Bce, il coraggio che ci vuole
Danilo Taino – Corriere della Sera
Una giornata inusuale per l’Europa, ieri. Due leader in azione, in parallelo, hanno affermato che nel Vecchio Continente le crisi e i passaggi più delicati si possono affrontare con coraggio. Che si può fare ciò che si ritiene giusto senza piegarsi ai calcoli della piccola politica.
Mario Draghi ha condotto la Banca centrale europea a lanciare un piano potente di lotta alla deflazione, con una portata che ha impressionato gli osservatori. Si tratta di acquisti di titoli, in maggioranza degli Stati dell’eurozona, per 60 miliardi ogni mese fino al settembre 2016, e oltre se ce ne sarà bisogno: un’iniezione di nuovo denaro per almeno 1.100 miliardi nella zona euro. L’operazione è importante non solo per gli effetti che può avere sull’economia ma – forse soprattutto – perché afferma in via definitiva l’indipendenza della Bce dai governi, anche da quello tedesco che non ha nascosto di essere contrario agli acquisti. È l’ingresso dell’istituzione nella maturità, nell’età in cui ci si emancipa dalle tutele e si cammina da soli. Da oggi la Bce è più simile alla Federal Reserve, la Banca centrale americana.
Angela Merkel ha fatto qualcosa di non meno rilevante: un passo laterale da leader europeo. L a cancelliera non è d’accordo con la scelta che la Bce ha compiuto ieri. Ritiene che produrre un enorme stimolo monetario finisca con lo spingere i governi, soprattutto quelli strutturalmente deboli, a non realizzare le riforme che si sono impegnati a fare. Pensa che l’operazione voluta e progettata da Draghi rischi di fare scivolare l’eurozona verso quella «Europa dei trasferimenti» – cioè di un Paese costretto a finanziare il debito di un altro – alla quale la Germania si oppone da sempre. Soprattutto, Frau Merkel sa che il suo partito, gran parte del Parlamento di Berlino, la gloriosa Bundesbank, la maggioranza delle imprese, delle banche e della cultura economica tedesche si oppongono all’operazione della Bce: come si è già capito dalle reazioni di ieri pomeriggio, in Germania nei prossimi mesi la battaglia, anche legale, contro di essa sarà dura.
Ciò nonostante, la cancelliera ha ritenuto che l’indipendenza della Banca centrale fosse un bene superiore all’interesse politico immediato: ieri a Davos, negli stessi minuti in cui a Francoforte Draghi annunciava l’ormai famoso Quantitative easing , esprimeva le sue preoccupazioni ma si spostava di lato, non lanciava l’opposizione del suo governo alla Bce. In Europa, leadership vuole anche dire sapere garantire l’unità: e questo, ieri, Angela Merkel ha fatto.
Oggi, naturalmente, gran parte dei problemi dell’area euro sono ancora quelli dei giorni scorsi. Già domenica, la Grecia va al voto e il risultato potrebbe riaprire una fase di alto nervosismo politico e di mercato. I risultati stessi dell’operazione della Bce contro la deflazione (caduta dei prezzi per un lungo periodo) non sono scontati e per avere successo dovranno essere accompagnati dall’azione riformista dei governi nazionali. Sta di fatto, però, che la giornata di ieri ha indicato che in Europa si può fare politica (sì, anche l’affermazione di Draghi nel confronto con le posizioni tedesche è un fatto politico): ha detto che non sono necessariamente i compromessi opportunistici e le visioni nazionaliste a doversi affermare, che la vera leadership, anzi, si realizza alzando lo sguardo.
Niente di comodo. Su Mario Draghi è ora caduta una responsabilità ancora maggiore di quella che aveva in passato. Se il Quantitative easing non avrà successo, la vittoria di ieri si trasformerà in una passività e ne dovrà rispondere a una Germania arrabbiata. Per parte sua, la signora Merkel dovrà ora impegnarsi a controllare le proteste in casa: ben conscia, come sempre, che la sua legittimità democratica deriva dagli elettori tedeschi, non da quelli europei. Ma proprio per il significato e la pesantezza che hanno, le responsabilità prese ieri da Draghi e Merkel possono, se non diventare un modello, almeno ispirare.
Da ieri sera, la cancelliera è in Italia, a Firenze, per un incontro con Matteo Renzi. Anche il presidente del Consiglio italiano è reduce dal vertice dei potenti di Davos, dove è stato accolto con grande attenzione e ha avuto modo di misurare le aspettative che ha sollevato fuori dall’Italia. Aspettative che si sposano con il fatto che l’economia della Penisola sia nella posizione di beneficiare del calo del petrolio e dell’indebolimento dell’euro. L’opportunità per rendere stabile e di lungo periodo l’interesse degli investitori è dunque lì, da cogliere. Serve leadership: la quale, come gli possono raccontare oggi la sua amica Angela e domani Draghi, non sta nelle parole ma nelle azioni, nel caso italiano le riforme. È a questo impegno che chiama l’inusuale e interessante giornata di ieri.