Quelle Regioni unite dalla spesa
di Massimo Blasoni – Panorama
Se ne parla poco, l’argomento sembra passato di moda, ma resta un fatto che vi sono vistose differenze nella spesa pubblica pro capite sostenuta nelle varie regioni italiane. La spesa è in via generale alta e certamente va ridotta, se vogliamo creare le premesse per una ripresa dell’economia nazionale che non sia timida come quella attuale. Tuttavia, valutando la media degli ultimi tre anni disponibili, si scorge quasi un abisso tra gli 8.647 euro annui pro capite spesi in Lombardia e i 15mila spesi in Valle d’Aosta o i 13mila spesi nel Lazio. I valori sono tratti dal rapporto annuale della Ragioneria Generale dello Stato che analizza la dimensione e l’andamento della spesa consolidata nelle regioni italiane.
Il dato considera ogni importo sostenuto nelle singole regioni da qualsivoglia organismo pubblico, tiene dunque conto delle spese dello Stato, della Regione, degli altri enti locali e di ogni fondo alimentato con risorse nazionali o comunitarie, enti previdenziali compresi: tutto insomma. Nella classifica dei più spendaccioni, dopo i già citati Valle d’Aosta e Lazio, seguono Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Sardegna. Tra le più parche, a far compagnia alla Lombardia ci sono il Veneto ma anche regioni del sud come Campania e Puglia che non superano i 10mila euro annui a persona. Verrebbe da dire che è meglio nascere in Trentino Alto Adige che nelle Marche, visto che le risorse pro capite disponibili sono del 50% superiori.
L’evoluzione della spesa fa riflettere. Da un lato se ne ricava che l’enorme differenza della quantità di spesa tra regioni non è semplicisticamente riconducibile alla loro collocazione geografica, insomma si spende sia al nord che al sud. Dall’altro, oltre alla quantità, occorre considerare la qualità della spesa.
Prendiamo ad esempio la sanità. Il livello dei servizi resi in Lombardia è nettamente migliore di quello calabrese anche se il costo pro capite è di poco superiore; per l’Istat di soli 130 euro annuali a cittadino: un’inezia. È solo un esempio che riafferma però un concetto ineludibile. Si tratta di spendere di meno ma anche e soprattutto di spendere meglio. Dal trasporto pubblico ai servizi postali troppo spesso i nostri servizi pubblici sono lontani dagli standard che ci potremmo aspettare visto il loro costo, condizionati come sono da inefficienze ed eccesso di intermediazione politica. Un esempio? Nell’area di Napoli, forse la peggio servita quanto a raccolta e smaltimento rifiuti, si paga una delle tasse sui rifiuti più alte d’Italia. Anche i costi della politica non sono uguali per tutti. Agli oltre 42 euro pro capite per il funzionamento degli organi istituzionali della Sardegna o ai quasi 32 euro della Sicilia fanno da contraltare Piemonte ed Emilia Romagna che si attestano attorno ai 5 euro annui. Resta infine l’annosa querelle sui residui fiscali.
Insomma, ci sono regioni che ricevono dalla mano pubblica più di quello che versano in tasse e imposte e viceversa: un tema spinoso. Su un punto però siamo tutti d’accordo. Al di là di tutti i propositi di razionalizzazione della spesa degli ultimi governi ben poco si è ottenuto: la spesa corrente in valore assoluto non accenna a diminuire e restiamo tra i più spendaccioni d’Europa.