il 21 settembre l’impegno è stato mantenuto».
Una mezza verità perché effettivamente le disponibilità liquide nel conto corrente del ministero dell’Economia ci sono. I contanti in cassa sono saliti a 105,2 miliardi a giugno scorso contro i 92,2 di fine maggio e i 57,8 di gennaio. Una montagna di denaro presa a prestito nella prima fase dell’anno con tassi molto bassi che hanno aumentato il debito pubblico al record di 2168 miliardi, e che servono a evitare rifinanziamenti con prezzi più elevati se ripartissero le tensioni sui mercati finanziari. Ebbene questa massa di denaro, che eccede le normali necessità di pagamento dell’amministrazione, serve a saldare l’insoluto dello Stato.
Dunque è vero che i soldi ci sono, ma se continuano a restare accreditati a via XX settembre, e non passano nelle casse delle imprese è come se non ci fossero. Probabilmente ci sono degli intoppi nelle procedure per presentare la documentazione oppure molte aziende non hanno tutte le carte in regola per ottenere i loro compensi. La gran parte però attende speranzosa. E occorre fare presto. Soprattutto se, come dice Renzi, i mezzi per pagare ci sono. Un falso problema dunque confermato da Palazzo Chigi ieri sera con una nota: «Tutti i soggetti che hanno un debito verso la P.a. sono oggi – grazie all’accordo tra Governo, banche e CDP – in condizione di essere pagati». «Lo Stato – ribadisce ancora la nota – si è messo nelle condizione di pagare tutti i debiti. E dunque è corretto sostenere che la sfida di liberare risorse per pagare tutti i debiti Pa è vinta. Rimane quella di semplificare e imporre efficienza a tutta la pubblica amministrazione».