La spesa pubblica ha doppiato il PIL
di Claudio Antonelli – La Verità
La spesa pubblica negli ultimi 10 anni è cresciuta sia in termini assoluti sia in termini pro-capite. Spesso le parti in campo nel gioco della politica sostengono che la spesa pubblica sia troppa o incida solo in parte allo sviluppo del Paese; che la spesa pubblica è male indirizzata; che le tasse sono alte o che le tasse sono alte solo per chi le paga. Altri argomenti, non sempre ben strutturati, vengono avanzati ogni volta che si discute sul peso che dovrebbe avere il pubblico nell’attività economica.
METRO DI PARAGONE
La misura più utilizzata per valutare l’impatto dello Stato sull’attività economica è il Total Tax Rate che, dietro un’espressione inglese di sicuro impatto, cela un semplice rapporto fra il totale delle entrate pubbliche e il Pil. Questa misura non fornisce però alcuna indicazione su come vengano utilizzate queste risorse, se per rilanciare gli investimenti, per pagare pensioni inique o per mantenere enti obsoleti. Il centro studi ImpresaLavoro ha fatto un focus sui dati e ne emerge un quadro difficile: le risorse non hanno prodotto maggiore ricchezza. «Per contribuire a capire meglio come si stia muovendo il nostro Paese in questi anni di cambiamenti strutturali delle economie e delle società, molto più interessante è andare ad analizzare la spesa pubblica», spiega il centro studio ImpresaLavoro. «È qui che si annidano l’altra parte delle informazioni sulle azioni messe in campo dalle varie amministrazioni pubbliche per fronteggiare il cambiamento». Entrare nei dettagli della spesa è un’attività molto complessa resa però più semplice dal dettagliato lavoro svolto dalla Ragioneria Generale dello Stato attraverso il progetto sui Conti Pubblici Territoriali. Attraverso una ricostruzione puntuale delle voci di entrata e di spesa divise per settore e aree amministrative, i Cpt danno la possibilità a chi interessato di analizzare in maniera puntale l’attività dello Stato. «Lo Stato è presente e incide sulla nostra vita più di quanto possiamo immaginarci: si tenga conto che dal 2005 al 2014 la spesa pubblica pro-capite è cresciuta più di 1.600 euro», prosegue lo studio della fondazione di Massimo Blasoni. Per averne un’idea prendiamo il dato sulla crescita del Pil e sulla crescita della spesa pubblica.
VARIAZIONI DI SPESA
«Nel confronto fra le variazioni del Pil e della spesa effettiva, si osserva come in alcuni anni la crescita del Pil sia stata ottenuta sostanzialmente modulando la spesa pubblica. Si prenda ad esempio il tasso di crescita nel 2008: senza una vigorosa iniezione di denaro pubblico la crescita dell’economia si sarebbe attestata ad un -4,5%; così, nel 2014 la anemica crescita dello 0,4% si è ottenuta in un momento di riduzione della spesa effettiva: con le stesse risorse pubbliche del 2013 si sarebbe ottenuta una crescita superiore al 2,5%. Se questi interventi non vengono modulati il rischio è quello di trovarsi dipendenti dalla spesa pubblica. Per spiegarsi meglio: mentre la spesa pro-capite aumentava di 1.600 euro fra il 2005 e il 2014, il Pil pro-capite cresceva della metà. Dalla tabella si evince chiaramente come la componente generata dall’attività privata e non da attività pubbliche si è ridotta: se nel 2005 lo spazio privato creava il 50% del reddito individuale, nel 2014 siamo al 45%. Un bel problema, soprattutto se l’obiettivo è, ad esempio, quello di ribaltare queste proporzioni, portando il pubblico al 45% e il privato al 55%. «La presenza della spesa pubblica come generatore del Pil è maggiore di quanto si possa attendere», conclude lo studio. «Questa considerazione deve far riflettere sulla qualità della spesa e sulla sua pervasività in maniera più incisiva e costruttiva di quanto si faccia ora. Uno dei problemi è che la discussione politica affronta la questione da prospettive che servono a colpire il pubblico, più che a formare un’opinione strutturata basata sui dati».